giovedì 31 marzo 2011

Quando la gente si arrabbia...

Riporto queste immagini di ieri sulle contestazioni davanti a Montecitorio. In Italia ogni tanto qualcuno si arrabbia e trova la forza ed il coraggio di protestare. Fa sempre impressione vedere la Polizia che difende i rappresentanti del popolo dal popolo stesso...

C'è stato un lancio di monetine all'indirizzo dei deputati: alcuni di questi si sono chinati a raccogliere gli spicci... (ovviamente scherzo!)
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I here encolse sono videos about the protests occurred yesterday in front of the Italian Parliament. This is just to show that sometimes there is someone who has the force and the courage to protest in Italy. It's always rather impressive to see Police protecting the people representatives from the people itself.

Some demonstratos have also thrown coins against the MPs: some of them have tried to get some coins from the ground... (I'm just joking...)




mercoledì 30 marzo 2011

Senza parole...

Ogni commento è superfluo...

PS: impossibile taggare questo post. Ricerca? Scienza? Società? Religione? Cultura? Nulla di tutto questo...

Facciamo il punto con Crozza

Affido alle sagaci parole di Crozza la disamina della penosissima situazione del nostro Paese in questi giorni...

lunedì 28 marzo 2011

Immigrazione: la peggiore delle ipotesi

L'emergenza immigrazione a Lampedusa ha messo in evidenza, qualora ci fosse stato bisogno, il grado di impreparazione ed incapacità generale del nostro Paese a trattare, gestire e, sperabilmente, risolvere una questione così complessa e delicata.

E' mancata, e manca tuttora, una cultura ed una capacità politica ed amminsitrativo-gestionale diretta a prevenire e governare un fenomeno del genere: l'unica cosa che è stata fatta è stata quella di scaricare tutto il peso della problematica sulle popolazioni locali. Non c'è un piano, non c'è una strategia, non ci sono idee, proposte, progetti.

All'ombra del "politicamente corretto" si sono anche ispirati i partiti di opposizione: nessuno ha messo in campo una strategia ed un progetto operativo realistico. Sono venuti fuori solo principi di un generico "buonismo", ahimè inutile in questi casi: fare accoglienza purchè lontano però dai resort, da Capalbio e dalle "ultime spiagge" dove l'intellighenzia della sinistra e della destra amano passare i week end e le estati. Chiacchiere, chiacchiere, solo chiacchiere.

Mentre i nuovi arrivati fuggono a centinaia perchè è fisicamente impossibile tenerli dentro delle "Ellis Island" casarecce, nessuno si pone il problema di cosa accadrà sia di coloro che sono rimasti nei centri sia di chi è fuggito. Di cosa camperanno queste persone? Qualcuno già teme per un'impennata della criminalità (dovranno pur rimediare qualcosa), altri temono per un rischio stupri (dopo decenni di TV italiana zozzona visionata in società fortemente repressive e anti-femminili si sono create delle discrete aspettative a riguardo), altri ancora temono scontri inter-etnici fra gli ultimi gradini della società. Vecchi e nuovi immigrati potrebbero arrivare ad uno scontro? Le comunità rumene o albanesi nostrane saranno pronte a ricevere a braccia aperte migliaia di concorrenti dal Nord Africa? Questo si chiede e teme la gente comune.

A guadagnare da tutta questa vicenda è la Lega Nord, (purtroppo) unica realtà politica che parla alla "panza della gente": facendo leva su queste paure la Lega sta guadagnando un vantaggio politico stratosferico a Nord, al Centro e a Sud soprattutto in quei settori della società italiana che, volenti o nolenti, verranno messi a diretto contatto con questa ondata di persone.

Siamo di fronte ad una situazione estremamente delicata, politicamente, culturalmente e socialmente: la politica italiana non è minimamente in grado (nè ha la volontà di fare alcunchè) di gestire questa situazione e l'unico movimento politico che ha idee chiare in proposito non brilla certo per tolleranza e profondità di pensiero...

giovedì 24 marzo 2011

L' "Osservato Romano"

Il "caso Romano", nuovo ministro per l'Agricoltura, pone una serie di interrogativi abbastanza rilevanti. Innanzitutto consiglio la lettura di questo articolo per comprenderne i contorni.

Non voglio entrare nel merito delle indagini che interessano il neo ministro. Quello che può far discutere è l'opportunità politica di una simile scelta. Un personaggio che comunque è oggetto di indagini e critiche (oltretutto su questioni molto pesanti come la Mafia) dovrebbe essere messo in una condizione di "stand by" in attesa che anche il benchè minimo sospetto sulla sua integrità venga fugato. Invece no. Si procede con la segnalazione e la nomina. Siamo in Italia: chi vuoi che si indigni?

Pensare male si fa peccato, ma, talvolta , ci si azzecca. Non credo che sia un caso che la nomina di Romano avvenga nel bel mezzo di una gravissima crisi internazionale (guerra, immigrazione massiva) che, di fatto, distrae totalmente l'opinione pubblica. In più adesso c'è anche il terrore diffuso indotto dai media sulla nube nucleare sull'Italia: chi vuoi che si preoccupi del Ministero dell'Agricoltura? Insomma: tutti distratti da notizie che inducono paura ed ansia ed intanto, mentre nessuno ci fa caso, ti infilo un indagato sulla poltrona da Ministro...

Il Ministero dell'Agricoltura non è un ministero di serie B. Tutt'altro. L'agricoltura impegna più di metà dell'intero bilancio UE e questi soldi sono gestiti dal Ministero e dalle Regioni. Insomma il Ministero dell'Agricoltura è l'unico ministero italiano che non è mai a corto di soldi. E quando ci sono soldi in ballo, ci sono voti e potere, controllo del territorio, gestione di enti importanti (anche se silenziosi). L'agroalimentare è la più importante voce del Made in Italy: altro che Fiat. E' un settore che fa poco rumore e non fa notizia, ma è estremamente importante sia da un punto di vista economico che sociale. Per questo la Lega ha sempre cercato di controllare questo importante snodo, mentre gli altri partiti lo hanno sempre stupidamente snobbato.

C'è pure il precedente Cosentino. Ci sarebbe da riflettere a lungo su queste coincidenze. Non voglio pensare e parlare di infiltrazioni mafiose o camorristiche nei gangli primari della gestione dello Stato ovvero dove ci sono i quattrini e la relativa erogazione (sotto varie forme e modalità). Bisogna augurarsi caldamente che il Sig. Romano venga quanto prima scagionato da ogni accusa, perchè altrimenti sarebbe veramente la fine...

Possibile poi che, per un ministero così importante, la compagine governativa non è in grado di esprimere un personaggio autorevole e al di sopra di ogni sospetto e scevro da indagini e processi (di mafia)? Questo è tutto quello che riescono a fare?

Andiamo bene...

lunedì 21 marzo 2011

Italian Foreign Politics

On march 11 I have written here that Ghadafi's fate is signed. When oil rules, there's nothing else to do...

Considering that the humanitarian reasons aren't the inspiration for this war (otherwise NATO and UN should intervene almost everywhere in the world), the first thing I'm thinking about is: who are we rescuing in Libya from Ghadafi dictatorship? I don't know actually and media are not discussing about this topic. What I can say is that they seem well prepared and armed to resist against Ghadafi Army: it seems to me that this is not a pure popular riot or revolution. So who are they? And what about the future of Libya after the probable Ghadafi's end?

Secondly (but not less important): this event pushed me to reflect about the inconsistency and superficiality of italian politics, in this case italian foreign politics. It's very difficult to justify, just in few weeks, a spectacular shift from a warm welcome in Rome as a great State Man (with parties and escorts) to miltary missions with Tornado aricrafts. Italian double cross hits again.

So some mistake has been done. But when and where? When Ghadafi has been welcomed or now while sending our military airplanes? Of course the big error has been made in welcoming a dictator as an old friend. In the meantime I'm sure that the italian government is preparing a safety net in case of Ghadafi success:
"Italian military airplanes? What airplanes? Dear friend Ghadafi, you have misanderstood my acts. I've sent you some State Airplanes to take you in my villa in Sardinia where I've prepared for you a mega-party...

Just clowns. They are just clowns.

La solita politica italiana

L'11 marzo avevo scritto che il destino di Gheddafi era segnato. Quando c'è in ballo il petrolio è fin troppo facile fare previsioni.

Visto che le tanto declamate ragioni umanitarie non sussistono (altrimenti le Nazioni Unite o la Nato dovrebbero intervenire pressochè ovunque nel mondo), la prima cosa che mi viene in mente è: chi sono gli oppositori di Gheddafi che questi salvatori (tra cui ora anche l'Italia) si stanno impegnando ad aiutare? Francamente non lo so e i media non ne parlano mai. Di sicuro sono piuttosto ben armati e non del tutto improvvisati: quindi mi sembra difficile riconoscervi un movimento semplicemente popolare. Allora chi sono? Visto che Gheddafi dovrà levare le tende (nel suo caso è proprio opportuno dire così), quale sarà il futuro della Libia?

Inoltre tutta la faccenda fa molto riflettere sull'inconsistenza e pressapochismo della politica italiana, in questo caso la politica estera. Come si fa nello spazio di settimane ad accogliere un dittatore con tutti gli onori (con tanto di signorine e festicciole burine) e poi inviargli i tornado? Insomma ritorna alla ribalta il solito modo di fare all'italiana: l'opportunismo italico colpisce ancora.

Dove è stato fatto l'errore? Prima, quando è stato accolto Gheddafi con tanto di baciamano, o ora che è diventato un nemico da abbattere? Ovviamente l'errore è stato fatto prima, ma adesso sono sicuro, che nei palazzi del potere, stanno già preparando una via d'uscita arlecchinesca nel caso in cui Gheddafi rimanesse la potere:
"I tornado Italiani? Ma no, cosa hai capito? Caro amico Gheddafi, erano voli di Stato per portarti a Porto Cervo a farti visitare un nuovo locale dove ci sono delle bellissime ragazze che ti vorrei presentare..."

Sono dei buffoni. Semplicemente dei buffoni.

venerdì 18 marzo 2011

150 anni e non sentirli...

Ho cercato di seguire i festeggiamenti per i 150 anni dell'Unità d'Italia. Certo non proprio a livello nazionale: non ho seguito ad esempio le polemiche ed i dispettucci vari fatti da chi cerca di farsi notare come può.

Qui nel paesino dove vivo, sono state fatte alcune manifestazioni che, nonostante la pioggia, hanno avuto una certa partecipazione di pubblico. Eppure non ho avuto la sensazione di una grande partecipazione "emotiva" a tutto questo. Voglio dire che, certamente, visto che oltretutto non posseggo un grande spirito nazionalista, non mi aspettavo un delirio di massa di fronte a questo evento, ma noto che le coscienze individuali non le smuove più nessuno.

Penso che questi benedetti 150 anni di unità avrebbero potuto (ma del resto penso che possano ancora) servire da stimolo per cercare di riconoscersi in una comunità, in una cultura, in un gruppo di tradizioni e di retaggi. Invece vedo prevalere sempre la logica del "cane sciolto": ognuno per sè, Dio per tutti.

Non dico che dobbiamo correre per le vie e le piazze sventolando il tricolore, ma almeno potremmo riflettere su una possibile idea di "appartenenza". E non parlo solo di appartenza nazionale, all'idea di Italia (che è anche un concetto forse obsoleto), ma ad una qualunque idea di appartenenza.

I legami oggi sono fluidi (come direbbe Baumann), ma talmente fluidi che dall'oggi al domani possono essere risolti: legami di amicizia, famiglia, comunità, gruppo, ecc... Tutti questi legami sono così deboli e privi di responsabilità che possono disgregarsi al primo mutare di interesse e prospettiva. Sempre citando Baumann mi rendo conto che siamo "sciame", non "comunità".

Insomma alla fine questo anniversario è diventato una cartina tornasole della nostra debolezza come comunità, e non solo come comunità nazionale (di cui ripeto mi interessa anche poco), ma come comunità di persone consapevoli e responsabili in quanto tale.

Un'ulteriore conferma, se ce ne fosse stato bisogno, della nostra collettiva pochezza e mancanza di spessore.

lunedì 14 marzo 2011

Lessons from Japan

The terrible disaster occurred in Japan has driven me to make a number of considerations, some of which I include here below.


1) If a similar event was occurred in Italy, we could have suffered millions of casualties. Our lack of preparation, corruption, individualism push us to severe risks in case of natural disasters. In Japan, buildings resisted to the earthquake while the tsunami actually produced major damages. Japanese reacted with dignity and control without panic, with sense of organization and adequate preparation in case of emergency. Without this approach, the number of casualties could be probably huge. The enormous waste of public fundings, lack of organization and preparation, individualism, incapability and lack of interest by politicians, abuses and fraud as system of political government are a bomb on which we all are still sitting in Italy. In case of a definitively less strong earthquake in Italy we will suffer more and more damages and dead. Just thinking about the area of Vesuvius, one of the higher risk area n Italy, presently full of illegal houses for the general abuses and cheats with the political support of many local politicians: it is something really shocking.

2) Nuclear plants are definitively a high risk option in area exposed to earthquakes. Nuclear energy is thus a not practicable choice in such areas, like Italy. There are no advanced technologies capable to cope with similar extreme events. The nuclear business of course has no interest in investing huge amounts of money to deal with extreme events considered, by statistical data, as "low probability cases". The disaster in Japan has showed that these low probablity events may occur, despite of statistical previsions.

3) Statistical surveys, if bad interpreted, may drive to very bad choices. When founding political decisions on statistics when public health could be put at risk, may become very dangerous. If certain decisions are made just because for example an 10.5 earthquake is a very low probable event cannot make us quiet at all, because as Japan has shown, these rather impossible events can actually occur.

4) Italian political discussions are ridiculous, but the disaster in Japan has made them even more ridicolous. When, watching TV in these days, I've seen the italian political debate after the reports from Japan, the general squalor of italian politics clearly emerged.

5) A similar event confirms how fragile is human existence on our planet. We are addicted by technology and no-use commercial gadgets and we forget the weak balance governing life on Earth. Everyday we live a dream, an illusion to be able to control natural forces on Earth, to exploit natural resources with no limits. If considering how easily one of the most technologically advanced country in the world has been wounded by the force of Nature, we should think about our weakness despite of our technologies. We need more respect for Nature.

Lezioni dal Giappone

Il terribile disastro occorso in Giappone è stato motivo per me per una serie di riflessioni, alcune delle quali riporto qui di seguito.

1) Se fosse accaduta una cosa del genere in Italia avremmo contato milioni di vittime. La nostra sconcertante impreparazione, la corruzione arrogante, l'individualismo sfrenato, ci espongono a dei rischi allucinanti di fronte alle catastrofi naturali e non. In Giappone gli edifici non sono crollati a seguito del terremoto: lo tsunami ha provocato maggiori danni. I Giapponesi hanno dato prova di compostezza senza scene di panico, con organizzazione e preparazione nelle fasi di evacuazione. Senza tutto questo le perdite umane sarebbero state enormi. Gli sprechi allucinanti, la disorganizzazione, l'impreparazione generale, il menefreghismo, l'inettitudine ed il disinteresse della politica, l'abusivismo, sono una miccia accesa su cui continuiamo a ballare. Con un terremoto di violenza decisamente inferiore saremmo stati tutti spazzati via.
Cosa accadrà per esempio, in caso di eruzione del Vesuvio? Se penso che centinaia di migliaia di persone vivono con le loro villette in un'area così pericolosa nell'indifferenza generale e nella furbizia condivisa, c'è da mettersi le mani nei capelli per la stupidità italica.

2) Il nucleare è impensabile in aree a rischio sismico. Di fronte alla violenza della natura non c'è tecnologia avanzata che tenga. Chi gestisce il business del nucleare non ha interesse a spendere soldi per rischi derivanti da casi estremi, che, anche se statisticamente improbabili, possono sempre accadere.

3) La statistica è una scienza fallace. Fondare delle scelte su delle percentuali è un'opzione molto rischiosa quando c'è di mezzo la salute pubblica. Pensare di essere al sicuro quando si dice che terremoti di violenza 10 sono estremamente improbabili è pura follia. Il terremoto o l'evento inimaginabile sono invece sempre possibili e bisognerebbe essere preparati anche per i casi "altamente improbabili", come ha dimostrato il disastro giapponese.

4) Le nostre beghe politiche sono ridicole, ma diventano ancora più ridicole di fronte a simili eventi. Passare, nei notiziari, dalle immagini di questa catastrofe agli impicci della politichella italiana ne ha evidenziato la piccolezza e la meschinità, qualora ce ne fosse stato bisogno.

5) Un evento del genere dimostra la fragilità della condizione umana. Accecati dalla tecnologia e da inutili gadget commerciali, tendiamo a dimenticare il delicatissimo equilibrio su cui si fonda l'esistenza umana su questo pianeta. Ogni giorno ci illudiamo di essere i padroni di questo pianeta, di poter fare qualsiasi cosa senza dover mai pagare un prezzo alcuno. La facilità con cui, un dei paesi più tecnologicamente avanzati al mondo, è stato messo in ginocchio dimostra come siamo deboli di fronte alla forza della natura nonostante tutte le nostre tecnologie più avanzate. Abbiamo bisogno di meno presunzione e più rispetto per la natura.

Vorrei continuare, ma non voglio essere più noioso di quanto non lo sia già stato finora.

venerdì 11 marzo 2011

1911-2011: a new Libyan War

What a strange coincidence! Just 100 years ago, a war between Italy and the Ottoman Empire occurred, driving to the italian colonial occupation of Libya.

In these last weeks, after the riots in Libya, the possibility of a military intervention (or however a "strong" initiative) by Nato or EU (with or without the UN decision) is under way.

Humanitarian reasons? Pushes towards democracy in Libya? The decision to put to an end an authoritarian regime? Absolutely not! The reason is always the same: control over oil resources in Libya.

World economy, it's rather boring to repeat always the same things, is based on cheap oil: any factor capable to alter this rule causes economic as well as political tensions.

Libya is a relevant oil producer: it has been controlled for decades by an authoritarian regime which, thanks to oil resources, has gained an immense richness while common people have suffered huge poverty. Al this has generated a pure resentment at the base of the present riots. These riots are implying a severe drop in libyan oil production with relevant impacts on oil prices as well as on the economic growth of the great industrial countries.

This is the usual cul-de-sac of "growth" based on oil. It is difficult to imagine that these countries, and above all the great corporations, dealing with this crisis will remain quiet.

There are no humanitarian reasons: this oil thrist could drive to a new libyan war. I think it's not just a mere hypotesis: it's something more, it's a real threat. In this case, Ghaddafi's fate is already written and any other future political regime will be forced to cope with the appetites of the oil economy. The Arab world as a whole seems to be extremely vulnerable to these pressures which, when the oil economy will require more and more oil, will become even harder.

It is thus important to understand that renewable energies are not only an environmental but also a political option. This is the sole option we have today also considering that, being uranium very scarce, nuclear energy hase huge costs and material limits.

Oil economy won't last forever and its agony could have dramatic implications. Where we are going to?

1911-2011: una nuova Guerra di Libia?

Che strana coincidenza. Giusto cento anni fa scoppiò la una guerra tra l'Italia e l'Impero Ottomano che portò all'occupazione coloniale della Libia.

In queste settimane, a seguito delle rivolte scoppiate in questo Paese, si comincia a ventilare l'ipotesi di un intervento armato o comunque di iniziative piuttosto decise della Nato e della UE con o senza avallo delle Nazioni Unite.

Ragioni umanitarie? Spinte alla democratizzazione della Libia? Volontà di rovesciare un dittatore? Niente di tutto questo. La motivazione è sempre e solo una: il controllo dei grandi giacimenti di petrolio libici.

L'economia mondiale, è quasi noioso ripeterlo ogni volta, si fonda sulla disponibilità di petrolio a poco prezzo: qualsiasi elemento capace di turbare questo assioma è causa di tensioni prima economiche poi politiche.

La Libia è un importante produttore di petrolio, sottoposta per decenni ad un regime autoritario che, grazie a queste immense risorse, ha accumulato immense ricchezze a scapito di una popolazione che vive in miseria: tutto questo non ha fatto altro che generare un puro e semplice risentimento. Le rivolte hanno implicato un crollo della produzione petrolifera libica con impatti notevoli sul prezzo del petrolio e conseguenze drammatiche sulla "crescita economica" delle potenze industriali.

Il solito vicolo cieco della "crescita" fondata sul petrolio. E' inimmaginabile che queste stesse potenze, e soprattutto le grandi Corporation, restino lì a guardare.

Non ci sono ragioni umanitarie che tengono: la sete di petrolio ci potrebbe portare a breve ad una nuova guerra di Libia. In questo caso, la sorte di Gheddafi non può che essere segnata e qualsiasi altro regime dovrà fare i conti con gli appetiti dell'economia del petrolio. Tutto il mondo arabo sembra molto vulnerabile a queste pressioni che, via via che l'economia del petrolio avrà sempre più bisogno di "sangue nero", saranno sempre più forti.

Bisogna cominciare a capire che le energie rinnovabili non sono solo un'opzione ambientale, ma politica. Una scelta a senso unico poichè, vista la scarsità di uranio, anche il nucleare appare impraticabile.

L'economia del petrolio non potrà vivere per sempre e la sua agonia potrebbe avere implicazioni drammatiche. A cosa stiamo andando incontro?

martedì 8 marzo 2011

Morire in santa pace

Ho sempre sostenuto che in Italia si vive abbastanza male (o per lo meno si potrebbe vivere decisamente meglio). In Italia non si può nemmeno morire tranquillamente.

La doppia morale cattolica che ammorba questo iellatissimo Paese riesce sempre ad ingabbiare tutto, anche le più elementari espressioni della coscienza personale, tra le quali spicca il diritto di decidere come morire, di fronte all'inevitabile, nel modo ritenuto più dignitoso da ciascuno di noi.

La doppia morale consente infatti di genuflettersi in chiesa la domenica ma di commettere nefandezze di ogni genere durante tutto il resto della settimana: corruzione, prostitute, sesso con minori (a breve scopriremo magari anche rapporti con animali: chi può dirlo...), vendita della propria coscienza politica per un piatto di lenticchie, violenza contro le donne, negazione dell'infanzia, devastazione dei luoghi. Tutto si può permettere, ma il fatto che ci sia qualcuno che decida di rinunciare a forme di accanimento terapeutico per prolungare la vita a tutti i costi, questo la doppia morale cattolica non riesce proprio a mandarlo giù.

In questi giorni ho avuto modo di leggere le dichiarazioni di Ignazio Marino e dei Radicali a riguardo: consiglio di leggerle in particolare quelle di Marino che, essendo cattolico, possiede anche quella onestà intellettuale che in Italia è un bene raro e prezioso come i diamanti.

Ritengo che in una società decente sia indispensabile che vengano lasciate sempre aperte delle opzioni capaci di tutelare le diversità contro inutili e forzate omologazioni. In questo caso sarebbe quantomento giusto consentire alle persone di poter scegliere fra il mantenimento forzato in vita ed una morte dignitosa senza una medicalizzazione costretta contro la propria volontà. Invece no: si impone a tutti un'unica via. Il solito sistema cattolico: poichè detengo la verità assoluta, tutti gli altri sono in errore.

Come diceva il grande Simmaco a un tal Ambrogio da Milano: "tante sono le vie alla verità". Bisognerebbe far capire a queste persone che i tempi sono cambiati e che la pacchia dei tempi di Ambrogio da Milano è, fortunatamente per tutti noi, finita da un pezzo. Ma non lo vogliono capire: processerebbero Galileo Galilei miliardi di volte pur di imporre un unico e solo punto di vista.

E allora dico a questi signori e signore: se voi volete negare la morte con tubi e tubicini, flebo e sondine, fate pure. Ma consentite agli altri di morire in santa pace.

lunedì 7 marzo 2011

OGM: serve altro?

In questo blog ho più volte sostenuto l'idea che, al di là della validazione scientifica - tutta ancora da dimostrare, il grosso handicap degli OGM consiste nella loro funzione di strumento di controllo politico-economico sui produttori agricoli.

Il problema dei brevetti, la loro sterilità, il fatto di provocare una dipendenza degli agricoltori dall'industria, la loro fondamentale inutilità, il fatto che richiedano comunque dei pesticidi, rendono gli OGM l'ennesimo trucco di un sistema economico che considera il profitto portato all'estremo come l'unica ragione e considerazione.

Ovviamente quella parte della ricerca che dipende dal finanziamento dell'industria ha sempre sostenuto la necessità di ricorrere agli OGM per giustificare se stessa. Quante carriere accedemiche sono proliferate su queste questioni! Sono stati anche capaci di sostenere che gli GMO servono anche per combattere la fame nel mondo. Una sciocchezza simile farebbe ridere, se non parlassimo di cose serie. Anche un bambino dell'asilo infantile sa perfettamente che la fame non è mai un problema economico, ma politico: è il risultato dell'ingiustizia e della disuguaglianza. Pensare di risolvere i problemi della fame con uno strumento che aumenta l'ingiustiza è un controsenso. Figuriamoci se le multinazionali ragionano in termini di giustizia economica e sociale.

Per comprendere quanto forti siano le pressioni per farci "digerire" gli OGM con la forza, è interessante allora vedere gli sforzi messi in campo da queste stesse multinazionali per direzionare le scelte politiche a riguardo nel nostro Paese. Wikileaks ha portato alla luce alcune interessanti informazioni a riguardo.

Leggere ad esempio questo articolo tratto da L'Espresso.

Allora ai signori ed alle signore (anche del mondo della ricerca) che si ostinano a difendere gli OGM chiedo: di cosa altro avete bisogno per cominciare a pensare con la vostra testa?

mercoledì 2 marzo 2011

Lessons of Public Ethics

Karl-Theodor zu Guttenberg, Germany's defence minister, resigned after a plagiarism scandal over his PhD thesis: this is a severe warning for the italian political world as a whole.

Under many points of view, this fact is so far away from the common style adopted by many italian politicians to become, seen from here, something ridiculous or happened in a remote galaxy. The problem is that we are ridiculous not the Germans. Italy, not Germany, is a far planet of a remote glalaxy. But in the inversion of ethical values, in Italy everything is upside down.

I'm not mentioning only the most famous italian examples of political frauds and scandals; I'm talking about a co-shared model in doing politics in Italy based on the idea, in many great and little italian politicians (at national, regional and local level), that politics is a private affaire.

We are so accustomed to this in Italy that we are no longer wondering about this continuing degeneration: rather, we wonder when "others" remember us that an ethical code still exists in politics which goes far beyond the limit of the legal dimension. We are so foolish to accept anything without reaction: just a denial is enough to forget anything. We are lacking memory in addition to dignity.

Italian society is the real guilty for this because we all are disposal to accept without indignation any kind of abuse. Indignation has been the main cause pushing the German minister to resign. Essentially on the base of a sense of shame. But "Shame" is something completely unknown in Italy.

Shame...

Lezioni di Etica Pubblica

Le dimissioni dell ministro della Difesa tedesco Karl-Theodor zu Guttenberg a seguito dell'ondata di indigazione per il plagio della sua tesi di dottorato e per il maldestro tentativo di mentire in proposito, sono un pesante monito per la politica italiana.

Per molti aspetti rappresentano qualcosa di così lontano dallo stile dei nostri politici tanto da apparire come un fatto ridicolo o accaduto in un pianeta di un'altra galassia. Il problema è che i ridicoli non sono i tedeschi: i ridicoli siamo noi. Ed è l'Italia con la sua classe politica obesa e con la pappagorgia ad appartenere ad una galassia remota. E purtroppo non sto solamente parlando dei casi eclatanti di mascalzoneria politica che ogni giorno riempiono i notiziari ed i quotidiani, ma di uno stile condiviso di vivere la politica come se fosse una cosa privata da parte di tanti altri grandi e piccoli politici di professione.

Ormai siamo talmente assuefatti a questo "italian style" che non ci facciamo più caso e ci meravigliamo quando gli "altri" ci ricordano che esiste un codice etico in politica che va ben oltre quello imposto dal rispetto formale della legge. Siamo talmente sciocchi da accettare ogni volta che in questo sfortunatissimo Paese si possa dire e fare di tutto ed il contrario di tutto: basta poi una smentita o un "sono stato frainteso e strumentalizzato" per buttarci tutto alle spalle. Anche fare ad esempio affermazioni che un qualsiasi studente del primo anno di giurisprudenza riterrebbe del tutto infondate. Siamo senza memoria oltre che senza dignità.

La colpa non è di chi fa o dice stupidaggini. La colpa è sempre di chi consente a questa gente di fare ciò che vuole impunemente. E' stata l'indignazione di gran parte dell'opinione pubblica tedesca (per il fatto in sè e per le bugie raccontate) a costringere il ministro alle dimissioni, facendo leva sul senso di vergogna. Un sentimento totalmente sconosciuto nel nostro Paese.

La Vergogna.

Intanto questo esempio di correttezza, sono certo, non genererà alcuna reazione da parte di molti miei concittadini: anzi provocherà la solita battuta "hai visto che deficiente quel ministro tedesco. Non ha capito proprio niente della politica. dimettersi per una tesi di dottorato copiata. Che stupido..."

Avanti tutta così. A battere le mani...