Che strana coincidenza. Giusto cento anni fa scoppiò la una guerra tra l'Italia e l'Impero Ottomano che portò all'occupazione coloniale della Libia.
In queste settimane, a seguito delle rivolte scoppiate in questo Paese, si comincia a ventilare l'ipotesi di un intervento armato o comunque di iniziative piuttosto decise della Nato e della UE con o senza avallo delle Nazioni Unite.
Ragioni umanitarie? Spinte alla democratizzazione della Libia? Volontà di rovesciare un dittatore? Niente di tutto questo. La motivazione è sempre e solo una: il controllo dei grandi giacimenti di petrolio libici.
L'economia mondiale, è quasi noioso ripeterlo ogni volta, si fonda sulla disponibilità di petrolio a poco prezzo: qualsiasi elemento capace di turbare questo assioma è causa di tensioni prima economiche poi politiche.
La Libia è un importante produttore di petrolio, sottoposta per decenni ad un regime autoritario che, grazie a queste immense risorse, ha accumulato immense ricchezze a scapito di una popolazione che vive in miseria: tutto questo non ha fatto altro che generare un puro e semplice risentimento. Le rivolte hanno implicato un crollo della produzione petrolifera libica con impatti notevoli sul prezzo del petrolio e conseguenze drammatiche sulla "crescita economica" delle potenze industriali.
Il solito vicolo cieco della "crescita" fondata sul petrolio. E' inimmaginabile che queste stesse potenze, e soprattutto le grandi Corporation, restino lì a guardare.
Non ci sono ragioni umanitarie che tengono: la sete di petrolio ci potrebbe portare a breve ad una nuova guerra di Libia. In questo caso, la sorte di Gheddafi non può che essere segnata e qualsiasi altro regime dovrà fare i conti con gli appetiti dell'economia del petrolio. Tutto il mondo arabo sembra molto vulnerabile a queste pressioni che, via via che l'economia del petrolio avrà sempre più bisogno di "sangue nero", saranno sempre più forti.
Bisogna cominciare a capire che le energie rinnovabili non sono solo un'opzione ambientale, ma politica. Una scelta a senso unico poichè, vista la scarsità di uranio, anche il nucleare appare impraticabile.
L'economia del petrolio non potrà vivere per sempre e la sua agonia potrebbe avere implicazioni drammatiche. A cosa stiamo andando incontro?
In queste settimane, a seguito delle rivolte scoppiate in questo Paese, si comincia a ventilare l'ipotesi di un intervento armato o comunque di iniziative piuttosto decise della Nato e della UE con o senza avallo delle Nazioni Unite.
Ragioni umanitarie? Spinte alla democratizzazione della Libia? Volontà di rovesciare un dittatore? Niente di tutto questo. La motivazione è sempre e solo una: il controllo dei grandi giacimenti di petrolio libici.
L'economia mondiale, è quasi noioso ripeterlo ogni volta, si fonda sulla disponibilità di petrolio a poco prezzo: qualsiasi elemento capace di turbare questo assioma è causa di tensioni prima economiche poi politiche.
La Libia è un importante produttore di petrolio, sottoposta per decenni ad un regime autoritario che, grazie a queste immense risorse, ha accumulato immense ricchezze a scapito di una popolazione che vive in miseria: tutto questo non ha fatto altro che generare un puro e semplice risentimento. Le rivolte hanno implicato un crollo della produzione petrolifera libica con impatti notevoli sul prezzo del petrolio e conseguenze drammatiche sulla "crescita economica" delle potenze industriali.
Il solito vicolo cieco della "crescita" fondata sul petrolio. E' inimmaginabile che queste stesse potenze, e soprattutto le grandi Corporation, restino lì a guardare.
Non ci sono ragioni umanitarie che tengono: la sete di petrolio ci potrebbe portare a breve ad una nuova guerra di Libia. In questo caso, la sorte di Gheddafi non può che essere segnata e qualsiasi altro regime dovrà fare i conti con gli appetiti dell'economia del petrolio. Tutto il mondo arabo sembra molto vulnerabile a queste pressioni che, via via che l'economia del petrolio avrà sempre più bisogno di "sangue nero", saranno sempre più forti.
Bisogna cominciare a capire che le energie rinnovabili non sono solo un'opzione ambientale, ma politica. Una scelta a senso unico poichè, vista la scarsità di uranio, anche il nucleare appare impraticabile.
L'economia del petrolio non potrà vivere per sempre e la sua agonia potrebbe avere implicazioni drammatiche. A cosa stiamo andando incontro?
Nessun commento:
Posta un commento