lunedì 16 dicembre 2013

Orgogliosi di essere ignoranti

Cito il seguente aneddoto giusto per dare un segno dei tempi in cui viviamo.

L'altra sera mi trovavo a cena con degli amici: età media piuttosto altina, altrettanto per i redditi medi. Insomma si trattava di una tavolata fra persone tutto sommato benestanti (alcuni più di altri per la verità): le cosiddette persone "per bene".

Non so come è venuta fuori la questione, ma ad un certo punto si discuteva del panorama culturale contemporaneo. Personalmente affermavo che rispetto al Novecento, il nuovo secolo ancora non aveva prodotto qualcosa di realmente originale e caratteristico di questo nuovo secolo: in tutte le arti ancora si vive "di rendita" su quanto ha prodotto il novecento. Raccontavo inoltre che, quando vado in libreria, alla fin fine mi ritrovo a acquistare e poi leggere dei classici del passato: Joyce, Prust, i grandi scrittori russi e francesi, Kafka, Pessoa... Per non parlare poi degli scrittori italiani: in questo, affermavo, mi sembra che ci sia un certo deserto creativo.

Lo stesso mi sembra che accada per la musica o per le arti visive: anche il cinema mi sembra che soffra di una certa crisi di idee. Insomma affermavo che, da un punto di vista di creazione artistica, il XXI di fatto non sia ancora iniziato.

Ad un certo punto, visto l'imbarazzo generale dato che la maggior parte dei presenti sembrava non aver mai nemmeno sentito nominare alcuno degli scrittori o degli artisti che stavo citando, un mio amico è sbottato dicendo con un tono molto serioso:
" Io l'ultimo libro che ho letto, un bel po' di tempo fa, è stata la Settimana Enigmistica e solo per leggere le barzellette!"

In pratica sosteneva che arte, cultura, letteratura, opere d'arte ed architettoniche varie, sono solo cavolate inutili: comprare un libro è una perdita di tempo e di denaro. Andare in Toscana e magari visitare gli Uffizi è una cosa da deficienti. Lui e la compagna, diceva, vanno solo nelle Spa, nei ristoranti di lusso o a vedere negozi e centri commerciali. Andare a visitare i Musei Vaticani è una gigantesca perdita di tempo. Avere interessi che non riguardano le macchine, gli orologi, i cellulari, i tablet, i vestiti, i viaggi nelle mete più gettonate dai Vip è da scemi. Studiare poi, non ne parliamo. Tutte cavolate. Bisogna imparare a stare al mondo cercando di cavarsela fra furbizie, inganni e fregature: altro che Cicerone, i logaritmi, Kant e Manzoni. Bisogna imparare a conoscere le persone che contano, non il Latino o la letteratura inglese.

Il problema è che questa visione era ampiamente condivisa da quasi tutti i presenti. Nessuno legge un libro da anni, nessuno ha visitato una mostra o un museo dai tempi delle gite scolastiche. Tutti fanno i turisti, ma nessuno viaggia: nel senso che non si raggiunge una meta (anche) per visitare il patrimonio culturale locale, ma solo per magnare, farsi massaggiare, fare il bagno in piscina o al mare. Molti sono stati a Parigi solo per andare ad Eurodisney...

Il problema è che la cultura (come accrescimento personale) non può essere ostentata e comunque non può essere comprata perchè richiede un certo impegno personale: è più semplice comprare ed ostentare un grosso SUV. Ecco allora che la propria ignoranza, intesa come disprezzo per la conoscenza e la cultura, è un qualcosa che può essere ostentato: diventa motivo di vanto anche perchè il "sapere" in Italia non premia. Anzi: il contrario.

Orgogliosi quindi di essere ignoranti.


giovedì 5 dicembre 2013

Ah! Ah! Ah!

La recente sentenza della Corte Costituzionale circa l'incostituzionalità di alcuni parti non proprio secondarie dell'attuale legge elettorale lascia a dir poco perplessi.

Dopo tutti questi anni salta fuori che abbiamo "scelto" (si fa per dire) i nostri rappresentanti al Parlamento con una procedura irregolare. Il risultato sarebbe: parlamentari illegittimi, leggi illegittime, compensi enormi erogati a persone che non erano legittimate a riceverli. Questo stesso parlamento illegittimo ha pure scelto l'attuale presidente della repubblica:  ergo...

In breve, qualora ce ne fosse stato bisogno, si conferma ancora una volta la totale ciarlataneria del nostro sistema politico, il pressappochismo e l'improvvisazione come forma di gestione della cosa pubblica, l'illegittimo che diventa legittimo. E' proprio vero che questa è la terra di Pulcinella e di Arlecchino, della commedia dell'Arte e del Melodramma "ove tutto è un falso". 

Quando guardo in TV nei talk show questi signori o leggo i loro blabla sui giornali il tutto ammantato da una rispettabilità e serietà e professionalità che non hanno pressochè mai, mi viene da ridere a crepapelle. Ridicoli...

La democrazia in Italia è morta e sepolta da un pezzo: la corte costituzionale ha di fatto decretato questo. Qualsiasi gruppo di imbecilli, privo della benchè minima competenza giuridica, può fare quello che vuole per un bel pezzo prima di essere scoperto. Ed il bello è, come ci insegna ormai un'esperienza pluridecennale, nulla accadrà di sostanziale. Nessuno è mai responsabile di nulla: a meno che non sei un poveraccio che per sopravvivere ti tocca mettere in tasca un salame in un supermarket. Allora sono guai!

Ma per queste persone che non solo hanno devastato il tessuto produttivo reale (parlo delle imprese vere non i manager delle finanziarie e i consulenti finanziari) ma anche i fondamenti della convivenza civile alla base di una società decente, tutto è permesso. 

Signori belli! Sedete in parlamento senza averne diritto e poi imponete sacrifici enormi alla povera gente onesta senza nemmeno prevedere il benchè minimo sacrificio per voi stessi. Ma a che titolo state facendo tutto questo? Ma chi diavolo siete? Da dove siete venuti fuori? Chi vi ha autorizzato a fare quello che state facendo? Ma chi vi conosce?

Ridicoli. E' tutto veramente ridicolo...

Ah! Ah! Ah! Ah! Che ridere...

giovedì 28 novembre 2013

Non facciamoci illusioni

Quello che sta accadendo in Italia in questi giorni evidenzia, qualora ancor ce ne fosse bisogno, quanto difficile, lento e farraginoso sia il cambiamento. 

L'Italia è una terra dove è estremamente difficile cambiare, progredire, andare avanti. Il "vecchio" non molla mai: in tutti i sensi. Quello che si verifica a livello delle grandi istituzioni statali si ripropone e si ripercuote su tutti i livelli della società. 

Un passo indietro qui non lo fa mai nessuno perchè una volta occupata una posizione (soprattutto se presenta notevoli privilegi) non la si molla più, che la si meriti o meno, che lo dica uno o più giudici, che ci siano sentenze.

Il problema serio in Italia consiste però nel fatto che questo"vecchio" non si materializza solo in aspetti anagrafici o nelle persone, ma soprattutto nelle mentalità, nei comportamenti, nell'etica. 

Non è che rimosso Tizio dal parlamento, il suo "tizismo", come modello di comportamento, verrà meno come stile condiviso da ampi strati della società. Le pessime abitudini sono difficili da sradicare e ci vorranno molti anni ed alcune generazioni prima che una pagina nuova nella storia di questa iellatissima terra potrà essere scritta. 

Chi oggi gioisce e chi si arrabbia, chi festeggia e chi sbraita per la democrazia offesa, può stare tranquillo perchè entrambi si ingannano: non c'è nulla da festeggiare e non c'è nulla per cui arrabbiarsi. Non c'è nulla. 

Come sempre in Italy si respira sempre un'aria di farsa, da commedia dell'arte: oggi come sempre.

Non facciamoci illusioni. Nulla cambia e nulla cambierà in questa lenta agonia...


lunedì 25 novembre 2013

Una società a pezzi

Durante questi ultimi anni grande è stata l'attenzione nei confronti degli effetti della crisi e della recessione sull'economia e sul tessuto delle imprese in Italia. Ritengo che sia tuttavia importante riflettere, per non dimenticare, sugli effetti di questi decenni sulla società italiana.

Intendo dire che a fronte della dismissione e smantellamento di numerose realtà produttive, bisogna registrare un altrettanto smantellamento della società e delle sue componenti. 

Ormai per tutti, per lo meno per tutte le persone che possono definirsi in qualche modo "oneste", non vi sono più punti di riferimento di alcun genere. La devastazione della scuola, dell'università e della ricerca, la demolizione dei servizi sociali, sono di fatto accompagnati dalla distruzione delle relazioni sociali. Non si tratta più di una contrapposizione fra individualismo e solidarismo, ma di un "deserto" sociale e relazionale di proporzioni preoccupanti.

Pensare oggi di costruire una famiglia, sotto qualsiasi etichetta, è un'operazione complessa e costosa che scoraggia la maggior parte dei giovani e dei non-più-proprio-così giovani.  Senza la possibilità di avere una casa (di proprietà o in affitto) e senza mezzi di sussistenza, la famiglia è un lusso sempre più riservato a pochi. 

Idem per avere dei figli. I figli costano e se ci si deve barcamenare in mille difficoltà, allora è meglio rinunciare. Oltrettutto senza servizi sociali, con le scuole in condizioni drammatiche, con città invivibili fatte di quartieri sorti solo sull'avidità di palazzinari e politici, avere dei figli vuol dire imbarcarsi in un'impresa rischiosissima.

Quando poi non ci sono prospettive per il futuro, allora la famiglia ed i figli sono solo "un peso". In realtà il problema più grande è proprio questo: è stata distrutta l'idea di "prospettiva". Oggi pensare in maniera tridimensionale (aggiungendo profondità alla propria esistenza) è diventato sempre più difficile e più raro da riscontrare. E' questa carenza che, secondo me, si pone alla base di quel sentimento diffuso di resa e rassegnazione che ci circonda tutti. 

Non c'è futuro, non c'è un domani di lungo respiro: c'è solo la sopravvivenza quotidiana in mezzo ad uno squallore  che non ha pari nella nostra Storia. In uno scenario del genere, tutto perde di senso.

Questa classe politica dovrebbe pertanto essere considerata criminalmente colpevole non solo di aver dissipato, e di dissipare tuttora, enormi risorse economiche solo per autoperpetuarsi, ma anche di aver sterilizzato l'intera società. Non solo hanno distrutto migliaia di imprese, ma hanno distrutto relazioni sociali e la stessa società italiana. E mentre questo accedeva, e sta ancora accadendo, continuano a saccheggiare risorse economiche, storiche, ambientali, sociali ed umane solo per difendere questa situazione miserabile che qualcuno chiama "status quo". 

Spesso mi chedo: ma questa gente è amdata mai a farsi due passi nelle periferie, nelle campagne, in un pronto soccorso, in una scuola elementare... (senza scorta ed in incognito però se no non vale... )? Così: tanto per farsi un'idea della realtà.

La cosiddetta legge di stabilità dovrebbe prevedere anche una parallela legge di stabilità sociale. Da decenni non vi è nulla, assolutamente nulla, che miri alla tutela di quelle strutture che tengono insieme una società. Abbiamo campato di rendita per anni: ora non c'è più nulla che permetta di campare a sbafo di qualcun altro.

Come ho già scritto altre volte, questi individui non hanno nè le capacità nè tantomeno l'intenzione di tutelare le strutture  e le realtà dell'economia reale. Meno che mai quella di salvare la società italiana nel suo insieme. Ci vorrà un tempo lunghissimo e molte generazioni prima di poter solo pensare di ricostruire tutto quello che si sta distruggendo oggi.

La speranza è l'ultima a morire, ma alla fine anche la speranza muore.

mercoledì 23 ottobre 2013

Un libro di testo scolastico

Mio figlio frequenta il secondo anno del Liceo Scientifico. L'altro giorno, studiando storia dell'arte, mi ha fatto notare alcuni passi del suo libro di testo di Storia dell'Arte. Ritengo che sia utile condividere queste riflessioni per, quantomeno, tentare di comprendere la profondità dell'abisso in cui siamo precipitati.

Riporto le testuali parole per non essere frainteso. Segnalo inoltre che il libro può essere visualizzato in questo link. Il testo in questione si intitola "Itinerario nell’arte, Dall’arte paleocristiana a Giotto, Versione arancione". Gli autori sono Giorgio Cricco e Francesco Di Teodoro. Editore Zanichelli.

Il paragrafo relativo all'arte paleocristiana si apre con queste parole (il grassetto è mio):

"Del cristianesimo si è avuto più d’una volta occasione di parlare. Il credo cristiano, da religione semplicemente tollerata alla stregua di tante altre, ebbe una diffusione così capillare da diventare, in seguito al Concilio di Nicèa (325), religione ufficiale dell’impero e, nel 380, addirittura unica religione ammessa nello Stato. Questo, però, non vuol dire che il paganesimo cessasse in quel momento di esistere; anzi, continuò a sopravvivere a lungo, soprattutto nelle campagne, almeno fino a circa il VI-VII secolo. Conviene ricordare a tal proposito che, non a caso, il termine pagano deriva dal latino pàgus, villaggio, i cui abitanti (i contadini, appunto), sempre restii a ogni mutamento, lo furono anche nell’ambito della religione tradizionale e dei suoi riti."

La raffigurazione di questi contadini "sempre restii ad ogni mutamento" è così naive da rendere difficile qualsiasi commento. La mancanza di una qualsiasi analisi storica degna di questo nome, spinge di fatto a produrre un mero pregiudizio di una superficialità a di poco sorprendente. Che dire di un'intera classe senatoriale (Simmaco e Pretestato in testa - non stiamo parlando di contadini) che tentava in tutti i modi di salvare, insieme ad una tradizione millenaria, la stessa integrità politica ed etica dello Stato e della Società Romana? Non viene il dubbio agli autori che il termine Pagus si riferisca, oltre che al "villaggio", anche a qualcosa di più complesso? Sono stati scritti fior di saggi sul significato reale di "pagano": io li ho letti, lo facessero anche loro... Tanto per farsi un pochino di cultura P. Chuvin "Cronaca degli ultimi pagani", Paideia Editore (giusto per citare un titolo...)

Ma poi il paragrafo continua:

"I cristiani, lo si è già visto, saranno gli unici eredi della vera mentalità romana. Il cristianesimo, quindi, poté divenire potente anche perché da religione rivoluzionaria (addirittura pericolosa e fonte di problemi per la sicurezza dell’impero, dal momento che, conformemente alla fede, rifiutava di riconoscere la natura divina dell’imperatore), aveva pian piano accettato la concezione romana dello Stato. Nel IV secolo, addirittura, grazie alla sua organizzazione e alla sua ricchezza, si presentava come l’unica forza capace di dargli vitalità e di ereditarne le funzioni. La storia del cristianesimo, dunque, finisce per confondersi con quella stessa di Roma e anzi ne diventa, di fatto, parte integrante."

Anche in questo caso si riportano idee e concetti anti-storici. Questi sono solo pre-giudizi privi di qualsiasi fondamento storico. Il cristianesimo non è mai stato, e mai lo sarà, in continuità con la Tradizione Romana. Non lo era all'epoca, figuriamoci oggi. Il cristianesimo ha sempre lavorato per sgretolare la mentalità romana e la sua etica. Etica Romana ed etica cristiana non hanno alcun punto in comune. Nessuno. Questo deve essere ben chiaro, altrimenti si rischiano dei frantendimenti colossali come hanno fatto questi esimi studiosi.

Il cristianesimo è stato di fatto una soluzione violenta, irrazionale e spesso folle con una tradizione che era ben più antica di quella Romana. Roma ne aveva tenuto il testimone, un testimone che è andato perduto con l'avvento del cristianesimo. Il fatto che la chiesa cristiana si sia impossessata con la violenza il più delle volte dei riti, dei luoghi, dei culti, del linguaggio, degli emblemi della tradizione romana non significa che li abbia accettati: è stata un'usurpazione, un saccheggio culturale. La sovrapposizione delle festività cristiane su quelle romane è solo servito a far digerire alle persone un credo che di fatto non riuscivano a digerire. Lo stesso è avvenuto con le chiese cristiane che spesso erano costruite fisicamente sopra  i templi per scacciare l'antico e imporre il nuovo sugli stessi siti. Il cristianesimo è stato imposto con la forza contro la volontà di milioni di uomini e donne (e queste ultime hanno pagato il prezzo più alto di questa allegra conversione).

Questi sono fatti storicamente documentati e facilmente accessibili anche ad un pubblico di non addetti ai lavori. Possibile che si debba ancora sentire queste favole prive di qualsiasi fondamento? Nel 2013 siamo ancora con i luoghi comuni degli Indiani cattivi ed i cowboys buoni? Ma andiamo!

Il paragrafo prosegue:


"D’altra parte, gli artisti e gli artigiani che lavoravano per i cristiani e per i pagani erano gli stessi (e non avrebbe potuto essere diversamente). Non c’è, quindi, discontinuità fra arte romana e arte cristiana".

Anche questa è un'affermazione antistorica di un'ingenuità sconcertante. Che gli artisti o gli artigiani potesero essere gli stessi non significa nulla e non garantisce continuità fra le due arti. Infatti la discontinuità fu totale e soffertissima perchè il sistema di valori di riferimento non poteva essere più divergente. 
Non essendoci alcuna possibilità di contatto fra l'etica romana e l'etica cristiana (meno che mai fra le due religioni - anche se è una forzatura parlare di Religione Romana in senso moderno) non vi era alcun momento di contatto fra le espressioni artistiche che materializzavano tali valori. Il discorso sugli "artisti" è oltretutto molto sottile. Basta pensare che, anche questo è storicamente documentabile, molti artisti o architetti tradizionali tentarono di celare nelle realizzazioni fatte su commissione della nuova religione (la maggior parte dei suoi esponenti erano totalmente ignoranti su queste tematiche da iniziati) molti simboli ed espressioni della tradizione "antica". Molte basiliche romaniche infatti molto spesso altro non sono che templi camuffati ove è fin troppo facile comprendere a quali divinità queste basiliche furono dedicate. Molto spesso poi nelle raffigurazioni della madonna facilmente possiamo ritrovare l'immagine di Iside, della Bona Dea, della Magna Mater, di Cibele o di Cerere. Il tutto per far sopravvivere in qualche modo i culti antichi non perchè non c'erano altri artigiani in circolazione. Come si fa ad essere così ingenui? Ma pensano veramente che quei secoli di transizione siano stati un periodo di rose e fiori?

Non parliamo poi dell'arte gotica ove tutta questa simbologia ermetica è fin troppo evidente... Mai letto Fulcanelli?

Andiamo avanti...
"Soprattutto durante i primi due secoli dalla nascita di Cristo l’unica differenza fra arte pagana e cristiana va còlta nel diverso valore simbolico che i cristiani attribuivano a certe raffigurazioni. Infatti, se una qualunque scena di vendemmia, con la rappresentazione di viti e grappoli d’uva, per un pagano non era altro da quello che mostrava di essere, per un cristiano,invece, si caricava di valori simbolici (...) Allo stesso modo la raffigurazione di un pesce per un pagano altro non era che quella di un animale acquatico, mentre per il cristianocostituiva il simbolo stesso del Cristo.(...) E ancora, un pastore con le pecore è, per un pagano, parte di una scena agreste, per un cristiano raffigura Gesù Buon Pastore, o un uomo con le braccia sollevate rappresenta un orante che si pone nella stessa posizione di Cristo sulla croce e un pavone non è solo un uccello che rallegra una pittura di giardino o decora un colombario pagano, ma simbolo di eternità, mentre la fenìce, un uccello mitologico che rinasce dalle sue ceneri, è simbolo della resurrezione di Gesù."

Ma stiamo scherzando? 

In questo caso ai pregiudizi privi di qualsiasi fondamento si sommano espressioni che denunciano la totale ignoranza sulla materia. La complessità del simbolismo antico - che si accompagna alla complessità della declinazione dei miti - è fin troppo nota. Che i simboli esprimessero ciò che non si poteva esprimere con parole, che aprissero un mondo "altro" irraggiungibile ai profani, tutto ciò è "pane quotidiano" per un qualsiasi Cultor e Cultrix.

Tutta la letteratura sulla simbologia antica e sacra viene buttata a mare in un attimo: Frazer e Kerenyi, Dumezil, Guenon e Eliade... l'elenco è fin troppo lungo. 

Non pretendo che questi signori abbiano una conoscenza sia pur superficiale di Giamblico, Proclo, Porfirio, Libanio, Nonno di Panopoli o Plotino (per non parlare dei Pitagorici!), ma affermare delle sciocchezze simili è fuori dalla portata di un qualunque estimatore della cultura antica, figuriamuci di un Cultor o di una Cultrix. Citare poi i primi due secoli della nascita di cristo è un tirare ad indovinare che porta ad ulteriori errori: in quel periodo infatti il cristianesimo era una setta molto poco diffusa che non possedeva una simbologia propria. Tanto per dirne una: lo sanno questi esimi professori che la croce è un simbolo pagano molto, ma molto più antico di quanto riescano ad immaginare? E lo sanno questi signori che la croce venne adottata dai cristiani in un'epoca relativamente recente? E lo sanno che sulle chiese, fino al medioevo avanzato, sulle chiese vi era un gallo (simbolo di Mercurio) e non una croce? Ma conoscono il valore sacro e simbolico della geometria?

Citare a vanvera la vite (simbolo dionisiaco complessissimo di cui ho parlato anche su questo blog) o il pavone o la fenice è un autogol magistrale... chiunque mastichi un minimo di cultura romana conosce perfettamente il significato di questi simboli... Ma questi professori non lo sanno. 

E allora mi chiedo: secondo questi signori che cosa può essere il caduceo? Un bastone di legno con due serpenti attorcigliati così a casaccio? Un gioco di società? Una bizzarra rappresentazione di fantasia? Una marca greca di medicine?
 
Con poche parole liquidano di fatto millenni di cultura, simboli, miti, tradizioni, valori. Siamo proprio nell'età oscura, nell' "età ultima" (Kali Yuga) in cui tutto ciò che è "superiore" diviene incomprensibile...
 
Faccio molta fatica a commentare queste affermazioni. Ritengo che sia molto grave e pericoloso reperirle su un libro di testo destinato alla formazione scolastica. Non si può creare cultura su queste basi e non si può pretendere che i ragazzi e le ragazze studino queste sciocchezze prive di fondamento storico. Come possono apprendere qualcosa se chi insegna non "sa"?

Si generano, nella migliore delle ipotesi, delle visioni ed opinioni totalmente distorte e prive di qualsiasi legame con la realtà. Si contribuisce a creare generazioni di persone che sono del tutto incapaci di apprezzare e comprendere il significato dell'arte antica, con la sua simbologia ed il suo messaggio più vero e profondo.

Non si può scrivere sui libri di testo quello che ci pare o la prima cosa che ci passa per la testa o, peggio, quello che ci fa più comodo.  

Penso che imparare male sia peggio che non imparare affatto.

Mi meraviglio che un testo di una così scarsa qualità sia stato pubblicato da un editore piuttosto importante ed adottato dalla scuola. Tutto questo dimostra solo il basso profilo di tutta la filiera culturale in Italia.

Abbiamo il diritto ed il dovere di opporci fermamente contro queste espressioni becere di pregiudizio, superficialità e assenza di rigore scientifico. Concludo asserendo che personalmente mi batterò, in tutte le sedi cui avrò accesso, per denunciare pubblicamente queste sciocche aberrazioni che nulla hanno a che vedere con una cultura degna di questo nome.


Rimetto poi al giudizio dei lettori ogni ulteriore commento a riguardo.

venerdì 18 ottobre 2013

The End

E' da un po' di tempo che vado scrivendo su questo blog circa il collasso definitivo ed irreparabile dell'Italia. Mi sono fatto questa convizione non tanto attraverso studi o ricerche: non ho elaborato dati, statistiche ed indici. Ho maturato questa convinzione semplicemente girando per le strade e per le piazze, ascoltando quello che la gente dice e non dice, osservando quello che la gente fa e non fa. Insomma si tratta di una prospettiva totalmente empirica "in vivo" che tiene conto del comportamento della gente comune, le loro visioni: è la realtà in cui io stesso, con la mia famiglia sono immerso nella nostra quotidianità.

E' sostanzialmente quello che manca a qualsiasi politico italiano: non hanno la benchè minima idea della situazione del tessuto sociale, etico ed economico di questa sfortunatissima terra. O, se lo sanno, si girano dolosamente da un'altra parte. Vivendo chiusi nelle loro logiche, nelle loro stanze e nei loro uffici non sanno nulla di nulla. La realtà prospettata dagli esperti poi è un po' come i rendering degli architetti: illusioni. E su queste illusioni i politici elaborano le loro complicatissime manovre.

La totale assenza di un sia pur pallido collegamento con la realtà aggrava la già scarsa qualità umana della classe dirigente italiana: formichine intente solo a saccheggiare tutto il possibile.

Da qualche tempo circola il post di Roberto Orsi che incollo qui di seguito. Il testo originale è su questo link.

Che dire? Mi sembra un'immagine anche un tantino riduttiva della situazione perchè la realtà è di gran lunga più grave e più seria di quanto da lui descritto. 

Non parla mai del fardello della criminalità organizzata, che di fatto ha il controllo di gran parte della società, della politica e dell'economia nazionale. 

Non parla dell'evasione fiscale, del sommerso e dell'economia dei sotterfugi che non hanno solo implicazioni economiche, ma sono espressioni di un vero e proprio mudus vivendi del Made in Italy. 

Non parla della violenza fisica e psicologica cui siamo tutti allo stesso tempo sottoposti ed artefici in un modo o nell'altro: stretti fra ricatti, clientele, favori e scambi di ogni genere. 

Non parla della distruzione sistematica del paesaggio, delle risorse naturali, del patrimonio artistico-archeologico, della devastazione delle risorse culturali e cognitive (know-how, saperi, competenze,ecc...). 

Non parla dell'avvelenamento definitivo di tanti territori italiani, fatto sotto gli occhi di tutti con il beneplacito di tutti. 

Non parla della deriva della scuola pubblica e della pagliacciata del circo delle università italiane. 

Non parla dell'ignoranza degli italiani che ha ormai raggiunto livelli tali da diventare un vero e proprio strumento di controllo di massa.

Non parla della sorte delle donne in Italia, strette fra botte e coltellate e la mignottaggine zoccoloide pigmentosa del berlusconismo.

Non parla del fatto che alla fine sono le donne italiane che rimpiazzano il walfar state in ritirata.

Non parla della considerazione nulla che ha l'infanzia nel nostro Paese (i poppanti non votano...).

Non parla dell'invecchiamento patologico, non solo anagrafico, della società italiana.

Non parla della totale invivibilità delle nostre città che diventano alla fine fucine di depressi e frustrati (e anche criminali).

Non parla dell'immoralità diffusa e radicata in ampi settori della società italiana: si tratta di mentalità, comportamenti e visioni saldamente innestati nelle coscienze della cosiddetta gente comune. Uno spaventoso deficit etico che di fatto spiega la strizzatina d'occhio che politica e società si fanno in continuazione da decenni: "tu lasciami in pace che io ti lascio in pace e poi ti voto"

Non parla del "chiagni e fotti" ormai sinonimo del più autentico "Made in Italy".

E poi il Vaticano: meglio glissare...

Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampate terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale. Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%. Peggiorerà.
Il governo sa perfettamente che la situazione è insostenibile, ma per il momento è in grado soltanto di ricorrere ad un aumento estremamente miope dell’IVA (un incredibile 22%!), che deprime ulteriormente i consumi, e a vacui proclami circa la necessità di spostare il carico fiscale dal lavoro e dalle imprese alle rendite finanziarie. Le probabilità che questo accada sono essenzialmente trascurabili. Per tutta l’estate, i leader politici italiani e la stampa mainstream hanno martellato la popolazione con messaggi di una ripresa imminente. In effetti, non è impossibile per un’economia che ha perso circa l’8 % del suo PIL avere uno o più trimestri in territorio positivo. Chiamare un (forse) +0,3% di aumento annuo “ripresa” è una distorsione semantica, considerando il disastro economico degli ultimi cinque anni. Più corretto sarebbe parlare di una transizione da una grave recessione a una sorta di stagnazione.
Il 15% del settore manifatturiero in Italia, prima della crisi il più grande in Europa dopo la Germania, è stato distrutto e circa 32.000 aziende sono scomparse. Questo dato da solo dimostra l’immensa quantità di danni irreparabili che il Paese subisce. Questa situazione ha le sue radici nella cultura politica enormemente degradata dell’élite del Paese, che, negli ultimi decenni, ha negoziato e firmato numerosi accordi e trattati internazionali, senza mai considerare il reale interesse economico del Paese e senza alcuna pianificazione significativa del futuro della nazione. L’Italia non avrebbe potuto affrontare l’ultima ondata di globalizzazione in condizioni peggiori. La leadership del Paese non ha mai riconosciuto che l’apertura indiscriminata di prodotti industriali a basso costo dell’Asia avrebbe distrutto industrie una volta leader in Italia negli stessi settori. Ha firmato i trattati sull’Euro promettendo ai partner europei riforme mai attuate, ma impegnandosi in politiche di austerità. Ha firmato il regolamento di Dublino sui confini dell’UE sapendo perfettamente che l’Italia non è neanche lontanamente in grado (come dimostra il continuo afflusso di immigrati clandestini a Lampedusa e gli inevitabili incidenti mortali) di pattugliare e proteggere i suoi confini. Di conseguenza , l’Italia si è rinchiusa in una rete di strutture giuridiche che rendono la scomparsa completa della nazione certa.
L’Italia ha attualmente il livello di tassazione sulle imprese più alto dell’UE e uno dei più alti al mondo. Questo insieme a un mix fatale di terribile gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione onnipresente, burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento e inaffidabile d’Europa, sta spingendo tutti gli imprenditori fuori dal Paese . Non solo verso destinazioni che offrono lavoratori a basso costo, come in Oriente o in Asia meridionale: un grande flusso di aziende italiane si riversa nella vicina Svizzera e in Austria dove, nonostante i costi relativamente elevati di lavoro, le aziende troveranno un vero e proprio Stato a collaborare con loro, anziché a sabotarli. A un recente evento organizzato dalla città svizzera di Chiasso per illustrare le opportunità di investimento nel Canton Ticino hanno partecipato ben 250 imprenditori italiani.
La scomparsa dell’Italia in quanto nazione industriale si riflette anche nel livello senza precedenti di fuga di cervelli con decine di migliaia di giovani ricercatori, scienziati, tecnici che emigrano in Germania, Francia, Gran Bretagna, Scandinavia, così come in Nord America e Asia orientale. Coloro che producono valore, insieme alla maggior parte delle persone istruite è in partenza, pensa di andar via, o vorrebbe emigrare. L’Italia è diventato un luogo di saccheggio demografico per gli altri Paesi più organizzati che hanno l’opportunità di attrarre facilmente lavoratori altamente, addestrati a spese dello Stato italiano, offrendo loro prospettive economiche ragionevoli che non potranno mai avere in Italia.
L’Italia è entrata in un periodo di anomalia costituzionale. Perché i politici di partito hanno portato il Paese ad un quasi collasso nel 2011, un evento che avrebbe avuto gravi conseguenze a livello globale. Il Paese è stato essenzialmente governato da tecnocrati provenienti dall’ufficio del Presidente Repubblica, i burocrati di diversi ministeri chiave e la Banca d’Italia. Il loro compito è quello di garantire la stabilità in Italia nei confronti dell’UE e dei mercati finanziari a qualsiasi costo. Questo è stato finora raggiunto emarginando sia i partiti politici sia il Parlamento a livelli senza precedenti, e con un interventismo onnipresente e costituzionalmente discutibile del Presidente della Repubblica , che ha esteso i suoi poteri ben oltre i confini dell’ordine repubblicano. L’interventismo del Presidente è particolarmente evidente nella creazione del governo Monti e del governo Letta, che sono entrambi espressione diretta del Quirinale. L’illusione ormai diffusa, che molti italiani coltivano, è credere che il Presidente, la Banca d’Italia e la burocrazia sappiano come salvare il Paese. Saranno amaramente delusi. L’attuale leadership non ha la capacità, e forse neppure l’intenzione, di salvare il Paese dalla rovina. Sarebbe facile sostenere che Monti ha aggravato la già grave recessione. Letta sta seguendo esattamente lo stesso percorso: tutto deve essere sacrificato in nome della stabilità. I tecnocrati condividono le stesse origini culturali dei partiti politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi alle loro posizioni attuali: è quindi inutile pensare che otterranno risultati migliori, dal momento che non sono neppure in grado di avere una visione a lungo termine per il Paese. Sono in realtà i garanti della scomparsa dell’Italia.
In conclusione, la rapidità del declino è davvero mozzafiato. Continuando su questa strada, in meno di una generazione non rimarrà nulla dell’Italia nazione industriale moderna. Entro un altro decennio, o giù di lì, intere regioni, come la Sardegna o Liguria, saranno così demograficamente compromesse che non potranno mai più recuperare. I fondatori dello Stato italiano 152 anni fa avevano combattuto, addirittura fino alla morte, per portare l’Italia a quella posizione centrale di potenza culturale ed economica all’interno del mondo occidentale, che il Paese aveva occupato solo nel tardo Medio Evo e nel Rinascimento. Quel progetto ora è fallito, insieme con l’idea di avere una qualche ambizione politica significativa e il messianico (inutile) intento universalista di salvare il mondo, anche a spese della propria comunità. A meno di un miracolo, possono volerci secoli per ricostruire l’Italia."

martedì 8 ottobre 2013

Tasse: il Principe Giovanni e lo Sceriffo di Nottingham

Non si parla d'altro. In Italia siamo sommersi dalle tasse: imposte dirette, imposte indirette, gabelle di ogni genere, tasse nascoste ed occulte.

Anche un bambino in età prescolare sa benissimo che se uno i soldi in tasca non ce li ha, difficilmente potrà spendere per comprare qualcosa. L'aumento dell'IVA è l'ennesima strategia del Principe Giovanni Senza Terra: strozzare i soliti per mandare avanti la corte...

Ed è proprio questo il problema nazionale. Abbiamo tanti debiti, bisogna fare sacrifici, Vabbè. C'è una spaventosa evasione fiscale e la criminalità organizzata che divorano tutto. Bisogna che qualcuno li cacci questi soldi. 

In tutto questo ci sono tante cose insopportabili. Più insopportabili del fatto stesso di pagare le tasse. Il problema è che poi l'umanità di sciacalli ed avvoltoi che occupa tutti i ruoli e ruolini dello Stato, dell'amministrazione pubblica, si impossessa di questi soldi e poi alla fin fine li "spreca". Li "spreca" solo in apparenza, perchè in realtà olia sè stessa. Gli scandali e le truffe che quotidianamente scandiscono la cronaca italiana stanno a lì a dimostrare proprio questo. E sono talmente tanti e noti a tutti questi benedetti scandali, che alla fine non ci fa più caso nessuno. Siamo abituati a farci fregare, anche perchè in Italia, tutti siamo allenati a fregare e ad essere fregati.

Insomma paghiamo un mare di tasse per non avere nulla in cambio. Se fossimo in Svezia, tanto per fare un esempio, pagheremo comunque molte tasse, ma almeno avremo dei servizi in cambio. Qui nulla. Gli ospedali sono allo sbando, le scuole sono pericolanti, le ferrovie inaffidabili: le nostre strade fanno pena, il territorio si sfalda sotto i nostri piedi, il degrado è ovunque. E allora: che fine fanno tutti questi soldi?

Servono per pagare l'enorme debito pubblico, mi si dirà. Ma poichè questo debito non si finisce mai di pagarlo, vuol dire che stiamo mettendo acqua in un secchio bucato. Effettivamente l'evasione fiscale è una tassa in più che si paga. La stessa corruzione deve essere considerata una tassa supplementare.

Qualsiasi opera pubblica in Italia costa molto, ma molto di più rispetto ad un qualsiasi altro Paese "decente" (altro che civiltà...). Questo perchè bisogna pagare tutti i gangli ed i tentacoli di questo enorme virus che è rappresentato dalla summenzionata umanità. Il problema non è la quantità della spesa pubblica, ma la sua effettiva qualità. L'Italia non spende più di altri Paesi, spende male, molto male. Ma su questo aspetto nessuno ha la minima intenzione di intervenire.

Ma di cosa ci lamentiamo poi? Li abbiamo votati noi questi signori e queste signore!

La dimensione dei problemi in ballo è tale che pensare di risolvere qualcosa con qualche tagliettino qui o là, con qualche tassa in più o in meno, significa essere sciocchi o in malafede. Servono azioni talmente complesse, profonde e sgradevoli che nessuno avrà mai l'intenzione di adottarle per paura di risultare impopolare. E allora temiamoci il principe Giovanni e la sua costosissima corte di vassalli ben sapendo che qui non c'è nessun Robin Hood ed  il Re Riccardo Cuor di Leone non arriverà mai dalla Terra Santa per salvarci dallo sceriffo di Nottingham.

mercoledì 18 settembre 2013

Uomini e Topi: lo "Squallorismo"

Prendo spunto dal titolo di un arcinoto libro di Steinbeck per mettere nero su bianco alcune riflessioni che mi sono venute in mente mentre camminavo per strada. Guardandomi intorno non ho potuto non notare, dal comportamento normale dei cittadini normali, come oramai gran parte delle azioni delle persone siano ispirate esclusivamente da tre principi di riferimento: vigliaccheria, paura, interesse personale. 

Dietro ogni azione o pensiero spesso si nasconde una o peggio due o, peggio ancora, tutte e tre queste virtù ormai spiccatamente italiche. La totale assenza di qualsiasi sentimento di responsabilità verso il prossimo, la collettività o talvolta anche verso sè stessi (non mancano esempi di azioni totalmente stupide che danneggiano tutti, anche gli stessis stupidi che le compiono), è il degno risultato di tutto questo.

Un esempio lampante è il degrado assoluto del territorio italiano. Un degrado che ad esempio investe l'ambiente (in alcuni macroscopici casi anche con effetti drammatici sulla salute delle persone) e che spesso non cade dal cielo perchè compiuto magari dagli extraterrestri. Il degrado ambientale di un territorio non può essere effettuato senza la complicità di chi vive ed amministra quel territorio. Tutti sanno tutto in Italy ma si tace per vigliaccheria, paura, interesse personale.

Per non parlare poi del patrimonio artistico e culturale spesso vittima dell'ignoranza, dell'apatia e della furia devastatrice della popolazione locale. Quando vedo una necropoli etrusca trasformata in una discarica vedo solo vigliaccheria, paura, interessi personali che prevalgono su tutto.

Le nostre orribili città poi! La materializzazione urbanistica ed architettonica della vigliaccheria, della paura, dell'interesse personale.

Subiamo e perpetriamo a nostra volta soprusi e abusi di ogni genere per vivere e sopravvivere in questa giungla: abusi e soprusi piccoli e grandi. Ma taciamo sempre per paura (non si può mai sapere con chi si ha a che fare), vigliaccheria (meglio farsi i cavoli propri e magari mandare avanti gli altri), interesse personale (se lasci perdere è meglio...).

I giovani? Ma già all'asilo imparano che in questo contesto si può sopravvivere solo grazie ad una discreta dose di vigliaccheria, paura e cura esclusiva degli affaracci propri: famiglia e scuola oggi forgiano quindi generazioni di furbi vigliacchi. Oltretutto ignoranti perchè la cultura collide con tutto questo....

La politica italiana, a livello locale e nazionale, è la massima manifestazione plastica di queste tre virtù. Se si ascolta un politico parlare non è possibile non notare immediatamente che esprime paura, vigliaccheria e tutela dei cavoli propri. Anzi è proprio la politica recente che ha trasformato la vigliaccheria, la paura e l'interesse personale in una forma di governo e autentico lifestyle. Viva il Made in Italy!

Il senso di comunità, la solidarietà, il coraggio, il rispetto di sè e degli altri, il senso della vergogna, della dignità e della decenza hanno abbandonato questi tristi lidi. E non mi si venga a tirare in ballo la chiesa che è la causa prima che ha instillato queste virtù in questa parodia di società. 

La sommatoria della vigliaccheria, paura e interesse personale è lo "Squallorismo", come espressione di uno squallore estremo portato a stile di vita e di gestione della cosa pubblica, che può essere rappresentato come nella figura seguente.



Questa figura evidenza delle "intersezioni" critiche. L'intersezione fra ineresse personale e vigliaccheria genera la furbizia. L'intersezione fra la paura fra la vigliaccheria produce l'inerzia sociale e de-responsabilizzazione. L'interesse personale e la paura spingono le persone a vivere ispirandosi solo al mero istinto di sopravvivenza. Da un punto di vista scientifico quindi lo Squallorismo è per la precisione la somma della furbizia, dell'inerzia, della fuga dalla responsabilità e dell'istinto di sopravvivenza. 


Contro la furbizia o l'inerzia o il becero istinto di sopravvivenza è possibile intervenire in qualche modo. Ma quando queste dimensioni si sovrappongono simultaneamente allora è veramente difficile intervenire. Lo Squallorismo diventa un principio cui si ispira l'intera società e la politica che alimenta continuamente la vigliaccheria, la paura e gli interessi personali.

Conclusioni. Non c'è più nulla da fare qui. In Italia ormai è finita.

mercoledì 11 settembre 2013

Forza Landini!

Tutto ciò che ruota intorno alla politica italiana è ormai contaminato da livelli di ridicolo che non hanno riscontri a livello itnernazionale. Siamo diventati una terra di pagliacci a livelli tali che nessuno, oltre le Alpi o la di là del Mediterraneo, è in grado di capire quanto ridicoli siano i nostri politici e la società che li esprime. 

Il risultato di tutto questo è la distruzione del tessuto istituzionale nazionale: solo la società rimane coesa grazie a misteriose forze centripete (solidarietà, famiglia, senso civico spontaneo, dignità personale: tutti principi ignoti a chiunque faccia politica in Italia) che ancor oggi impediscono la dissoluzione totale delle relazioni sociali. 

Vengono intanto prospettati degli scenari futuri i più vari immaginabili. Mi chiedo tuttavia: se il peggiore si materializzasse (ovvero fare finta di nulla ed andare avanti come se niente fosse grazie a manomissioni pesanti nello Stato di diritto), bisogna continuare ad indignarci ad libitum? Dobbiamo immaginare davanti a noi, in quanto persone effettivamente ed intellettivamente oneste, un destino fatto solo di indignazione perpetua?

Condivido in pieno le parole di Landini espresse recentemente a Ballarò. A me sembrano però parole nel deserto, mi sembrano armi spuntate. trovo la stessa rabbia ed indignazione su Micromega: ma poi? Non succede niente... Non cambia niente....

Landini personifica la rabbia ed il dissenso di molti, ma siamo disarmati di fronte alla ingiustizia totale in cui è precipitata l'Italia.

Mentre tu ti arrabbi, chi di dovere continua indisturbato a farsi gli affaracci propri a danno di tutti....


lunedì 26 agosto 2013

La panacea dei guai giudiziari

Pensandoci bene, le recenti vicissitiduni giudiziarie di un arcinoto esponente politico italiano sono un vero e proprio colpo di fortuna inaspettato per una classe politica superflua come quella italiana. In effetti tutta l'attenzione è rivolta su questa questione con le sue implicazioni di vario genere: insomma i politicanti italiani stanno lì a litigare su questa storia lasciando completamente sola l'intera società italiana a barcamenarsi in questo periodo di enorme difficoltà economica e sociale.

Per un governo che non ha nè le capacità nè i mezzi per poter fare alcunchè, tutto questo serve per distrarre l'opinione pubblica.  Tutti sappiamo che questo governo non sa assolutamente che pesci pigliare. Tirano solo a campare. La situazione italiana è tale, con le sue mafie, le sue lobbies, la sua corruzione, la sua evasione fiscale, la sua immoralità diffusa, la sua apatia, la sua totale assenza di etica pubblica (l'elenco è infinito...) che nessuno di costoro è minimamente in grado di muovere un solo tassello del puzzle. Come muovi una carta, l'intero castello crolla. E soprattutto le carte più in alto non hanno alcuna intenzione di crollare.

Oggi come oggi non si intravede all'orizzonte una categoria di personalità pubbliche in grado di prendere la situazione italiana per le corna e rimetterla in cammino.

I professori hanno dimostrato di essere dei mediocri accademici e dei pessimi "operativi". E' facile fare i severi in un'aula universitaria e bocciare a destra e a manca. La realtà è una cosa molto, ma molto diversa dalle teorie degli accademici italiani (qualcuno ha mai fatto un concorso universitario? Lo sapete come si diventa professori universitari in Italy? in caso affermativo: di cosa stiamo parlando?). Comunque la storia li ha bocciati pesantemente.

Dietro gli accademici c'è il nulla. Non c'è veramente più nessuno. Solo delle pallide e scialbe ombre che ricordano il protagonista di una arcinota opera letteraria di Musil.

Siamo quindi messi veramente male.

Si va intanto a caccia di risorse solamente per tenere in vita questa stessa classe politica e la burocrazia che da essa dipende che continuano a non essere minimamente sfiorate da alcun tipo di sacrificio.  Perchè portare l'IVA dal 21 al 22%? Portiamola direttamente al 30 o al 40% per stimolare la gente a spendere. Facciamo prima no?

E poi come è possibile pensare di rinnovare, di innovare, di cambiare con una classe politica di vecchi e stravecchissimi? E' un controsenso anagrafico...

Si continua a non comprendere che l'intera base produttiva nazionale (sia di beni che di servizi) è antiquata e pensare di riformare un sistema produttivo ancora incentrato sulla produzione di carrozze, pietre focaie, bacinelle di lamiera smaltata, archibugi, catapulte è pura follia. E' necessario cambiare completamente rotta: e subito. Questa è l'unica via per ri-creare posti di lavoro, investendo in settori produttivi nuovi.

Ed invece, eccoli lì questi figuri che si tirano i capelli e si insultano sbandierando "responsabilità"che qualcuno si deve assumere: una vera panacea per gente che non sa e non è assolutamente in grado di provvedere a nulla, di rimediare ad alcunchè, di decidere sul niente.

Le stesse elezioni sarebbero la solita presa in giro: nulla cambierebbe. Lo sappiamo tutti.

Certo è che se le cose prendessero una piega più grottesca di quanto già non sia, bisognerebbe quantomeno qualificarsi come "dissidenti politici". Giusto per prendere definitivamente le distanze da questo schifo...

venerdì 2 agosto 2013

Voltare Pagina

Il recente pronunciamento della Corte di Cassazione mi fa pensare ad una sola cosa ovvero la necessità in Italia di cambiare finalmente passo e di voltare una volta per tutte pagina. Non mi interessa parlare di galera o meno: quello che vedo è un passato che non vuole cedere il passo al futuro.  E in Italia dobbiamo ritornare a parlare una buona volta di Futuro.

Eppure una fase di Dopoguerra ancora non si vede. L'intera società in Italia è ancora ingabbiata in logiche vecchie, del tutto inadeguate ad affrorntare una realtà che è completamente mutata. Ci troviamo di fronte ad un cambiamento economico e sociale strutturale di enormi proporzioni ed invece in Italia si continua a camminare su strade che non portano da nessuna parte, lungo dei binari morti.

Il problema è ora chiudere definitivamente con questo passato e con tutta questa umanità che gravita intorno a questo passato. 

Bisogna guardare avanti. Non si può pensare di continuare così: siamo già abbondantemente fuori dalla Storia.

lunedì 15 luglio 2013

Il volto del Coraggio: il Manifesto di Sara

Mi permetto di segnalare questo post scritto da Sara. Si presenta sotto forma di lettera, ma in realtà, secondo me, è una vera e propria dichiarazione politica: si tratta di un "manifesto" in cui si proclama il diritto alla difesa della propria "dignità". E' un manifesto in cui si proclama la richiesta di poter vivere in una società decente nel senso più vero, autentico e profondo del termine. 

In questi tempi in cui un'istituzione dello Stato insulta un'altra istituzione, evidenziando quindi la pessima qualità del materiale umano che occupa detta istituzione, la lettera di Sara acquista un luce anche maggiore.

Sarebbe importante che, chiunque passa per questo mio blog da quattro soldi anche casualmente, possa manifestare la propria opinione di solidarietà a riguardo direttamente sul blog di Sara.

martedì 11 giugno 2013

Distratti e confusi

Le solite generiche ed indefinite riforme, il presidenzialismo, la riforma del sistema elettorale, le elezioni amministrative: un blabla senza fine il cui unico scopo è quello di distrarre l'opinione pubblica dalla non volontà ed incapacità della classe politica e dirigente italiana di affrontare e risolvere la catastrofe etica e sociale (prima ancora che economica) di questa sfortunatissima terra.

Giusto per puntualizzare l'esito delle elezioni amministrative. E' fin troppo chiaro che gli italiani votano ed adorano il Sig. Berlusconi: stop. Del PDL non importa nulla: conta solo Mr Berlusconi. Non si sa se ciò sia grave o no: comunque secondo me questo è quanto.

Per il resto: ora che le amministrative sono passate, questi signori torneranno certamente alla carica con queste riforme del piffero che di fatto consentono di glissare totalmente sui problemi reali della società. Parlare in continuazione del presidenzialismo significa occupare tutti gli spazi del dibattito politico a spese del confronto sui problemi REALI della società. Sono troppo impegnati su queste assurdità per fare altro: e noi lì incantati da questo spettacolo da circo.
 
E poi attaccheranno anche con il solito sproloquio fatto di "bisognerebbe", "sarebbe necessario", "è indispensabile" e poi non fanno assolutamente nulla. Disoccupazione giovanile e non, tutela e protezione della popolazione femminile, scuola e sanità rimangono nel limbo della genericità. Bisognerebbe? Occupano delle cariche istituzionali di vertice e parlano di "bisognerebbe"? DEVI, DEVI, DEVI PROVVEDERE: altro che sarebbe auspicabile...

Mettere mano ad una burocrazia elefantiaca e totalmente inefficiente che di fatto impedisce a chiunque di fare impresa, frenare la corruzione dilagante, rimpiazzare una classe politica incapace ed ignorante mal selezionata, interrompere la catena del clientelismo, della collusione con la criminalità organizzata, superare una normativa deliberatamente confusa e caotica che rende impossibile lo stesso rispetto della legge, salvaguardare i territori dalla devastazione e dal saccheggio sistematici: queste sono le cose da fare subito per migliorare la qualità della vita delle comunità e di conseguenza per rilanciare l'economia. Il resto sono solo chiacchiere...

Ma la gran parte dei nostri cari concittadini e concittadine sono imbambolati, ipocriti, ruffiani, immaturi, collusi e complici: dediti a impiegare gran parte delle proprie energie fisiche ed intellettive per capire da quale  parte stare purchè sia la migliore. Sempre pronti ad applaudire il caudillo vincente.

Difficile in queste condizioni amche immaginare un qualsivoglia cambiamento di rotta.

mercoledì 29 maggio 2013

Franca Rame

La scomparsa di Franca Rame lascia un vuoto veramente incolmabile soprattutto in considerazione dei tempi in cui viviamo. Se si pensa al suo impegno nella durissima lotta per la difesa della dignità delle donne in Italia, c'è da rabbrividire al solo pensiero di come questa dignità sia oggi costantemente offesa nell'indifferenza generale sia per i livelli altissimi di violenza fisica e psicologica sia per la misera immagine che la società italiana ha delle donne.

Se si pensa poi al suo impegno politico, viene ancora una volta da rabbrividire per la scomparsa della politica in Italia: non esiste più alcun impegno, alcuna responsabilità, alcun senso di comunità non solo nelle forze politiche ma anche nello stesso tessuto sociale italiano che si sta lentamente decomponendo.

Riguardo al suo spessore artistico, la miseria culturale italiana di fatto rende impossibile lo sviluppo di nuove generazioni di artisti che in qualche modo possono rimpiazzare le generazioni precedenti e acquisire una visibilità in un paesaggio culturale italiano del tutto sterile. Gli intellettuali italiani sono o schierati con il potente di turno o ridotti al silenzio, per l'inutilità di qualsiasi impegno e chi può fugge. La società italiana poi ha raggiunto livelli di ignoranza tali che per molti Franca Rame è solo un nome come tanti altri, di cui si sa poco o nulla, di cui importa poco o nulla.

La memoria srtistica, culturale e politica di personaggi che hanno contribuito a rendere l'IItalia un contesto culturale di qualche spessore, nonostante tutto, rimane affidata alla buona volontà e all'impegno di pochi "illuminati" che vagano come zombie in un mondo di tenebre. 

Ormai in questa terra di sciagure, dove chi può fugge via, tutto scivola: nulla fa più presa. C'è un strato di unto sudiciume di bassissimo livello tale da rendere un buffone o un cialtrone un grande statista o un ciarlatano un grande poeta-musicista impegnato. Alla fine Franca Rame quasi stonava con tutta questa cialtroneria....

mercoledì 22 maggio 2013

Quanta ingiustizia ed ineguaglianza possiamo tollerare?

In questi tempi grotteschi e macabri, che un gurppo di poveri deficienti dica delle assurdità contro ogni buon senso ed oltretutto faccia di tutto per mettere in pratica queste assurdità non è poi cosa così sorprendente. La cosa che mi lascia sempre stupefatto è che ciò avvenga nell'indifferenza generale.

Faccio veramente una fatica enorme nel tentare di seguire, meno che mai comprendere, le dinamiche (parlo di dinamiche e non di logiche perchè non c'è alcuna logica in tutto questo), quello che mi circonda. Cerco di vivere in modo quasi catacombale e di tapparmi occhi ed orecchi quando sono fuori di casa: ma la puzza nauseabonda del reale filtra da ogni dove.

Ieri poi ho avuto la malaugurata idea di vedere Ballarò: l'avessi mai fatto!!! Sono stato colto da un disgusto deprimente, da un infarto esistenziale nel vedere un'apoteosi di tale e tanta pochezza umana. Un amalgama indistinguibile di individui senza alcun "distinguo": chi è del PDL? Chi è del PD? Chi fa cosa? Ma dove vivono costoro? Sembravano tutti degli atuomi, programmati per non rispondere non solo alle domande che venivano fatte, ma incapaci anche di prendersi la benchè minima reponsabilità delle loro azioni.

Dopo dieci minuti ho spento la TV e sono andato a dormire.

Mentre un gruppo relativamente sparuto di individui sembra in preda ad una frenesia delirante, la realtà quotidiana di migliaia di famiglie e comunità appare sempre più disperata. Sembra che questo gruppuscolo stia giocando con un videogame, mentre intorno il mondo crolla: ormai l'Italia si regge sulla forza fisica e psichica di alcuni gruppi di persone, sulle braccia di alcuni uomini e donne che, sotto l'impulso di un qualche sentimento solidaristico, mandano avanti tutta la baracca.

Il cosiddetto Stato Sociale è ormai identificato interamente con la famiglia: tutto il peso della sfera sociale grava sulla famiglia e soprattutto sulle braccia delle donne. La buona volontà di pochi manda avanti l'intera baracca perchè la politica è impegnata altrove a spremere denaro e sprecarlo per i propri apparatchik.Chi non ha una famiglia, di fatto è fuori dal welfare.

Se all'interno della macchina dello Stato, tutti, e dico tutti, si adeguassero al modello che viene dall'alto, tutto si bloccherebbe: tutto si spegnerebbe e sarebbe finito. Non funzionerebbe più nulla. Black out.
Scuole, ospedali, treni, aerei, ecc... vanno avanti perchè qualcuno ha ancora il buon cuore di farli andare avanti: against all odds

Idem nel settore privato. A fronte di un esercito di mascalzoni che si definiscono imprenditori, c'è ancora qualcuno che si attiene alle regole e tira avanti. Ma quanto può durare tutto questo?

Quanta ingiustizia possiamo ancora sopportare?
Quanta diseguaglianza possiamo ancora digerire?

La tragedia di tutto questo scenario infatti è che ancora esite qualcuno che giustifica questo sistema e questi personaggi. C'è ancora qualcuno (e sono tanti) che pensa che tutto questo sia "democrazia". C'è ancora qualcuno che pensa che "Lui risolverà tutto".

Questo esercito sterminato di "qualcuno" mi lascia senza forze e senza speranze. Perchè la speranza è l'ultima a morire, ma anche lei prima o poi muore...


martedì 14 maggio 2013

lunedì 6 maggio 2013

Crescita?!? Quale Crescita?

Da alcuni giorni la nomenclatura italiana non fa altro che ripetere come delle scimmie o meglio dei pappagalli la parola "crescita". Mille volte. In continuazione. In ogni occasione. In ogni intervista.

La prima cosa che mi viene da pensare è che costoro non sanno minimamente in cosa consista realmente la "crescita". Tutti ne parlano, ma nessuno ti dice di cosa sta realmente parlando. "Bisogna stimolare la crescita": che significa? Come la vuoi stimolare?. Niente da fare: si riempiono la bocca di un clichè che viene ripetuto meccanicamente senza aggiungere il benchè minimo contenuto al concetto.

Già questo "vuoto" dovrebbe far riflettere sull'inconsistenza della nomenclatura. Se poi, per mero gusto masochistico, andiamo a scalfire la superficie di questo concetto, allora sì che ci sarebbe di che preoccuparsi.

L'idea della crescita si lega al concetto di PIL ovvero aumentare costantemente e progressivamente la ricchezza "monetaria" e numericamente quantificabile prodotta dal sistema economico. Questa crescita dipende esclusivamente dai "consumi": non c'è altro. Bisogna "comprare", "spendere" far circolare soldi: non ci sono altre questioni. Niente problema ambientale, niente sostenibilità sociale, niente qualità della vita. L'importante è solamente consumare. Consumare tutto: risorse ambientali, umane, culturali, economiche e sociali. 

Controparte del consumo è il rifiuto. Dopo aver consumato si generano dei rifuiti che devono essere buttati via, il più lontano possibile. E nei rifiuti troviamo non solo gli scarti della produzione, ma anche il risultato della "elaborazione" di tutte le altre risorse. Tra le quali, non dimentichiamo, ci sono le persone che l'economia definisce "risorse umane", "capitale umano" e via discorrendo. Anche uomini e donne diventano rifiuti.

Non è un caso che la crescita sia sostenuta laddove la comunità manca di beni: l'Italia del dopoguerra era affamata di tutto e non solo di prodotti alimentari. Servivano frigoriferi, lavatrici, automobili, case, scarpe, vestiti, occhiali, mutande, martelli, trattori, ecc... Da qui nasce il boom economico e la crescita elevata. 

Il problema è che un'economia che ha soddisfatto gran parte dei propri bisogni tende a diventare un'economia cosiddetta avanzata ovvero presenta bisogni "diversi". La domanda di prodotti "base" è satura: non è possibile comprare 5 frigoriferi, 10 automobili, 100 paia di scarpe. 

Le cose sono due: o il tessuto produttivo si rivolge a mercati "bisognosi" di questi beni (ma sono poveri...) oppure si cambia completamente ottica. 

Il cambio di ottica sarebbe ovviamente l'opzione più intelligente, ma senza ricerca e sviluppo non è possibile fare nulla. Da decenni l'Italia non tira fuori un euro per la scuola, l'università e la ricerca pubbliche, ma spende un fiume di denaro per le missioni militari all'estero. Siamo quindi totalmente fuori target. Troppo spesso poi le imprese private considerano la ricerca solamente un "costo" e quindi non ci investono niente.

Rimaniamo quindi con un sistema produttivo antiquato, la cui obsolescenza è primariamente culturale piuttosto che tecnologica. Inoltre, visto che non siamo in grado di produrre beni ad elevato contenuto di innovazione, bisognerebbe produrre "servizi" (anche se anch'essi necessitano di innovazione) invece che solamente "beni materiali": anche qui siamo messi male. Per servizi si pensa sempre alle banche che il più delle volte rappresentano la punta dell'iceberg dell'economia della rapina, ma non dei servizi. Il concetto di "servizio" è molto ampio e va ovviamente dall'assistenza all'infanzia o agli anziani fino al plus presente in molti beni materiali. Anche su questo versante siamo lontanissmi dall'obiettivo.

Non bisogna dimenticare poi che molti studi hanno dimostrato che l'accumulo di beni non coincide con la soddisfazione generale, anzi più si possiede, peggio si vive. L'economia del "ben-avere" e della crescita non genera ben-essere, ma un'insoddisfazione strisciante cui la pubblicità fa fronte comvincendo la gente a comprare sempre di più beni fondamentalmente inutili. Nel dibattito politico tutto questo è assente: manca totalmente non solo la tutela e valorizzazione dell'ambiente, ma lo stesso concetto di qualità della vita individuale e collettivo. 

E' possibile creare lavoro rimodulando il sistema produttivo verso un'economia moderna (invece che tentare di fare concorrenza alla Zimbabwe) fatta di servizi e beni ad elevato contenuto di "servizio" il che vuol dire: comprendere la nuova domanda per ri-orientare l'offerta. La cultura genera posti di lavoro così come l'intero tessuto di tradizioni (materializzate in prodotti artigianali e dell'agroalimentare): la tutela dell'ambiente e il recupero del paesaggio (devastati dai decenni della crescita) offrono altrettante opportunità.

La ricchezza che può e deve essere generata non è solo economica: possiamo guadagnare meno e vivere molto meglio quando la qualità della vita viene considerata prioritaria rispetto al profitto.

Il grosso problema è che la nomenclatura, quando conosce un minimo della questione, è ancora ancorata ad un'idea di sviluppo economico degli anni '50. I politici hanno infilato i loro famigli in tutti gli ambiti della società: abbiamo una burocrazia spaventosa fatta spesso di "fedeli-incompetenti".

In queste condizioni qualcuno ancora si meraviglia che l'intero Paese stia avvizzendo come una pianta senza acqua?

venerdì 19 aprile 2013

Giù la maschera!

Finalmente è diventato chiarissimo quello che fino a poco tempo fa era decisamente meno chiaro: in Italia la contrapposizione destra-sinistra, maggioranza-opposizione, il confronto fra forze distinte da un punto di vista ideologico e pragmatico è sempre stata una finzione, una burla, una presa in giro colossale alla faccia dei cittadini italiani.

Quella italiana non è una democrazia parlamentare, ma una dittatura pulcinellesca. Questo spiega perchè noi italiani votiamo, ma nulla  mai cambia.

I "politici" di destra e di sinistra (con il relativo indotto) sono sempre stati solidali e sodali nell'impedire il cambiamento ed il progresso di questo jellatissimo Paese, nell'impedire che le loro posizioni parassitarie e di rendita venissero scalfite in qualsiasi modo. 

Tutta la sceneggiata per l'elezione del Presidente della Repubblica sta evidenziando questo. Attualmente votare un partito o un altro che si ritiene in opposizione al primo è una pura illusione: è solo una finzione. E attenzione: non sono stati ingannati solo gli elettori della sinistra, ma anche della destra.

Si può più o meno condividere la linea del M5S. Ma qualsiasi persona di buon senso (dotata di un minimo di intelligenza) non può non riconoscere che senza la presenza dei "grillini" questa triste e squallida messinscena sarebbe proseguita senza battere ciglio. Grazie alla presenza del M5S (che ha funzionato come il classico granellino di sabbia che inceppa il grande ingranaggio) è stato possibile mettere in pieno sole tutta la farsa che da decenni sta ingannando milioni di persone per bene. 

Ne riparleremo alle prossime elezioni....

Leggere questo articolo da MicroMega

giovedì 11 aprile 2013

Terra Bruciata

La condizione generale in cui versa l'Italia in queste settimane, soprattutto sul fronte politico - ma non solo,  è sintomatica del fatto che non esiste più in questo paese una classe dirigente degna di questo nome. Dopo decenni di selezione avversa in cui il peggio-ma-fedele è stato sempre premiato e spinto in avanti, in cui si è fatto di tutto per tenere lontane persone creative e capaci di produrre idee (a cominciare dagli stessi partiti politici), in cui la competenza e la capacità sono state sempre viste con orrore, si è creata una sorta di Terra Bruciata popolata da individui con capacità scarse e competenze ridicole. Molto spesso questa umanità ha finito con il raggiungere livelli e responsabilità che sono ben al di sopra delle loro possibilità e capacità cognitive. Questo è avvenuto a tutti i livelli della gestione della cosa pubblica, ma anche all'interno di altri settori (anche nello stesso settore privato).

Una simile compagine si è dimostrata poi estremamente vulnerabile alla corruzione e al contatto con la criminalità organizzata. E adesso ci troviamo senza le risorse umane per gestire il fondo del barile in cui ci troviamo. Ma veramente qualcuno si aspetta di trovare delle risposte valide dal lavoro dei cosiddetti saggi? E di quale saggezza andiamo parlando? Esiste ancora della saggezza in Italia? Ma siamo ancora capaci di guardarci intorno? Qualcuno vede in giro testimonianze tangibili di una qualsivoglia forma di saggezza? 

Oppure è vero il contrario? Non siamo forse il Paese dove ogni volta che si può fare una cosa male, quella viene puntualmente fatta nel modo peggiore possibile? L'Italia non è forse tappezzata da esempi di stupidità (urbanistica, infrastrutturale e decisionale in genere) che ci rendono un caso unico nel suo genere?

La paralisi generale in cui si trova l'Italia oggi non è dovuta alle difficoltà a trovare accordi ed intese a livello parlamentare, ma è causata dalla mancanza di profili adeguati in tutti gli snodi della società. L'Italia sguazza in un sistema che regolarmente gratifica il peggio e mortifica il meglio. Bisogna smetterla di prendersi in giro: un nuovo governo, una nuova maggioranza parlamentare non cambieranno mai le cose fintanto che non si rimetterà ordine (con il contributo di tutti) negli ingranaggi piccoli e grandi che dovrebbero far funzionare tutta la baracca. 

Suggerisco inoltre la lettura di questo articolo.

giovedì 28 marzo 2013

Il Chiacchierificio

Si possono comprendere abbastanza facilmente le ragioni dei rappresentanti del M5S così come di chi ha deciso di votare questo movimento. Troppi sprechi, troppe ingiustizie, troppa iniquità, troppi furti legalizzati: tutto questo mentre le persone normali devono tirare la cinghia per permettere alla Nomenklatura e agli Appartchik di continuare ad ingrassare alla faccia nostra. 

Questa realtà potremmo definirla "macro" perchè si presenta in modo veramente macroscopicio non solo a livello partitico-parlamentare, ma anche in tutte le ramificazioni della burocrazia e della Pubblica Amministrazione. 

C'è poi una realtà variegata che definirei "micro" che si presenta in modo strisciante, ma altrettanto odioso. Un esempio di questa realtà è costituito dai  "chiacchierifici" tipica espressione del più autentico "Made in Italy". Mentre in giro stanno chiudendo negozi, piccole imprese, attività artigianali, aziende agricole, e mentre un numero sempre maggiore di persone perdono o cercano lavoro (in particolare giovani e donne) ecco che spunta un florilegio di tavole rotonde e convegni dai titoli più bizzarri possibili, ma sempre privi di sostanza. 

Per esempio: "Innovatività e competitività per il rilancio dei comparti ad alta intensità di know how", "Il ruolo dell'imprenditoria giovanile nella specificità territoriale", "Nuovi modelli di impresa per il nuovo millennio", "Fare impresa nei contesti dinamici e ecosostenibili" e via discorrendo. E poi il peggiore di tutti: "Le sfide della globalizzazione". Oddio...

Si tratta di chiacchierifici solitamente organizzati da associazioni di categoria, fondazioni, associazioni vicine ai partiti che vivono di un autoreferenziale blabla senza la benchè minima sostanza. Gli oratori di solito sono piccoli o grandi figuri della realtà locale (ad elevatissimo tasso di provincialismo) che hanno frequentemente scarsissime o nulle competenze in qualsivoglia materia: solo semplicemente delle controfigure dei potenti locali. Il presenzialismo regna sovrano, il coinvolgimento è nullo.

La scaletta solitamente prevede un numero imprecisato di indirizzi di saluto, una serie piuttosto lunga di interventi di introduzione e presentazione e pochissimi interventi "tecnici": il tutto a rigoroso contenuto zero.  Il tutto supportato dalla cosiddetta "sagra del Powerpoint" ovvero delle orribili presentazioni copiaticce e banalissime. Ottimo e abbondante il buffet che costituisce il momento clou dell'evento.

I pochi  partecipanti sono il più delle volte costretti ad essere presenti con uno sforzo enorme per rimanere svegli e fare finta di essere attenti.

Mai una volta, dico una sola volta, che uno di questi seminari o tavole rotonde sia effettivamente servito a qualcosa. Cosa che del resto gli organizzatori non si chiedono mai ("ma che stiamo facendo? Ma a che cavolo serve tutto questo? Chi ce lo fa fare'").

Quello che conta sono le relazioni (interpresonali) che più che essere intessute devono essere esibite. Si tratta di una vetrina per far vedere ai concittadini il proprio livello di "poterino". Quindi se questi "network" di associazioni e confederazioni organizzano una tavola rotonda, che so, che lontanamente richiama al tema della disoccupazione, si può stare certi che si parlerà pochissimo di questo argomento (salvo presentare un elenco sterile di numeri e dati che non servono assolutamente a nulla): il tutto si incentrerà su termini genericissimi quali "dinamiche", "problematiche", "interconnessioni", "volani", "focus", ecc... Il vuoto assoluto. Il bello è che affrontano poi sempre tematiche superate, con argomentazioni vecchissime, con approcci ottocenteschi. Sono degli "esperti" indietro di almeno 50 anni...

Nel frattempo tutta una umanità trombata dalla realtà economica e sociale di un territorio potrà far vedere di aver fatto qualcosa quel giorno e, nel medio-lungo periodo, nella vita. 

Ho avuto personalmente modo di partecipare a questi chiacchierifici (anche con la presenza di qualche accademico che fa sempre la sua porca figura e dà rispettabilità a tutta la kermesse) e la noia, il sonno, la vacuità ed il senso di un'inutilità assoluta della mia presenza all'evento hanno sempre preso il sopravvento su di me. Dopo poco mi sono sempre allontanato con un grande senso di "perdita di tempo". Non ci partecipo più: la vita è troppo breve ed il tempo è una risorsa scarsa.

Mi chiedo se, visti i tempi, non sia ora di finirla con queste passerelle di povere  e meschine nullità. Mi chiedo se non sia possibile spendere tempo, denaro, energie e sforzi in iniziative che possano produrre un risultato concreto, un impatto vero per la collettività. 

Quanti soldi sprecati!

Sarebbe preferibile se magari, invece di blaterare sulle "problematicità delle dinamiche dell'imprenditoria innovativa per la competitività in un'era di globalizzazione" ci si dedicasse ad elaborare delle risposte concrete ai problemi veri come ad esempio permettere alle persone di crearsi o di inventarsi un lavoro, un'impresa, un'attività senza tanti vincoli e legacci, impicci, raccomandazioni e imbrogli... Quantomeno per rispetto nei confronti di chi si trova oggi come oggi in così grandi difficoltà.

Grazie