martedì 24 luglio 2012

A stolen democracy

The most devastating aspect of the recent crisis is not the high level in the spread value, the instability in the financial markets or the weakness of the bank system. These are critical problems: nothing to say. But this is missing the point.

The problem is that we "common people"  are likely to do nothing to make the things changed. We are just victims wihtout any possibility to modify the status quo or to stop this reiterated social robbery. Politics seem to be ineffective. No one seems capable to reverse this tragedy. We can only wait while someone else is speculating on people's lifes, jobs, fates. The problem is that all this is made by someone, somewhere with no rule, no respect, no law. No democratic political entity is really deciding the fate of a nation, but something anonymous: somewhere, nowhere.

This anonymous kind of finance cannot decide the fate of a nation, a community even a single person. The work dignity can be considered as a number by financial speculation.

So governments are progressively losing their legitimacy together with the sense of democracy.

But I wonder: who is responsible for this? In Italy many responsibilities are biased on an inefficient and criminal political class which today is paradoxically considering itself as a remedy for the deseases it has caused in the past.

Italian political parties have heavily contributed to the present condition of stolen democracy in Italy. Banks and finance (and mafia) are ruling here. This political class is completely useless in the present global scenario: its role has been eroding day by day. These individuals have no skills, non capabilities, no willingness to deal with the present problems: so why should we give the responsibility to face the current situation to those have caused such a crisis?

We need completely different people, different rules, different ideas to start again otherwise sooner or later the Mongolian Stock exchange will sweep away the whole italian economy and politics...


PS
A debt resulting from a cheat is not a debt but a theft.

La Democrazia Rubata

L'aspetto più devastante di questa recente crisi non è certamente l'impennata nel valore dello spread, l'instabilità dei mercati finanziari o la fraglità delle banche. Certamente sono problemi: e chi lo nega? Ma non è questo il punto.

Il problema è lo svuotamento assoluto della politica, il fatto che tutto questo stia avvenendo sulla pelle e sulle teste dei cittadini, il fatto che tutto questo avvenga senza alcun controllo, senza regole, senza rispetto per le persone e le comunità. Il problema è che a decidere della sorte delle persone non siano più organismi deputati a questo. ma soggetti apparentemente anonimi situati chissà dove. 

La finanza non può decidere della vita di tutti noi. La dignità del lavoro delle persone non può essere calpestata in nome della speculazione finanziaria. 

Non c'è solo una carenza della sovranità degli Stati, ma la perdita del senso democratico.

La domanda è: chi ci ha condotti sin qui? Di certo una classe politica inetta, criminale ed incapace che oggi vorrebbe addirittura presentarsi come rimedio a questi mali. 

E' evidente che chi ha sprecato un fiume di soldi per alimentare la propria base elettorale non si è mai curato del problema di chi avrebbe pagato il conto alla fine. Oggi il conto è arrivato e coloro i quali hanno divorato tutto fino ad oggi ci promettono che pagheranno questo conto pur sapendo che non lo faranno mai.

Questa gente mente continuamente sapendo di mentire ( i costi della politica non sono stati sfiorati finora). Ci hanno derubato della democrazia e  hanno devastato l'economia reale a vantaggio delle banche. Ma il ruolo di una simile classe politica nel contesto globale perde ogni giorno di senso: a che serve portarsi dietro questa gente che altro non è che un pesante fardello del XVIII secolo? Non basta stare su Twitter o Facebook per essere al passo con i tempi. La classe politica italiana non serve a nulla in una situazione come quella attuale.

Se non parte un rinnovamente profondo, con nuove regole del gioco, prima o poi finiremo travolti dalla borsa di Ulàn Batòr...

PS
Un debito contratto con l'inganno non è un debito, ma il risultato di un furto.

mercoledì 18 luglio 2012

Thank you, Jon

I've been always a rock mad since when I was a child. I have always listen to rock music, I play guitar, bass guitar, keyboards and drums. I'm always  surrounded by rock music, always. For this reason, when I have read the news about the Jon Lord's death I felt like a piece of my life was going away.

For those unlucky people ignoring the name and work of Jon Lord, it's enough to say that Jon Lord was the  Deep Purple "keyboards".

Jon Lord and the Deep Purple helped us in Italy to be in contact with the rest of the world, to be part of a global rock culture sharing common values. It's clear enough that italian "o sole mio" singers cannot share the same fate and role...



When I was a boy (in the 70s) the music of Deep Purple (as well as the Rolling Stones, Beatles, Led Zeppelin, Motorhead, Who, Clash, Jimi Hendrix, Sex Pistols,  Pink Floyd, AC/DC, Cream, etc...)represented a tool against the traditional popular (boring) italian music. The conflict between "old" and "new".

Just few weeks ago, at a traffic light, a 20 young  man was near to me with his car and his stereo where at high volume he was listening to a Laura Pausini tune. So I wondered: is this the music of the new generation? Are they really young? The music he was listening to is a kind of music my grandma could listen. So, now we are old, but we are dramatically younger, being still highly "rock-oriented", than this generation...
 
Anyway. It obvious that Jon Lord will remain with us forever thanks his extraordinary musical work: maybe just few other rockers can share the same  influence in rock music with their keyboards.


I am who I am (positively or negatively) thanks also to these great rockers: thank you for all,  Jon Lord.




E' morto Jon Lord

Per chi come il sottoscritto è nato e cresciuto imbevuto di musica rock, la scomparsa, lo scorso 16 luglio, di Jon Lord, leggendario tasterista dei Deep Purple, significa il venir meno di un importante tassello della propria costituzione fisica e mentale.

Jon Lord ed i Deep Purple ci hanno aiutato ad essere meno provinciali, ad essere parte di una comunità mondiale che si riconosce in valori comuni non solo musicali. E' evidente che i cantanti ed i cantantini italiani non possono vantare una simile carica, anzi ci fanno sentire più piccoli e marginali.

Quando eravamo ragazzini la musica dei Deep Purple (insieme ai Rolling Stones, Beatles, Led Zeppelin, Motorhead, Clash, Jimi Hendrix, Sex Pistols,  Pink Floyd, AC/DC, Cream, ecc...) costituiva uno strumento di rottura nei confronti della musica e della cultura dei "vecchi" con i loro "San Remo", Claudio Villa, Orietta Berti, Nicola di Bari, ecc... oppure con contro i "bravi ragazzi" che sentivano Baglioni o i cantautori.

Con i Deep Purple gridavamo la nostra esistenza in vita. 

Tempo fa, fermo ad un semaforo, un ragazzotto di 20 anni con una macchinina mi si accosta e con i finestrini abbassati alza a tutto volume il suo stereo mandando a tutta forza una canzone di Laura Pausini (sic). Mi sono chiesto: e questi sono giovani? E questa è la musica dei ragazzi di oggi? Quello che sentono questi ragazzi è la musica che sentiva mia nonna. Possibile che ora che i vecchi siamo noi, ancora profondamente rocchettari, siamo musicalmente più avanti di questa generazione di "giovani-invecchiatissimi"?

Bah!

Comunque. E' evidente che di Jon Lord rimane e rimarrà per sempre la sua straordinaria opera musicale: credo che pochissimi altri tastieristi abbiano lasciato una simile impronta nella musica rock.

In fondo se siamo quello che siamo (nel bene come nel male) lo dobbiamo anche a grandi musicisti come Jon Lord.



lunedì 16 luglio 2012

Cuts and research

The Italian Research Institute on Food and Nutrition has been cancelled as effect of the policy  of State budget cuts. This is an occasion to make some reflections.

With a simple mark on the budget plan the activities of an essential Institute has been cancelled, whose importance has been relevant to promote and support the Italian agrofood productions: skills, know how, expertises are now dispersed. All this is surely extremely critical.


Moreover, this measure evidences once again that in Italy, in the politicians' mind, research and innovation are considered as mere "costs" rather than investments. A cost is on the contrary the huge amount of money necessary to feed an indecent political class, an inefficient administrative apparatus and bureaucracy, unsustainable military expenses, nonsense infrastrucutres... Surely all this is not an investment.

The only way to gain few coins is to push the educational and research systems to a definitive collapse.


Only these indecent politicians cannot understand that the only possibility to restructure our economy is focused on education, research, creativity and innovation. These politicians are driving this country to a complete ignorance as government tool, maintaining the current status quo and letting the worst aspects of  italian politics of the last decades come back again.


I'm still wonder how all this can be possible...


La soppressione dell'INRAN

La notizia della soppressione dell'l'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) nell'ambito della politica di tagli e risparmi di questo governo, è per me motivo di profonda riflessione. 

Da una parte viene, con un tratto di penna, cancellato il lavoro di un istituto essenziale per la promozione del Made in Italy agroalimentare, messo a rischio il destino del personale precario e disperse le competenze finora maturate. Queste sono tutte problematiche indubbiamente serie. 

Tuttavia questo atto evidenzia come in Italia la ricerca sia ancora considerata una mera voce di costo e non un investimento. I costi e le spese infruttifere che il nostro Paese deve sostenere sono altrove. Sono nella politica, nella macchina burocratica-amministrativa, nelle spese militari per missioni insostenibili, in infrastrutture senza senso fatte solo per foraggiare alcune imprese ben agganciate, nelle consulenze di lusso, nelle super-pensioni, nei super stipendi dei manager... Si continua a devastare la scuola e la ricerca per rimediare degli spiccioli.

Solo degli incompetenti o dei pericolosi criminali non riescono a comprendere che l'unica possibilità per rimettere in piedi l'economia è investire nella creatività e nella generazione del pensiero e delle idee. Si sta riducendo questo Paese all'ignoranza completa al fine di consentire il mantenimento dello status quo e, ove possibile, la re-imposizione di tutto ciò che ci può essere di più becero e di più degradato di questi ultimi decenni.

Mi chiedo come sia possibile continuare a permettere tutto questo...

Si può anche leggere questo articolo 

lunedì 9 luglio 2012

Resilience: how to do it?

One of the most dramatic aspect of the current crisis and recession is that they put to a strain on the endurance capability of many local communities. The crisis of the conventional economic system has evidenced a huge gap in economic, social, cultural, environmental and psychological terms.dividing entire societies. It is no longer possible to keep the things as they were in the past. Change or die.

If the deep causes of this crisis won't be solved, in a short time things will become maybe worst in the future. Every future crisis seems to be more profund and dramatic than the previous ones.

During these decades of economic obesity our community appear particularly weak and the idea of community itself seems to definitively lack. We are only individuals with weak and virtual relations based on the idea of conflict and competition rather than cooperation and solidarity.

So, now we are weak, confused, isolated: everyone can be a potential enemy. We are thus prey of managers and politicians.

For this reason the concept of "resilience" is aquiring more and more importance as critical tool to provide local communities with adjustment capability, to re-construct local economies, to creat efficient local networks, to delineate a decent political class. 

In my experience I have noticed that the destruction of those relations at the base of the idea of community has highly increased the conflict and competition levels among local agents and many politicians are exploiting this competition to maintain their political power.

I have experienced many negative examples about it: inertia, opposition to any kind of change, resistence to any kind of committment and involvement. Any local initiative has to cope with severe difficulties making particularly hard the implementation of the idea of resilience. Many obvious activities (taking possession of the old town centres, squares, roads, parks, protecting public spaces, etc.) become very difficult task.

Resilience. How to do it? Maybe we can agree in theory, but how to implement it? Is there any suggestion?


Resilience: come fare?

Uno degli aspetti più drammatici dell'attuale condizione di crisi è quella di mettere a dura prova le capacità di sopportazione e di resistenza di intere comunità. Questo fa sì che la crisi del sistema economico fondato sulla crescita senza limite e senza limiti abbia scavato un solco profondissimo in termini sociali, psicologici, ambientali, culturali ed etici. Appare evidente che non si può più procedere come "prima": non è più possibile confidare su fattori esterni che riporteranno le cose come erano una volta. 

O si cambia o si muore. 

Potremo magari rimettere in sesto i conti pubblici per un po', ma se non si agisce sulle cause di questo collasso generale, non si farà altro che guadagnare stupidamente un pochino di tempo. Nient'altro.

Decenni di obesità economica hanno di fatto indebolito le nostre comunità: anzi spesso è venuto totalmente meno il concetto stesso di comunità come rete relazionale organizzata di persone e famiglie dotata di un radicamento permeabile territoriale e culturale. L'individualizzazione della società ha fatto prevalere le spinte della competizione e del conflitto su quelle della solidarietà e della cooperazione. 

Oggia appariamo deboli, confusi, isolati: tutti contro tutti. siamo facile preda di manager senza scrupoli e della politica che il mondo della finanzia riesce ad esprimere. 

Sempre più spesso si parla di rafforzare il grado di  resistenza ed adattabilità delle comunità per poter far fronte alla crisi, per poter ricostruire delle economie locali, per sviluppare dei network locali efficienti, per poter esprimere una classe politica ed amministrativa locale e nazionale decente. Bisogna sviluppare una "resilience" locale.

Solo che non disponiamo più delle relazioni che sono alla base delle comunità: la conflittualità fra gli agenti territoriali è sempre altissima e i politici locali amplificano questa conflittualità per potersi garantire una continuità di potere.

Personalmente, in questi ultimi anni più recenti, ho avuto delle esperienze particolarmente negative in questo campo: l'inerzia, l'opposizione nei confronti di qualsiasi forma di cambiamento, le resistenze a qualsiasi forma di coinvolgimento rendono difficilissima ogni iniziativa. Riprendere possesso dei centri storici, delle piazze, delle vie, la riconquista e difesa degli spazi verdi, tornare a dialogare con gli altri "faccia a faccia" sembrano cose ovvie, ma non si riescono quasi mai a realizzare.

La "resilienza" è un concetto che quindi diventa difficile da delineare e da mettere in pratica, anche se magari a parole siamo tutti d'accordo.

Ogni giorno che passa siamo sempre più vulnerabili e non siamo in grado di inventarci qualcosa per rimettere in moto le economie locali. Tutti aspettano che qualcosa cada dal cielo. Che illusione!

venerdì 6 luglio 2012

Manovre d'estate

La recente manovra governativa diretta a ridurre la spesa nel settore pubblico presenta numerose misure sulla opportunità delle quali si può discutere a lungo. 

Continuo a chiedermi se ad esempio le cosiddette missioni militari italiane "di pace" siano ancora un lusso che questo Paese si può permettere. Capisco gli impegni presi a livello internazionale, ma devastare scuole, pensionati, lavoratori, ospedali per spedire un po' di soldatini in giro qua e là per un qualcosa che personalmente mi risulta sempre molto poco chiaro, mi lascia sempre decisamente molto perplesso. Alla fine credo che sarà necessario inviare i militari nelle nostre scuole o nei nostri ospedali in missione umanitaria oppure richiedere l'intervento dell'ONU o dell'UNESCO per poter garantire un livello di decenza minimo dei servizi sociali nazionali. Insomma tra l'Italia e l'Afganistan le differenze tendono sempre più ad assottigliarsi: ed allora mandiamo i nostri soldati in missione di pace "casarecce". Magari riusciamo ad unire l'utile al dilettevole. 

Recentemente sono stato riceverato in un grande ospedale romano e, credetemi, l'intervento dei caschi blu o di Medici Senza Frontiere sarebbe stato più che gradito...

Tutto si impoverisce sotto la scure dei finanzieri tranne i "soliti ignoti": la Casta come sempre rimane immune da qualsiasi taglio o sacrificio. Rimborsi elettorali e sprechi dei partiti-cannibali così come i lauti stipendi dei politici di professione rimangono intoccati. 

Vedere quindi i "cannibali" borbottare in televisione con le loro facce abbronzatissime è uno schiaffo continuo difficilmente tollerabile...

domenica 1 luglio 2012

Un Tripudio di Tricolori

Questi benedetti campionati europei di calcio sembrano aver restituito in molti un tantinello di orgoglio. Certo che il calcio fa miracoli, ma questa non è certamente una grande scoperta. Molti italiani sono molto più attaccati alla maglia della nazionale che al luogo dove vivono: diciamo che detengono una cittadinanza di tipo "calcistico", ma non civica o territoriale. Diciamo che hanno le loro radici che affondano non tanto in un territorio quanto semmai sul pratino di un campo di calcio.

Cosa molto buffa se non avesse conseguenze disastrose sulla quotidianità e sulla gestione della cosa pubblica in questo jellatissimo Paese. 

Ed è per questo che ora come tante altre volte simili a queste, viene rispolverato il tricolore: sui davanzali, nei gardini, sulle auto, nelle vetrine dei negozi, sui motorini. Ovunque. Anche qui da me (vivo in un piccolo paesello del centro-Italia) sono sbucate da ppertutto le bandiere e le bandierine. 

La cosa più intrigante di tutto questo è che i più fanatici "sventolatori di bandierine", almeno qui beninteso, sono coloro i quali hanno sempre dimostrato un livello stellare di menefreghismo per qualunque cosa non fosse gli arcinoti "cavoli propri", un disprezzo assoluto per l'interesse collettivo, un cinismo senza pari, una slealtà e mancanza di vergogna abissali. Ma ora tutti a gridare: Itaglia! Itaglia!

Insomma il patriottismo calcistico di questi giorni (torno a dire per quello che vedo qui) sembra inversamente proporzionale al minimo senso individuale di decenza e di rispetto della quotidianità ordinaria. Ma, sono certo, altrove non è così...

Ma che ci volete fare? Il calcio (come il circo dei tempi antichi) fa veramente miracoli. Ma appena i bollori calcistici si raffredderanno, allora di nuovo: tutti contro tutti. Echissenefrega!