giovedì 22 dicembre 2016

Auguri

Voglio chiudere questo anno ed aprire il 2017 condividendo queste parole. Mi sembrano un'ottima descrizione di quello che stiamo lasciando e di quello a cui stiamo andando incontro: sia a livello nazionale che internazionale.


"La politica perde perché ha perso la capacità di far sognare, di far immaginare un futuro diverso, non banalmente migliore, ma altro. 

La politica non vince perché non sa più perdere con dignità: ama perdere puntando sul sicuro, senza osare, senza cercare consenso tra chi si sente emarginato, ignorato, non compreso, costretto a scegliere tra il meno peggio. 

La politica perde perché non è coraggiosa, perché asseconda al ribasso quelli che ritiene gli umori dell’elettorato, senza peraltro riuscire davvero a intercettarli. 

La politica perde, tutta, perché non esiste più la posizione che spariglia, che irrompe con forza e costringe a un ragionamento diverso. 

La politica perde, tutta, perché è appiattita sulle stesse posizioni pur nelle diversità apparenti, perché si divide in schieramenti talmente eterogenei da non risultare credibili, perché si unisce, si consorzia, sceglie sponde, alleati e avversari non per raggiungere un progetto, ma per legittimare carriere, per alimentare percorsi personali. 

La politica non è tutta così e allora come facciamo a riconoscere le voci fuori dal coro? Come facciamo ad ascoltarle se in televisione non trovano spazio? Se sul web non urlano, non utilizzano link esca per attirare click e attenzione?"

(Roberto Saviano)

mercoledì 9 novembre 2016

Rancore

Che ci piaccia o no, stiamo andando incontro ad un'epoca fondata sul rancore e sul risentimento. Dopo la Brexit (che nessuno credeva possibile) l'elezione di Trump (che parimenti fino a ieri nessuno credeva possibile ed ora i furbetti dell'opinione "take away" avvallano con la retorica cretina dell' "Io però l'avevo detto") conferma chiaramente questo trend che potrebbe poi anche allargarsi ad altri contesti. 

La delusione di sempre maggiori strati della società, l'insoddisfazione generale, l'incapacità e la non volontà di affrontare realmente i problemi sono alla base di quella gran voglia di rivincita che ribolle nella cosiddetta "gente comune". Si tratta di un'umanità che nelle società occidentali viene considerata "docile e mansueta" per default: ma non è così. Il fallimento del progetto politico europeo, l'aver privilegiato banchieri e finanzieri da strapazzo a danno dei risparmitori, l'incapacità di gestire il drammatico fenomeno dell'immigrazione, l'incapacità di governare i processi di trasformazione economica che lasciati a loro stessi hanno generato una disoccupazione spaventosa (soprattutto fra le nuove generazioni), rappresentano un brodo di coltura e cultura per fenomeni di rabbia, risentimento e rancore diffuso. Poi, chiunque abbia la capacità di farsi "amplificatore" di tutto questo, anche magari la figura più improbabile, non fa altro che sfondare una porta aperta. Qualunque cosa pur di fare un dispetto a questa parodia della politica. 

La gente è stufa, è stanca di sopportare tutto e di farlo in silenzio: sa che è inutile protestare o scendere in piazza. L'unica cosa che è rimasta è fare il contrario di quello che chiede e pretende un establishment che non vuole e/o non sa fare niente. Ed è nel fallimento ed incapacità di questa parodia della politica che si cela il motivo del successo di queste reazioni rancorose e rabbiose.

Anche in Italia ci si dovrebbe preoccupare di tutto questo: esiste infatti un malessere diffuso ancora fondamentalmente non canalizzato, immaturo, sommerso. Dovremmo fare tesoro dell'esperienza che questa sfortunata terra italica ha maturato all'inizio del XX secolo quando con grande facilità e grande consenso è nato e si è propagato il fascismo. Ricordo che è bastato un pittore fallito o un modesto giornalista...

In Italia siamo senza un governo: non intendo da un punto di vista istituzionale, ma in senso di governance, di gestione. La gente "comune" viene lasciata sola a fare i conti con una marea di immigrati non gestita da una politica in materia degna di questo nome. Le frange più fragili della società vivono costantemente a contatto con le conseguenze più nefaste di questa situazione: chi vive nei palazzi istituzionali (e fa tanti bei discorsi) non ne ha nemmeno la più pallida idea.

Non esiste una politica di sviluppo economico. si continua a privilegiare le solite minoranze ben connesse ed appoggiate. troppo spesso le regole valgono per alcuni e non per altri. Troppo spesso uomini e donne di talento vengono offesi e frustrati per lasciar spazio ai "figli di".

Intere aree del Paese sono ormai definitivamente in mano alla criminalità organizzata. 

Il degrado morale e sociale si accompagna al degrado dell'ambiente e del territorio. 

Non sono sufficienti rottamatori in camiciola, Movimenti 5 stelle o Salvini in palandrana: la gente comune è sola e sa di esserlo. Al momento solo il solito "familismo amorale" ci consente di prevenire gravi derive autoritarie, ma non credo che tutto questo durerà a lungo.

Non mi piace la musica italiana, ma questo testo ("ha perso la Città") di Niccolò Fabi ben fotografa lo scoramento generale che si respira in quest'epoca triste.

Hanno vinto le corsie preferenziali
hanno vinto le metropolitane
hanno vinto le rotonde e i ponti a quadrifoglio alle uscite autostradali
hanno vinto i parcheggi in doppia fila
quelli multi-piano, vicino agli aeroporti
le tangenziali alle 8 di mattina e i centri commerciali
nel fine settimana
hanno vinto le corporazioni infiltrate nei consigli comunali
i loschi affari dei palazzinari
gli alveari umani e le case popolari
e i bed & breakfast affittati agli studenti americani
hanno vinto i superattici a 3.000 euro al mese
le puttane lungo i viali, sulle strade consolari
hanno vinto i pendolari

ma ha perso la città, ha perso un sogno
abbiamo perso il fiato per parlarci
ha perso la città, ha perso la comunità
abbiamo perso la voglia di aiutarci.
Hanno vinto le catene dei negozi
le insegne luminose sui tetti dei palazzi
le luci lampeggianti dei semafori di notte
i bar che aprono alle sette
hanno vinto i ristoranti giapponesi
che poi sono cinesi anche se il cibo è giapponese
i locali modaioli, frequentati solamente
da bellezze tutte uguali
le montagne d'immondizia, gli orizzonti verticali
le giornate a targhe alterne e le polveri sottili
hanno vinto le filiali delle banche, hanno perso i calzolai

E ha perso la città, ha perso un sogno
abbiamo perso il fiato per parlarci
ha perso la città, ha perso la comunità
abbiamo perso la voglia di aiutarci

giovedì 22 settembre 2016

Stupidity rules!

Sempre più spesso mi pare di notare azioni, atti e dichiarazioni che sono un sintomo lampante della stupidità di chi compie questi atti e di chi fa queste dichiarazioni. Questo avviene sempre più spesso fra la gente comune ( basta andare in giro ad esempio nel traffico oppure entrare in un negozio, ecc...); e vabbè, di una cosa del genere ci si può anche abituare come forme di stupidità spiccia e quotidiana. Quello che mi sorprende è la stupidità di un numero sempre maggiore di esponenti della classe politica e dirigente (sia nazionale che internazionale). 

Se proprio mi dovessi soffermare a riflettere sulla stupidità nostrana di tipo "alto", quella cioè che emerge da persone che hanno responsabilità decisionali di un certo peso, la prima cosa che mi viene da pensare è che alla fin fine si tratta di una stupidità che riflette quella che si trova in "basso" (quello cioè della gente comune) secondo il triste principio per il quale ognuno ha il governo che si merita. Ergo: ognuno ha la stupidità che si merita che si autoalimenta in un perverso meccanismo circolare di travaso di stupidità dal basso verso l'alto e viceversa. La gente si specchia nella stupidità di chi la governa.

Bisognerebbe anche dire che, a parte casi conclamati di stupidità dovuta a problemi psico-fisici reali, la stupidità comune e sociale non è congenita. Essa viene coltivata con il passare degli anni fin dall'infanzia. Quando non si insegna a riflettere sulle conseguenze delle cose che si fanno o si dicono, quando non ci si interessa di nulla perchè qualsiasi cosa viene considerata priva di valore, quando si coltiva un'ideologia della quantità rispetto alla qualità, ecc... tutto questo si stratifica nella coscienza nel tempo fino a creare un individuo fondamentalmente stupido: si tratta di un'individuo i cui atti o dichiarazioni non gli apportano alcun beneficio ma anzi procurano solo danni a sè stesso e agli altri.

Come si stia arrivando a questo è fin troppo evidente. La distruzione in primo luogo del sistema formativo a tutti i livelli (cosa che avviene ormai da decenni) genera persone prive di strumenti interpretativi della realtà. E gli studenti e le studentesse con una misera formazione intellettuale e culturale di alcuni decenni fa sono oggi la classe dirigente e politica. Questi stessi dirigenti e politici incapaci (ovvero non in grado di comprendere) stanno ora finendo di devastare il poco che è rimasto con la conseguenza che gli studenti e le studentesse di oggi (ancor meno in grado di comprendere la realtà dei loro predecessori) saranno dei pessimi dirigenti e politici del futuro. 

A questo si aggiunge il fatto che la conoscenza, la cultura, il sapere, la curiosità, la creatività, sono sempre più spesso guardate con sospetto e denigrate al di là delle belle dichiarazioni di principio: nella migliore delle ipotesi "sapere" è considerata una cosa irrilevante. 

Abbiamo quindi a che fare con un numero di stupidi sempre maggiore e sempre più in posizioni chiave. Non avremo più quindi un Benedetto Croce o Giovanni Gentile, un Calamandrei, un Togliatti, De Gasperi, La Malfa, Nenni, via via fino a dentro i gangli della struttura della società, ma uomini e donne sempre più piccoli ed infantili da un punta di vista cognitivo: ovvero degli stupidi.

L'aspetto tragico di tutto questo è che mentre le capacità cognitive di chi è chiamato a decidere e a prendere scelte responsabili si riduce, la complessità e la gravità dei problemi della contemporaneità si aggravano. Si crea un gap che si approfondisce di giorno in giorno; difficile immaginare le conseguenze di una simile situazione.

La stupidità non genera errori dovuti ad una mera impreparazione o inadeguatezza, ma errori sistematici e strutturali perchè chi li commette è convinto pure di avere ragione. Lo stupido o la stupida non sono mai sfiorati dal dubbio.

Il fanatismo, l'oscurantismo mentale, l'intolleranza, ecc.. sono tutti sintomi di stupidità ovvero l'incapacità di interpretare, l'incapacità di capire. La gratuità di tanti atti di violenza si può spiegare solo con la stupidità di chi commette questi atti.

Una società che viene "coltivata" per essere fondamentalmente stupida, quindi infantile, immatura e facilmente manipolabile, tenderà quindi a rivolgersi a classi dirigenti e politiche composte da individui altrettanto stupidi e quindi infantili e immaturi che non potranno che prendere decisioni e fare dichiarazioni pericolosamente stupide. 

Mi pare che tristemente il trend sia ormai questo. Credo che con il passare del tempo dovremo fare i conti con una stupidità sempre più invasiva, sfacciata, diffusa, omnicomprensiva e profonda.

giovedì 1 settembre 2016

Nessuno sarà lasciato solo

Nel desolante panorama dell'ipocrisia italica che dà il meglio di sè dopo le catastrofi (naturali ed innaturali) spicca sulle macerie post terremoto di Amatrice, come un mantra lacerante, la frase "nessuno sarà lasciato solo".

Cosa significhi chiaramente questa frase non lo sa nessuno con precisione, ma chi può, dall'alto della propria carica politica ed istituzionale, la tira fuori senza ritegno: e, a seguire, il corteo dei cortigiani politici a riempirsi la bocca con questa frase.

Chi ha perso la casa, la propria attività commerciale ed economica e chi soprattutto ha perso familiari, parenti o amici ora si sente dire queste parole che, conoscendo il costume italico, sembra quasi una minaccia. Infatti il problema è: i terremotati chi realmente si troveranno a fianco nella ricostruzione? Verranno fuori i soliti approfittatori delle catastrofi, gli speculatori, i magnaccia della politica? In tal caso: meglio soli che male accompagnati?

E poi: adesso che i paesi sono venuti giù come castelli di carte, mi vieni a dire che "non mi lascerai solo?". La cosa sembra drammaticamente ironica soprattutto se si pensa a quegli edifici che avrebbero dovuto garantire un minimo di sicurezza e sono crollati: e adesso non mi lasci solo?

Il fatto è che se quelle case, se quegli edifici pubblici, sono crollati è perchè io ero già rimasto solo. Io ero già solo da tempo, da tanto, da tantissimo tempo, ben prima che il terremoto abbattesse interi paesi. In Italia siamo sempre lasciati soli, in qualsiasi occasione ne situazione. Il terremoto non ha fatto altro, come in casi simili, che evidenziare la nostra solitudine. Siamo soli di fronte agli speculatori, alla corruzione, alle mazzette, al "chissenefrega", "figurati: chi vuoi che lo scopre..", "vabbenelostesso", ecc... Il malcostume generale è tale e condiviso da pressochè tutti perchè ognuno può fare più o meno come gli pare semplicemente perchè siamo lasciati soli, a noi stessi, senza regole, senza criteri. La certezza del diritto significa proprio questo: non sei solo. Ed in Italia non c'è alcuna certezza del diritto.

Lo stato di abbandono degli ospedali, delle scuole, dei mezzi pubblici, delle periferie, dei borghi di provincia, delle ex aree industriali ed artigiane, la violenza sulle donne, la disoccupazione, intere aree del Paese consegnate alla criminalità organizzata, l'arroganza della burocrazia, la corruzione senza freni, ecc... sono il segno evidente e tangibile che tutti noi (salvo i soliti privilegiati che non sono minimamente sfiorati da tutto questo) siamo quotidianamente lasciati soli. 

E tu mi vieni a dire che, siccome c'è stato il terremoto, nessuno sarà lasciato solo? E proprio tu che parli dall'alto dei tuoi privilegi istituzionali (a te la casa non cadrà mai in testa) dov'eri prima? Ti fai avanti adesso che ci sono le casse da morto? E quante altre disgrazie e catastrofi dovremmo aspettare per sentirci dire, come premio di consolazione, che non saremo lasciati soli?



mercoledì 13 luglio 2016

La Disuguaglianza corre anche sui binari del treno

Il recente gravissimo incidente ferroviario in Puglia appare come la più triste metafora della grande disuguaglianza che attanaglia la nostra società. 

Due treni pieni di studenti e pendolari lungo un binario unico si scontrano frontalmente anche a causa di obsoleti sistemi di controllo e di sicurezza. 

Quando in Italia si parla di infrastrutture, di modernizzazione delle infrastrutture, a cosa ci si riferisce in realtà? Di certo non a quelle che interessano la cosiddetta "gente comune". Mentre i treni superveloci (per chi se li può permettere come ad esempio i manager o i dirigenti) vedono aumentare il comfort e la qualità complessiva del servizio, i treni locali ed interregionali dei lavoratori, dei pendolari e degli studenti vengono abbandonati al loro destino.

Chi ha fatto il pendolare, come il sottoscritto (per decenni), sa benissimo lo stato di degrado di queste infrastrutture che si trovano spesso in condizioni indegne di un Paese civile.

Tutto questo perchè la vita di una persona comune vale decisamente meno di quella di una persona "che conta": e questo lo verifichiamo non solo sui treni, ma anche negli ospedali, nelle scuole, ecc...

Non siamo tutti uguali: la distanza fra i pochi che stanno in cima alla società e quelli che stanno alla base è sempre più ampia. L'arretramento continuo del settore pubblico dalla società (sia in senso qualitativo che quantitativo) lascia spazio alla fornitura di servizi decenti solo a chi che si può permettere. Per tutti gli altri: peggio per loro. 

Bisogna rivedere profondamente questa visione utopica di un mercato libero dai vincoli del controllo pubblico perchè genera solo disastri, ingiustizia e discriminazione. E le decine di morti sui binari di questi giorni, i risparmiatori truffati, le persone abbandonate al loro destino dentro gli ospedali, le scuole cadenti (mentre chi può viaggia con tutti i comfort, i manager delle banche vengono strapagati per truffare i loro clienti, chi può si serve delle cliniche e delle scuole private) stanno lì a dimostrarlo.

La nostra vita vale molto poco o nulla. E queste vite di poco valore possono essere messe continuamente a repentaglio senza problemi perchè nessuno di noi trova mai niente da ridire. 

I "senza potere" possono quindi anche rischiare di morire mentre vanno al lavoro o stanno in un'aula scolastica (e troppo spesso accade che muoiano effettivamente): l'unica cosa che si riesce a fare è esprimere un cordoglio ipocrita, aprire inchieste che non conducono a nulla, riferire in Parlamento nell'indifferenza generale dei parlamentari. 

Sappiamo bene che a coloro che ci camminano costantemente sopra la testa, di noi, delle nostre esistenze, della vita delle nostre famiglie, non importa assolutamente nulla. Siamo solo facce indistinguibili, senza nomi e senza storie. Bisogna fare un enorme sforzo per recuperare il senso della dignità individuale e collettiva, del rispetto e della giustizia sociale.

E mentre i parenti delle vittime raccolgono i resti dei loro cari sui binari di una ferrovia sotto lo spacco del sole cocente, qualcun altro arriva in elicottero per far sentire la vicinanza (sgradita e sgradevole) dei potenti del momento.  


venerdì 24 giugno 2016

Il rigetto del Potere

Ho la sensazione che ci sia una sorta di filo rosso che lega i risultati delle elezioni amministrative in Italia ed il risultato del referendum sulla permanenza nella UE in Gran Bretagna. 

Quello che a me sembra un filo di connsessione è il senso di rifiuto, di rigetto che la gente comune (i senza-potere, le periferie in senso molto ampio) ha nei confronti del potere "istituzionalizzato". In entrambi i casi si percepisce un comprensibile sentimento di delusione, di risentimento, la volontà di rivincita e di rivalsa: in questo modo viene a galla il potere dei senza potere (frase credo da attribuire a V. Havel).

Sia nel caso italiano che in quello britannico la gente rigetta la politica inetta ompletamente sottomessa alla finanza: nemmeno all'economia, ma proprio ai grandi gruppi finanziari e alle banche che si arricchiscono in modo parassitario sottraendo ricchezza alla società e all'economia reale. L'Europa che i britannici hanno rigettato è una parodia dell'Europa che immaginavamo. Sono decenni che si denuncia la totale distanza delle istituzioni europee dalle comunità locali e dalla società europea nel suo complesso. E' stata respinta un'Europa fatta di burocrati ottusi e non di politici: la prevalenza dei tecnici della Commissione Europea (non eletta dai cittadini) su un Parlamento Europeo depotenziato contribuisce a creare un'immagine dell'Europa più simile al Castello di Kafka che all'Europa sognata nel Manifesto di Ventotene.

Il risultato è che nel passato gli Stati facevano la fila per entrare nell'Europa, ora si metteranno in fila per uscirne. 

Bisogna pertanto cominciare a costruire una nuova o rinnovata realtà Europea, una vera casa comune europea per poter uscire da questa aberrazione ed entrare in una realtà dove non siano i finanzieri o i banchieri a decidere le sorti delle comunità.

Lo stesso è accaduto nelle grandi città italiane: la politica (con il suo familismo amorale, i suoi giochini e i suoi intrallazzi) è distante anni luce dalla realtà della gente che si sente "periferia" rispetto al potere. Talmente distante che non è più nemmeno identificata come politica, ma solo come "braccio operativo" delle banche, delle grandi società finanziarie, degli interessi di poche lobby. Insomma di tutte quelle componenti della società che si arricchiscono solo mandando in rovina l'economia ed ampi strati della collettività.

Serve un'inversione di tendenza inequivocabile ed immediata, perchè altrimenti il futuro sarà drammatico. Non si possono creare norme e leggi solo per questioni finanziarie o finte riforme che sono solo fumo neglio occhi scendendo sempre a patti con interessi particolari: bisogna cominciare finalmente a porre delle regole per la convivenza civile affinchè sia appunto la più civile e decente possibile per tutti. La politica deve operare per restituire dignità alle persone e alle comunità nel loro complesso.

I grandi e complessi mutamenti e fenomeni sociali (come l'immigrazione massiva, la disoccupazione o la penetrazione totale della criminalità organizzata in tutti gli ambiti della realtà nazionale) non possono essere affidati a dei ragionieri-contabili, al caso o alla buona volontà della gente. Essi devono essere affrontati, regolati, normati in modo chiaro: devono essere "gestiti" all'interno di una visione molto ampia. Serve urgentemente un New Deal.

La complessità e la trasformazione sociale non è mai stata realmente al centro di nulla, al di là dei proclami, nè in Italia, nè a Bruxelles. A cosa serve un'unione monetaria o rigorose politiche contabili e di bilancio se la società nel frattempo si sfarina, si sfalda, si disintegra? Non si è vista traccia di alcunchè in questi decenni su tutte quelle materie che sono alla base della costruzione di una società decente: e questi sono i risultati. La ribellione delle periferie.


venerdì 10 giugno 2016

Il "posto" ereditato

La società italiana è sempre più bloccata. E questo si riverbera sulle dinamiche del lavoro dove è ormai più che evidente un congelamento dei gruppi sociali e delle relative attività lavorative. 

E' diventato infatti difficilissimo accedere ad una carriera nel settore pubblico: prima magari servivano le raccomandazioni, ma in qualche modo si riusciva ad entrare da qualche parte. Oggi non è più praticamente possibile. Ormai i cosiddetti "posti pubblici" vengono trasmessi in qualche modo di padre/madre in figlio/figlia grazie a oscure logiche "interne". Per dimostrare l'evidenza di questa realtà basterebbe verificare il ricorrere dei cognomi (anche quelli materni) dentro gli enti pubblici: ospedali, università, ministeri, enti regionali e comunali fino alle carriere militari. Ovviamente questa regola non vale per tutti: vale per i dipendenti pubblici "che contano" e che hanno sviluppato delle solide relazioni. Gran parte delle attività svolte dentro gli enti pubblici si fonda proprio su questo: creare una efficiente rete di relazioni e conoscenze per garantire alla prole un avvenire. Se non sei capace o non ci riesci sei fuori tu e tutti i tuoi figli. Non c'è niente da fare.

Del resto, come dipendente pubblico, da alcuni anni ho a che fare sul lavoro con i figli dei dirigenti che ho incontrato anni fa, quando sono stato assunto.

Lo stesso avviene nel settore privato. Chi ha un'attività imprenditoriale cercherà in tutti i modi di lasciarla ai figli: e questo mi sembra più che giusto. Il problema è che il settore privato non è un ambiente facile per i "nuovi entranti". Una valanga di ostacoli ed impicci si frappongono fra chi vorrebbe mettersi in proprio e la reale costruzione di un'attività imprenditoriale. La probabilità del fallimento è elevatissima. Con tutte le piccole, piccolissime imprese che caratterizzano l'economia italiana, è molto difficile essere assunti di questi tempi.

Se sei notaio, tuo figlio/ sarà notaio; se sei oculista tuo figlio/figlia sarà oculista (o cumunque medico); se sei militare, tuo figlio/figlia sarà militare; se sei macellaio, tuo figlio/figlia sarà macellaio/a; ecc...

Insomma è tutto fermo: è tutto bloccato. Non c'è più mobilità sociale, perchè non ci sono opportunità ed ognuno si coltiva il proprio esclusivo orticello.

Negli anni 50, 60, 70 questa mobilità comunque ha contribuito notevolmente allo sviluppo economico nazionale: filgi di operai che diventavano ingegneri, figli di medici che diventavano imprenditori, figli di contadini che diventavano piloti di linea. Oggi non c'è niente di simile.

Io, come genitore di un fliglio diciottenne francamente non so bene cosa fare: sono un dipendente pubblico ma non sono capace di armeggiare e "darmi da fare" per creare un sottobosco di relazioni ed amicizie strategiche ed interessate per preparare un posticino di straforo a mio figlio: non voglio nemmeno farlo. Nel settore privato saremmo fatti a pezzi e rovinati in pochi secondi.

Un tempo mia padre mi diceva che se avessi studiato e mi fossi rimboccato le maniche sarei riuscito a crearmi un futuro: con gli attuali chiari di luna in Italia io come padre non sono in grado di dire la stessa cosa a mio figlio. E questo è molto seccante.

Qualunque opzione nello studio non apre alcuna possibilità futura: inoltre o studi tanto o studi pochino, altri sono i criteri per la selezione del personale. 

Insomma anche la speranza in Italia mi sembra morta. Non c'è futuro perchè non ci sono le premesse per poter costruire qualcosa onestamente. 

L'unica cosa che al momento posso suggerire a mio figlio è di imparare bene l'inglese, viaggiare all'estero il più possibile (osservando quello che succede altrove, imparando il più possibile dalle buone pratiche e imitando come facevano un tempo i giapponesi e i cinesi) e poi alzare i tacchi il prima possibile da qui.



lunedì 16 maggio 2016

10 anni di Gomorra

L'Italia è da sempre un paese fondato sull'ipocrisia come forma di Governo e strumento di sopravvivenza individuale e collettiva. Del resto è e rimane un paese cattolico.

Negli anni del berlusconismo l'ipocrisia generale era continuamente sbattuta in faccia a tutti: era legittimata ad apparire fra noi, era uno status symbol, era avanspettacolo. 

In questi anni invece le cose sono diventate più sofisticate: paradossalmente l'ipocrisia è diventata ancora più ipocrita. mentre prima eravamo dei buffoni e ci vantavamo di esserlo, adesso siamo dei buffoni, ma non si può dire: dobbiamo fare le persone serie, impregnate di decisionismo, "avanti tutta"!

La critica e la denuncia sono diventate "disfattismo" in stile pseudo fascistoide 2.0. L'importante è non parlarne per non vedere come sono realmente le cose.

Questo scivolamento continuo verso una "rappresentazione teatrale", verso la "fiction" della realtà italiana vista attraverso il prisma dell'ipocrisia è la caratteristica principale di questo angosciante periodo storico che siamo costretti a vivere. Prima almeno c'erano le veline, Drive In, i quiz e i premi: adesso nemmeno la TV ti può consolare.

Sembra che veramente non ci sia proprio più nulla da fare: sembra che non ci sia più nulla di salvabile da salvare. Le istituzioni sono diventate "parodia" a causa del bassissimo profilo della politica nazionale e della classe dirigente che essa esprime. I politici appaiono sempre più come dei pessimi attori, dei guitti che hanno oltretutto imparato molto male il copione da recitare.  Ma quanto costa questa scadentissima commedia! 

Questa condizione e la predisposizione culturale verso il servilismo sono i presupposti per la costruzione di questa "Gomorra" ormai diventata un fenomeno strutturale nazionale. Oggi ricorrono 10 anni dalla pubblicazione dell'arcinoto libro di Saviano e la stanchezza generale che si appoggia su una debolezza cronica dell'intelaiatura sociale nazionale sono tutti elementi che dovrebbero farci riflettere.

Corruzione, collusioni continue fra politici e criminali, imprenditori disonesti, amministratori pubblici incapaci e disonesti, la ricerca di "scorciatoie" e relazioni convenienti, babbi e compagni, favoritismi... Difficile convivere in questa palude senza sporcarsi di fango e, nonostante la denuncia decennale di Gomorra, nessuno sembra farci più caso...

Una resa? Penso che è da molto tempo che la società italiana si è arresa. Siamo solo in attesa di una smobilitazione generale, un "tutti a casa" collettivo: solo che non abbiamo più una casa dove andare. Solo ruderi e macerie...

Bisognerà prima o poi ricostruire questa benedetta casa...

lunedì 9 maggio 2016

La "presa per il culo"

Essere presi per il culo in continuazione a lungo andare stanca. In Italia questa è un'attività intesa, continua, defatigante, organizzata in modo industriale che a lungo andare ti spegne, ti erode l'esistenza, ti rende indifferente a tutto, ti aliena... 

Questo fenomeno così peculiare è ormai pervasivo e forse troppo poco studiato dalle scienze sociali. Ormai in Italia siamo ben oltre il semplicistico concetto di inganno come forma di governo, di truffa, ben oltre l'illusione, ben oltre le figure retoriche di qualsivoglia espressione pirandelliana. 

Qui non si tratta di essere fregati come in un mercatino o dal classico venditore di auto usate. Siamo in una condizione per cui la finzione e la menzogna sono diventate la realtà più reale e vera. Altro che "perdita di senso"... Siamo talmente abituati ad essere rpresi per il culo, che nessuno ci fa più caso, nessuno può farci più caso perchè tanto è una presa per il culo.

In Italia è' tutta una presa per il culo. Ma non c'è nulla di ironico o istrionesco. Non è una pulcinellata. E' un orrore, uno stile di vita con cui, scientemente o incoscientemente, dobbiamo fare i conti anche quando dormiamo perchè anche i sogni finiscono con il diventare una gigantesca presa per il culo.

Dal primo momento che ti svegli sei sempre preso per il culo. La TV o la radio ti prendono per il culo. I notiziari sono un monumento alla presa per il culo. I giornali già quando li vedi da lontano capisci che stanno lì solo per prenderti per il culo. 

La pubblicità è una presa per il culo applicata scientificamente nella dimensione commerciale.

La politica è diventata la rappresentazione operativa maxima della presa per il culo in modo totalizzante. Quando li senti parlare, di qualunque schieramento siano, senti in gola quel sentore dolciastro della presa per il culo. Anche a livello locale, nel piccolo delle nsotre cittadine di provincia da due soldi, sai che il gioco della politica si fonda sull'intrallazzo sistematico come uso politico della presa per il culo: degli avversari, dei compagni di partito, della comunità che ti ha votato. Persone così diventano esse stesse delle "prese per il culo"...
 
Sempre più persone rinunciano a votare perchè sanno che è una presa per il culo. Anche il capo del governo ha detto di non andare a votare il referendum, perchè i referendum sono una presa per il culo. Bisognerà ricordarsene in futuro, per i prossimi referendum.

In questo modo anche "l'autorità" diventa una presa per il culo. "Tu chi sei? Il direttore di questo o di quello, il dirigente di sopra o di sotto, il capo di qui o di là? Mannnò: tutti sappiamo come ci sei arrivati fin lì! Tu sei solo una presa per il culo!"

Vai a lavorare e sei preso per il culo dall'intero sistema. Vai a fare la spesa e sei preso per il culo dall'industria alimentare. Tutte quelle cazzatelle tecnologiche - a cominciare dagli smartphones che ti fanno cambiare ogni 6 mesi - sono una colossale presa per il culo.

Tante persone si separano e divorziano anche perchè i rapporti umani vengono considerati una presa per il culo. Quelle sceneggiate in chiesa e poi al ristorante sono solo una costosa presa per il culo.

Non ci troviamo di fronte una "società Liquida" come direbbe Baumann, ma una società fondata sulla presa per il culo. Quindi non esiste più il concetto di lealtà, di responsabilità: non esiste verso sè stessi, figuriamoci verso gli altri.

AHO'!!! CHE CI VOLETE FARE? ABBIAMO SCHERZATO! ERA SOLO UNA PRESA PER IL CULO!

Questa frase dovrebbe anche sostituire la dicitura che appare nei tribunali "La legge è uguale per tutti" (anche se pure questa frase sembra una bella presa per il culo..)

I ragazzi e le ragazze vanno a scuola e sono presi sistematicamente per il culo. Anzi la scuola è una palestra della presa per il culo ed è il luogo dove i piccoli italiani ed italiane si confrontano con la scienza della presa per il culo: gli edifici scolastici stessi sono una presa per il culo. Non sono delle scuole, sono delle parodie di scuole, quindi una presa per il culo. 

Tacciamo poi dell'università che è l'accademia della presa per il culo. Il corpo docente è già di per sè un'umanizzazione della presa per il culo. 

Banche e assicurazioni sono una presa per il culo.
Il precario viene sistematicamente preso per il culo. 
Scrittori, attori, registi, cantanti e ballerine, vip e tronisti della TV: sono spesso persone inadeguate ovvero una presa per il culo. 
La cultura in Italia è da decenni una grandiosa presa per il culo.
Lo sport, con il calcio in testa, è una presa per il culo spaventosa....

Il problema è che di questo sistema siamo non solo le vittime, ma anche i carnefici. Anche noi prendiamo per il culo gli altri. E' inevitabile. Dobbiamo in qualche modo sopravvivere. E dobbiamo ingannare gli altri e bluffare a più non posso per continuare a giocare al tavolo della presa per il culo. 

Esiste poi l'aspetto rassicurante della presa per il culo: quando nulla è serio, nulla è reale, tutto è irrilevante, allora possiamo stare tranquilli. Non succede niente: tutto fila liscio come sempre.

Tutto quindi è una presa per il culo, che alla fine ci rende incapaci di reagire, di indignarci di opporci, di protestare perchè siamo convinti che anche queste siano espressioni della presa per il culo globale. anche la protesta in Italia dà sempre l'impressione di essere una sceneggiata, una presa per il culo.

La presa per il culo è dentro di noi, nel nostro DNA: ha fatto veramente presa. Per questo si chiama così. E all'estero nessuno ci prende sul serio perchè lo sanno che abbiamo questa malattia genetica.


 PS
Quando era un ragazzetto ingenuo, mia padre mi diceva che se studiavo e mi davo da fare avrei trovato un posto dignitoso in questa società. Oggi non sono in grado di dire le stesse cose a mio figlio perchè qui ormai è tutta una presa per il culo. Ed io non me la sento di prendere per il culo anche mio figlio... L'unica cosa che posso dirgli è: "Stai in guardia, resta sempre sveglio e consapevole di quello che fai, giusto per non farti prendere per il culo..."

giovedì 14 aprile 2016

La parole "labirintiche" di Eugenio Scalfari

Ho letto recentemente sull'Espresso un articolo a firma di Eugenio Scalfari circa il suo libro "Il Labirinto". Leggendo le sue considerazioni ho trovato alcune parole che mi hanno lasciato a dir poco perplesso.

Premetto che Eugenio Scalfari è considerato in Italia un grande saggio e non va molto di moda criticare quelle figure che in Italia sono considerate come di spicco nel paesaggio intellettuale nostrano. Questo per dire che di fronte al "grande" (Scalfari) il piccolo (il sottoscritto) deve farsi da parte.

Essendo pertanto un "piccolo", uno che non capisce niente di fronte all'immensità dell'erudizione dei grandi pensatori, probabilmente queste parole che a me hanno creato qualche dubbio, non le ho capite e quindi le ho fraintese. Essendo incapace di cogliere questi significati profondi, del resto in questo articolo si parla di "Labirinti", mi pongo già nella parte del torto.

Eppure, queste parole non mi sconfinferano proprio. Riporto il testo incriminato (secondo me):

"E tuttavia i secoli che con il loro transito hanno contribuito a cambiare profondamente il modo di pensare e di comportarsi delle persone, attraverso un profondo mutamento della società e del costume, sul tema dell’amore e del potere non hanno portato alcun mutamento. La storia di Abelardo e Eloisa si ripete ai tempi nostri con le stesse caratteristiche di secoli fa. Un solo mutamento si è verificato nel costume: nelle nuove generazioni le differenze comportamentali tra la donna e l’uomo sono profondamente diminuite e quasi del tutto scomparse, la donna tende a mettersi sullo stesso piano dell’uomo, all’amore duraturo e alla famiglia che ne deriva preferisce lo spirito d’avventura, con rapporti di breve e brevissima durata che privilegiano ovviamente il piacere sessuale relegando in una sorta di sconfitta sentimentale il rapporto che privilegia invece il volersi bene, che antepone il bene dell’altro al proprio."

Cosa intende dire  E. Scalfari? Io non voglio trarre delle conclusioni, ma a me sembra, così a prima lettura, che la figura femminile da queste parole (labirintiche) esce molto male. Sono parole che a me non piacciono proprio e ci tengo a dirlo chiaramente che non mi piacciono. Mi piacerebbe quindi che qualcuno molto più intelligente di me mi spiegasse cosa significano realmente. Certo c'è di che riflettere...

Il testo integrale si può leggere su questo link

martedì 5 aprile 2016

Italia: il Paese delle Meraviglie

Chissà perchè, tutto quello che sta riguardando il Governo, i ministri e ministresse, gli scandali e le inchieste in corso (e magari qualche conto corrente in qualche paradiso fiscale), non mi meraviglia affatto, 

Mi sorprende semmai che ci sia ancora qualcuno, spero a causa della buona fede, che si scandalizza e si meraviglia di tutto questo. 

Se mi guardo attorno mi rendo facilmente conto di come si fanno le leggi in Italia: certamente anche negli altri Paesi è così, ma magari altrove si cerca di lasciare un qualche margine per il bene comune e gli interessi collettivi. Da noi non è così. Non è mai stato così. In Italia il bene pubblico è sempre un'eventualità, un effetto collaterale che semmai può servire da pretesto, da copertura e che può scaturire dal caso o dalla mera buona volontà di qualcuno. Non è mai il fine, non è mai la causa, non è mai l'ispirazione.

Uno si può anche dimettere (per far fare bella figura ad altri), un altro si può far ascoltare dai giudici, un altro ancora può fare proclami su questo e su quello, ma la sostanza non cambia e non cambierà mai. Dietro la facciata, dietro le quinte, c'è sempre un universo che si agita, c'è un mondo sempre in fibrillazione, in attività febbricitante impegnatissimo ad accaparrare, a trafugare, a saccheggiare, a favorire questo e quello, a nascondere, a occultare.

E la cosa buffa è che mentre costoro dedicano tutte le loro forze ed energie ai loro sotterfugi e a fregare l'argenteria di "nonna" il mondo intorno a loro e, purtroppo anche intorno a noi, sta crollando a pezzi e precipitando verso un baratro che politicamente sono totalmente incapaci di affrontare. Anche tutto questo è un chiaro sintomo di come la nostra società, la nostra classe dirigente e politica siano sostanzialmente asfittiche, calcificate, vecchie e stravecchie.

Non so: mi ricordano tanto quei tizi che, durante la storica eruzione del Vesuvio a Pompei erano sopravvissuti alla prima eruzione ed invece erano morti durante la seconda sorpresi dai vapori mortali e dalla lava mentre erano ritornati nelle loro case per prendersi i gioielli e l'argenteria...

mercoledì 9 marzo 2016

Buon senso

Se ciascuno di noi avesse il coraggio, almeno una volta al giorno, di guardarsi allo specchio e darsi dell'imbecille con tutta la profonda sincerità che un simile gesto richiede, sono convinto che le cose nel mondo andrebbero decisamente meglio. E' nella constatazione della propria imbecillità che risiede il buon senso.

lunedì 7 marzo 2016

Delusione

La delusione è un sentimento che si prova nel constatare una distanza fra la realtà delle cose e quello che vorremmo che fosse. La delusione presuppone pertanto la percezione di un senso distanza e quindi di vuoto e tanto maggiore è questa distanza, maggiore è il senso di delusione. 

Le dimensioni di questa distanza, di questo vuoto, sono dovute alla collocazione dei due estremi, come se fossero posti lungo un segmento: da una parte c'è la realtà delle cose, dall'altra le nostre aspettative, i nostri desideri. Se lo scadimento della realtà delle cose è minimo e le aspettative dell'osservatore non sono eccessive, la delusione sarà minima. Ma se lo scadimento della realtà delle cose è grande,  anche a fronte di aspettative tutto sommato modeste ci sarà un forte sentimento di delusione.

La delusione è legata in qualche modo all'illusione con la quale condivide anche delle assonanze linguistiche. In pratica la delusione è il senso del decadere dell'illusione. L'una pressuppone l'altra: sei rimasto deluso perchè ti eri illuso. "Illusione" evoca in un certo senso una forma di "illuminazione" e la de-lusione rievoca l'immagine dellospegnimento di una luce che ci ha abbagliato e che ci ha fatto vedere delle cose che non c'erano. 

Insomma, prima o poi tutto e tutti ci deludono perchè sguazziamo nelle illusioni. Del resto, quante volte ci è stato detto che il mondo stesso in cui ci troviamo è solo illusione? E mai come in questi anni ridicoli, viviamo immersi nell'illusione. 

In Italia poi siamo specialisti in delusione. Viviamo in una terra che ha vissuto un passato "enorme" e da secoli non siamo più stati in grado di convivere con questo passato enorme. Questo senso di inadeguatezza continuo, trasmesso anche inconsciamente di generazione in generazione, ci fa vivere con un senso di delusione costante. E lo scadimento continuo della realtà che ci circonda aumenta ed amplifica il nostro senso di delusione anche perchè non si vede mai una forma di riscatto su cui fondare un'idea di futuro decente.

Tutto oggi in Italia suscita delusione. Vai a Pompei e provi delusione. Entri in un ospedale e provi delusione. Vai a scuola e impari a provare delusione. Ti iscrivi all'università e provi delusione. Vorrresti un posto di lavoro dignitoso che non c'è dopo decenni di impegno: altra delusione.

Quando i politici in camiciola con le maniche tirate su parlano di recuperare ila fiducia dei cittadini, quando dicono che la sfiducia è il male peggiore degli italiani e delle italiane, non hanno capito che il sentimento più profondo che si nasconde nella società italiana, quasi come se fosse una vera e propria malattia, è fondamentalmente la delusione

Considerato poi che le aspettative medie dei cittadini italiani si sono notevolemtne ridimensionate, la grande delusione che si respira da queste parti è pertanto un chiaro segnale di quanto profondo sia l'abisso in cui ci troviamo.

venerdì 29 gennaio 2016

Not in my name

La farsa della copertura delle statue romane in Campidoglio (ho scirtto qualcosa a riguardo in un apposito post su questo mio altro blog) mi conferma ancora una volta, qualora ce ne fosse stato bisogno, che questa gente non mi rappresenta.

Questa umanità arrogante ed ignorante non mi può rappresentare nè ora e nè mai a causa dell'enorme divario esistenziale, culturale, morale, umano ( parlo di Humanitas in senso latino) che ci divide e che ci dividerà sempre. 

Li devo sopportare quindi, fondamentalmente perchè una serie di accidenti della Storia, me li pone di fronte da decenni e mi costringe a sopportarli contro la mia volontà. Il fatto che li debba sopportare tuttavia non significa che approvi una sola parola che esprimono o decisione che costoro prendono. 

Vista la cretineria di cui hanno dato prova con questo ultimo ridicolo episodio, ho pensato che sia utile sottolineare certe cose anche per evitare di essere assimilato in qualche modo a questa umanità indecente ed indegna.

PS: invito chiunque sia dotato di un minimo di autostima, ad evidenziare in tutti i modi possibili e leciti la propria distanza da costoro: almeno per non essere confusi con loro e non fornire, con il proprio silenzio, il benchè minimo cenno di complicità

martedì 26 gennaio 2016

Fuggire

Un lettore di questo blog ha postato un commento al mio post precedente (vedere sotto). Questo suo commento mia ha spinto a riflettere su alcuni punti che poi, sinteticamente, si ritrovano nella mia risposta.

Quasi casualmente, mi è capitato di leggere un articolo di Roberto Saviano, pubblicata da L'Espresso, che affronta un tema molto caldo (ed in qualche modo connesso alle mie precedenti riflessioni) ovvero quello della emigrazione di tanti italiani sia da una regione all'altra sia verso l'estero.

L'articolo in questione può essere letto tramite questo link.

Ovviamente condivido in pieno le riflessioni di Saviano. Vi sono però due aspetti che vorrei sottolineare.

Il primo è che questo problema della fuga di tanti e tante giovani (e meno giovani) passa sostanzialmente sotto silenzio da parte della politica italiana. I dati sono sconfortanti e meriterebbero una seria riflessione. Essi sono però una pesante bacchettata sulle dita nei confronti della politica italiana: sono la manifestazione più pesante di una forma severa di dissenso. E la nostra classe politica e dirigente non può ammettere un simile smacco. Di questo dramma (perchè di dramma si tratta) è meglio parlare poco o per niente. E comunque bisogna sempre minimizzare la faccenda. 

Invece bisognerebbe scrivere a caratteri cubitali: C'E' UN FIUME DI GENTE CHE FUGGE DA QUESTO PAESE PER CERCARE DELLE CONDIZIONI DI VITA DIGNITOSE CHE IN ITALIA NON RIESCE A TROVARE! E QUESTO FIUME SI INGROSSA DI ANNO IN ANNO!

Il secondo aspetto che vorrei puntualizzare è che le motivazioni di questa fuga non sono solo economiche o professionali. E' certamente vero che si cerca all'estero un lavoro ed una professione all'altezza delle proprie aspettative. Spesso però molte persone si accontentano anche di lavori più modesti rispetto alla propria formazione. Questo perchè mentre in Italia non c'è possibilità di progredire in nessun modo (nella migliore delle ipotesi in cui si riesca a fare qualcosa ovviamente) a meno di non avere appoggi o entrature di qualche tipo, altrove c'è la speranza che qualcuno ti possa notare ed apprezzare per quello che sei, non per chi conosci. All'estero in qualche modo ce la si può fare, qui è impossibile...

Ma non è questo il punto.

Sono dell'idea che molte persone abbandonino l'Italia non solo per motivi economici e professionali, ma anche perchè in Italia si vive male in un senso molto più ampio; non solo per questioni "materiali" ma anche per quelle "immateriali". C'è anche il disgusto per questa corruzione profonda, per questa inettitudine assurta a forma di governo, questa gestione della cosa pubblica indecente, la criminalità (organizzata e disorganizzata) e la sopraffazione dilagante, questo prevalere sistematico degli interessi di pochi a danno di molti (vedere il caso delle banche: la fanno sempre franca tutti...), l'arretratezza culturale che diventa etica pubblica (ad esempio l'ingerenza continua ed ottusa della Chiesa in tante questioni spiccatamente "laiche"), la burocrazia che soffoca ogni cosa, tutto è complicato, difficile, farraginoso, e via discorrendo.  

Molte persone cercano condizioni di vita decenti nel senso più profondo del termine. L'Italia è ferma al Concilio di Trento: magari si può anche accettare un lavoro umile all'estero anche se si posseggono tre lauree, ma almeno si può vivere al passo con i tempi del resto del mondo civile...

mercoledì 13 gennaio 2016

Il monopolio della disonestà

La politica italiana presenta un grado di squallore e di meschinità senza limiti. 

Invece di rammaricarsi per i tentativi di infiltrazioni malavitose in una forza politica (sia pure a livello locale), i politici italiani concorrenti a questa forza politica sghignazzano e se la godono: manco gli pare vero! 

Non voglio prendere le difese di alcun movimento politico, ma questi politici cinici e privi di qualsiasi vergogna sembrano dire: "siamo tutti uguali e nessuno è senza macchia: nessuno ha il monopolio dell'onestà". E questo confermerebbe, secondo questa teoria cinica e meschina, che la politica italiana è senza rimedio, senza possibilità di redenzione, senza speranza e che tutta la politica, ma proprio tutta, ha solo il monopolio inevitabile ed ineluttabile della disonestà.