lunedì 8 dicembre 2008

Carne indigesta (non solo per la diossina...)


Si tratta dell'ennesimo caso di contaminazione alimentare. Dopo la BSE e l'influenza aviaria questa volta è il turno della carne di maiale (ed anche bovina) di provenienza irlandese contaminata da diossina. La carne, importata in Italia alcuni mesi fa, è stata impiegata principalmente, dicono, per preparati alimentari come ad esempio farciture e ripieni in quantità relativamente limitate. Gli esperti rassicurano che i rischi sono minimi: ma non è questo il punto.

Su questo blog ho sempre cercato di proporre un'idea alternativa di agricoltura e di zootecnia che sostanzialmente si oppone all'idea di agricoltura e zootecnia basati su approcci di tipo "industriale". Il recupero di pratiche agricole e zootecniche sostenibili è una precondizione essenziale non solo per la tutela dell'ambiente, ma anche per la difesa della nostra salute.

Gli approcci industriali alla produzione della carne devono essere rivisti, così come è necessario addivenire ad un sostanziale calo nei consumi di carne.

Primo. In zootecnia è indispensabile in primo luogo conseguire un decongestionamento delle aree ad alta densità zootecnica: i grandi allevamenti magari sono convenienti da un punto di vista economico perchè attivano notevoli economie di scala, ma queste alte concentrazioni di animali permettono una rapidissima diffusione di malattie che possono rapidamente contagiare migliaia di animali. Questi allevamenti sono insostenibili anche da un punto di vista ambientale: è stato calcolato che circa il 15% del metano immesso nell'atmosfera proviene da mucche, pecore e maiali, una percentuale che è destinata a crescere parallelamente all'incremento dei consumi di carne.

Servono quindi modalità di allevamento appropriate, dei consumatori consapevoli e una ridistribuzione del patrimonio zootecnico sul territorio così da impedire uno svolgimento talora irrazionale delle attività agricole e zootecniche.

Secondo. Come consumatori abbiamo il diritto di estendere la tracciabilità anche alle carni suine (che al momento sono escluse da questo strumento): abbiamo cioè il diritto di conoscere il percorso seguito da un prodotto alimentare e chi sono stati i soggetti che hanno contribuito alla sua formazione (da estendersi anche all’import/export, così come ai fornitori degli ingredienti). Questo strumento serve non solo al consumatore per avere queste informazioni, ma serve principalmente a responsabilizzare gli attori che concorrono alla formazione del prodotto poiché permette la loro riconoscibilità e identificazione.

Terzo. E' indispensabile che si riduca la distanza fisica, psicologica e culturale fra produzione e consumo perché è necessario che i consumatori abbiano la possibilità di conoscere direttamente chi ha prodotto gli alimenti.

Per questo motivo, questo blog ha sempre sostenuto l'idea della filiera corta come strumento critico per la costruzione di un’alleanza effettiva fra mondo della produzione e quello dei consumatori in direzione di forme di consumo alimentare più intelligente e consapevole il cui principio deve essere: consumare meno, consumare meglio.

Allo stesso modo una riduzione nei consumi della carne rappresenta un passo altrettanto importante che tutti noi possiamo fare: tutti quindi possono dare il proprio contributo ad indirizzare, con stili di consumo intelligenti e con scelte alimentari più sane e consapevoli, il passaggio verso strategie di sviluppo economico complessivo realmente sostenibili e verso l’agricoltura biologica ed i prodotti locali.

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