lunedì 27 gennaio 2014

Ricordare

In una terra - come l'Italia - che ha fatto dell'oblio sistematico un vero e proprio stile di vita e di governo, la ricorrenza del "giorno della memoria" assume un significato particolare. Ovviamente si tratta di sottolineare l'importanza del ricordo della Shoa: tuttavia bisognerebbe cogliere l'occasione, in una ricorrenza drammatica come questa, per evidenziare l'importanza del ricordo in tutti i suoi significati più profondi e le sue implicazioni più complesse.

La rimozione sistematica dalle menti di tutto ciò che "è stato" è certamente una delle caratteristiche della società nel suo complesso e nella sua globalità. Questo fenomeno, in continua espansione, ha fatto sì che oggi non solo venga metodologicamente cancellato il passato - più o meno prossimo - ma anche lo stesso futuro. Si vive insomma in un presente dilatato che non ha radici nella storia e non ha prospettive nel futuro. Ciò si traduce in primo luogo in una totale assenza di vergogna (confornto con il passato) e di responsabilità (confronto con il futuro).

Mi preme poi sottolineare che l'oblio è un fenomeno molto complesso. Già fra "ricordare" e "non ricordare" passa una bella differenza dato che il ricordo presuppone un fare, un'azione, una costruzione: il "non ricordare" è frequentemente frutto dell'inazione, del non fare. L'oblio è oltrettutto una rimozione, una devastazione spirituale, la distruzione di un sistema culturale e di valori.

L'Italia oggi è prigioniera dell'oblio. Questo consente la distruzione del nostro patrimonio storico, artistico, culturale e tradizionale senza che alcuno (a parte qualche dichiarazione di principio) batta ciglio. E ciò avviene perchè l'oblio di tutto fa sì che questo patrimonio venga considerato come "irrilevante" il cui valore quindi non viene riconosciuto da alcuno. L'oblio permette poi una libertà di manovra assoluta ad una classe politica e dirigente indecente, nell'indifferenza generale. L'oblio consente ad ampie fasce della società di subire impunemente una continua violenza psicologica e fisica perchè costrette a vivere in condizioni miserabili nella medesima indifferenza generale. L'oblio è ala base dell'apatia che ci soffoca e di quella indignazione da operetta che ci abbandona con una rapidità estrema. 
Tutto è lecito in Italia, tanto si dimentica in fretta. Facciamo così dai tempi delle invasioni barbariche: difficile cambiare un tratto caratteriale così radicato.

L'oblio non ci fa vivere: al più ci fa sopravvivere. L'oblio è alla base della vigliaccheria generale che ci circonda, della mancanza di vergogna, dell'indecenza di certi individui che hanno però il potere di decidere sulla pelle di tutti.

E' su queste basi che è stato possibile commettere il genocidio della Shoa così come tutti i genocidi: l'oblio, l'incapacità di pensare in modo "verticale" (ma solo orizzontale), crea vigliacchi senza vergogna e lo stesso oblio ha fatto sì che milioni di uomini siano stati considerati "irrilevanti". 

Bisogna ricordare. Questo non significa limitarsi a studiare la storia nelle scuole dell'obbligo sottoforma di un elenco sterile di date e successioni di fatti - anche se l'abbandono delle materie umanistiche in generale di certo non aiuta. Ricordare significa costruire una personale e collettiva conoscenza ed una consapevolezza strutturata: significa recuperare il "senso" di ciò che è stato, di ciò che è e di ciò che sarà. Insomma è l'apprendimento nel suo complesso che deve recuperare valore perchè sapere è ricordare, ricordare è sapere. Il ricordo si lega quindi alla conoscenza come valore.

Bisogna ricordare quindi come principio fondamentale della dignità e decenza personale. Coloro che non ricordano, non sono capaci e non vogliono ricordare sono di fatto persone in-degne.

Del resto la stupidità affonda le sue radici nell'oblio.

venerdì 17 gennaio 2014

La grande bellezza, la grande amarezza

Non so francamente se il film "La Grande Bellezza" di Sorretino vincerà un Oscar. Comunque già il fatto di concorrere, considerata la deriva della cultura italiana, è un risultato decisamente rilevante. Riuscire a creare qualcosa che possiede uno spessore culturale importante a livello internazionale è un risultato notevole anche perchè in Italia non c'è la benchè minima considerazione per la cultura, per il talento, la creatività. In fondo poi alla fin fine il film parla proprio di questo: tutta questa storia è quindi un interessante corto circuito intellettivo.

La cosa che mi fa particolarmente riflettere è però la coincidenza con la quale questo film approda alla ribalta internazionale mentre sullo scenario sociale, etico e politico nazionale risaltano sempre le stesse, indentiche squallidisime vicende di corruzione dell'intera classe dirigente italiana, che altro non è che lo specchio del degrado dell'intera società italiana, che altro non è che l'essenza della trama del film. . 

Insomma la cultura italiana fa quello che può per narrare questi tempi in cui alla fine il grigiore di personaggi inconsistenti e privi di spessore sono la cosa di gran lunga migliore che oggi ci possa capitare: il potere dei mediocri è auspicabile rispetto allo strapotere degli sciacalli e delle battone. 

Il tutto avviene avendo sullo sfondo un patrimonio culturale enorme e di una bellezza veramente grande.

Noi poveri uomini e donne senza alcun potere siamo schiacciati in mezzo a tutto questo. Assistiamo allibiti al saccheggio sistematico dei nostri territori e delle nostre vite senza poter fermare questo buldozer di corrotti, incapaci, scialbi e grigi burocrati, ladri, zozzoni, ricattatori, accattoni di ogni genere. 

Effettivamente è come essere al cinema: esattamente le stesse sensazioni di spaesamento, di vertigine, di depressione, di amarezza che ho provato vedendo appunto "la Grande Bellezza". 

Si accendono le luci in sala, ma continuiamo ad assistere allo stesso identico triste spettacolo...