lunedì 30 giugno 2008

When an old village revives


A beautiful festival day may represent a valid tool to revitalize old villages usually excluded from main tourist flows. These places often are forgotten and their inhabitants are old people: here together with small shops and other economic activities, also traditions tend to be abandoned. Many old villages constitute an excellent scenario for many cultural and art events which on the one hand may allow local community to re-acquire their spaces and on the other hand may represent an opportunity to stimulate tourism with the promotion of the traditional, cultural, food, environmental and economic resources. A good example of this is represented by the “Pink Night” held in Vitorchiano (a small village in the province of Viterbo, in central Italy) on June the 28th with exhibitions, county shows and events mainly devoted and performed to women. All the places and lanes in the oldest part of the village have become stages and scenarios for concerts, shows, etc.: families, kids, tourists have “colonized” the village to attend the festival from the afternoon till late night. After having banned cars and motorbikes, it has been delightful to meet a lot of friends listening to good music and tasting good traditional dishes with an excellent glass of wine. Finally this festival became the occasion to rediscover the vitality of an old rejuvenated village: and at least for one day and one night, a village beats TV 1-0!

Quando i vecchi borghi riprendono vita

Una bella giornata di festa può rappresentare un valido strumento di rivitalizzazione dei borghi antichi solitamente tagliati fuori dai grandi flussi turistici. Si tratta di luoghi spesso dimenticati, popolati principalmente da anziani, che lentamente tendono a perdere non solo le piccole attività commerciali ed artigianali, ma anche le tradizioni. Tantissimi paesi, piccoli e grandi, che costellano le nostre campagne possono rappresentare invece lo scenario naturale ideale per manifestazioni di arte e cultura che possono da una parte permettere alla comunità locale di riappropriarsi delle piazze e delle vie e dall’altro di promuovere visitazioni con la promozione e valorizzazione delle patrimonio produttivo, enogastronomico e culturale del territorio. Un valido esempio di questo tipo di iniziativa è stato la “Notte Rosa” organizzata a Vitorchiano (provincia di Viterbo) sabato 28 giugno con spettacoli ed eventi tutti al femminile. Tutte le piazze ed i vicoli del borgo antico sono diventate spazi per lo svolgimento di concerti, mostre, rassegne, ecc…: intere famiglie, bambini, anziani, turisti, si sono riversati nel borgo per seguire le iniziative che sono iniziate nel pomeriggio e si sono protratte fino a notte fonda. Una volta cacciate le automobili, è stato bellissimo potersi ritrovare a fare due chiacchiere fra le antiche case del centro ascoltando musica dal vivo e assaggiando i piatti della cucina locale annaffiati da buon vino. Alla fine per tutti è stata una bella scoperta sia per la gente del luogo che per i “forestieri” di città: e per un giorno (ed una notte) un vecchio paese batte la TV 1-0.

venerdì 27 giugno 2008

Presentation of the “2008 Report on Environment and Legality in the Province of Viterbo


On July the 3rd 2008 will be presented the “2008 Report on the Environmental Crimes in the Province of Viterbo”. The event will be attended by the Coordinator of the Environment and Legality Watch Project in the Province of Viterbo, the Coordinator of the National Secretary of Legambiente (Environment Association) and many representatives of the Province of Viterbo Administration.

Presentazione Rapporto 2008 Osservatorio Ambiente e Legalità (AeL) della Provincia di Viterbo


Riporto il seguente comunicato-invito

Vi invitiamo a presenziare nella giornata del 3 Luglio 2008 alla presentazione del "Rapporto 2008: “Gli illeciti nel settore ambientale nella Provincia di Viterbo” dell’Osservatorio (AeL)" presso la Sala Conferenze della Provincia alle ore 17:00. Saranno presenti il Presidente della Provincia di Viterbo Alessandro Mazzoli, l'’Assessore all'’Ambiente Tolmino Piazzai, il Coordinatore della Segreteria Nazionale di Legambiente Maurizio Gubbiotti, il Coordinatore dell’Osservatorio Ambiente e Legalità del Lazio Mauro Veronesi, il Coordinatore dell’'Osservatorio Ambiente e Legalità della Provincia di Viterbo Umberto Cinalli.

giovedì 26 giugno 2008

Supermarkets and Rural Development

Many public administrators in small rural towns and villages often consider the opening of a supermarket as an opportunity to create jobs, to boost local development and give modernity and efficiency stimuli to the local distribution and agrofood system. The changes induced by the opening of a supermarket in these contexts can actually have a deeper and wider extent because dramatic modifications are activated not only in the retail distribution system (just to talk about economic implications) but also in the production and consumption one. Many researches and empirical observations have confirmed the devastating effects for local economy caused by the presence of a small-mid sized supermarket (not to say big supermarkets, outlets or megastores): they are usually placed in external town areas functioning as “magnetic points” for endogenous and exogenous consumers who are thus pushed far away from the town centres. Let reflect about some myths about supermarkets in rural areas.

1) a supermarket creates jobs – supermarkets usually are shopping centres within wide retail networks of more or less big corporations and they can offer products at a very competitive prices yet not manageable for small local shops. Even if generating some jobs, a supermarket usually implies that many small independent shops (placed in the town centre) go bankrupt in particular bakers, grocers, butchers, ecc… The balance for job creation is thus negative.

2) Supermarkets can boost local development – products offered in a supermarkets are almost always “industrial” food products. Very rarely typical local products can reach the shelves. This implies that the money spent in a supermarket is siphoned away with no benefit for local farmers who have to cope with a severe competition. Farmers are forced to drive down prices (often below cost levels), are exploited and go bankrupt.

3) Supermarkets have no environmental impact – A new supermarket attracts local and external consumer and requires a remarkable flow of suppliers with big lorries. This implies an increase in traffic and a parallel increase in emission, noise and congestion. Consider also the huge heap of food and package wastes a supermarket produces.

4) Quality, supply and services improve – The benefits of a supermarket are good for who have the use of a car. For many elder people who live in the oldest parts of rural villages and towns all this represents a problem aggravated by the fact that independent small shops have closed. Surely supermarkets may offer lower prices but conversely quality is standardized and local genuine and typical products and traditions disappear.

Therefore when a local administrator is coping with such an option, he should be aware of the action of these factors because, even considering small gains in terms of some jobs, a new supermarket may cause strong speculative pressures on land and on construction, village and town degradation and abandoning (with a reduction also in tourist flows) and a global lowering in territorial economic performances and social conditions. There are also other implications to consider…

Supermercati e Sviluppo Rurale

Spesso molti amministratori di piccoli centri rurali vedono l’apertura di un supermercato come un’opportunità per creare posti di lavoro e per dare un tocco di modernità e di efficienza al sistema distributivo e all’interno sistema agroalimentare locale. In realtà i cambiamenti che l’apertura di un supermercato può attivare sono molto più profondi dato che si creano delle modificazioni non solo nel sistema distributivo, ma (solo per rimanere per ora all’interno di una dimensione economica) anche in quello produttivo e del consumo agroalimentare locale. Molte ricerche hanno ampiamente dimostrato gli effetti devastanti per l’economia locale causati dalla presenza di un supermercato di piccole-medie dimensioni figuriamoci quelli di grandi-grandissime dimensioni: di solito vengono realizzati in aree poste nelle zone più esterne e periferiche dei borghi facendoli funzionare come calamite per i consumatori locali e non, i quali quindi vengono spinti lontano dal centro del paese. Cominciamo a sfatare alcuni miti dello sviluppo indotti dalla presenza di un supermercato.

1) L’apertura di un supermercato crea posti di lavoro – Poiché i supermercati sono di solito punti vendita di una più estesa rete commerciale, possono indubbiamente fare dei prezzi molto concorrenziali nei confronti dei quali però i commercianti locali non sono in grado di competere. A fronte quindi dell’assunzione di qualche unità di personale, un supermercato comporta la chiusura inesorabile dei piccoli negozi al dettaglio (spesso situati nei centri dei borghi) in particolare panetterie, fruttivendoli, pescherie, macellerie. Inoltre a fronte della chiusura delle panetterie di solito entrano in crisi anche i forni che le riforniscono oppure nel caso dei fruttivendoli i piccoli coltivatori che portano frutta e verdura fresca di giornata. Facendo un bilancio, solitamente il tasso di occupazione è negativo.

2) I supermercati sostengono lo sviluppo locale - L’assortimento dei prodotti nei supermercati è quasi sempre composto da prodotti alimentari “industriali”. Raramente i prodotti tipici locali trovano spazio sugli scaffali. Questo significa che i soldi spesi in un supermercato vengono indirizzati altrove e non vi è alcun beneficio per i produttori locali che, anzi, devono fronteggiare una concorrenza inattesa. Spesso le aziende agricole e zootecniche, pur di vendere, sono costrette a scendere a prezzi sotto il livello di costo e dopo breve tempo devono anche chiudere i battenti.

3) I supermercati non hanno impatto ambientale – Considerando l’aumento del numero di clienti (spesso provenienti da aree limitrofe) ed i flussi dei fornitori (che si muovono su grandi camion), deve essere registrato una forte impennata nel traffico con una parallela impennata nelle emissioni. Inoltre andate a vedere dietro un supermercato l’enorme quantità di materiale da scarto e di imballaggi usati che devono essere smaltiti.

4) Aumenta la qualità, l’offerta ed il servizio - Questo è vero per chi possiede una macchina, ma per i tanti anziani che vivono nelle parti più antiche dei nostri paesi (e sono tanti) la cosa rappresenta un serio problema anche aggravato dal fatto che, proprio per colpa dell’apertura del supermercato in un’area residenziale lontana, i negozietti nei borghi chiudono uno dopo l’altro. Indubbiamente i supermercati possono fare prezzi molto vantaggiosi, ma il rovescio della medaglia è costituito da un generale omologazione e standardizzazione nella qualità dei prodotti con perdita sensibile nella genuinità e tipicità dei prodotti che provengono quasi tutti da grandi industrie alimentari. Si ottiene quindi una perdita di colture, varietà vegetali ed animali, prodotti locali e tradizioni non indifferente.

Insomma quando un amministratore locale deve prendere in considerazione questa opzione, dovrebbe essere ben consapevole dell’azione di tutti questi fattori poiché a fronte di pochi posti di lavoro creati, si va incontro a forti speculazioni edilizie e sui terreni, al degrado ed abbandono dei borghi antichi (esclusi anche dai flussi turistici) ed ad un generale impoverimento economico e culturale del territorio. Vi sono poi una serie di implicazioni molto più subdole che deve essere tenuta ben presente…

martedì 24 giugno 2008

RUFENO BIFOLK FEST: 27,28 e 29 Giugno

Riporto il seguente comunicato stampa


RUFENO BIFOLK FEST: I PIU' GRANDI ORGANETTISTI ITALIANI INSIEME PER TRE GIORNI il 27,28 e 29 Giugno 2 CONCERTI GRATUITI IL 27 e 28 GIUGNO A BOLSENA E ACQUAPENDENTE (VITERBO)


Rufeno Bifolk Fest -
10 anni di organetto a Monte Rufeno (Suoni e Passi della tradzione Ed. X) Weekend di musica, natura, gastronomia lungo la via Francigena.
Dal 27 al 29 giugno Riccardo Tesi, Totore Chessa, Ciuma, Fiore Benigni, Roberto Tombesi, Pino Pontuali, Filippo Gambetta, Mario Salvi con Raffaele Inserra alle percussioni, parteciperanno, per la prima volta insieme, alla rassegna musicale Rufeno Bifolk Fest, nell’ambito della manifestazione Suoni e Passi della tradizione alla sua X Edizione, nella suggestiva cornice della Riserva Naturale Monte Rufeno (Acquapendente) e lago di Bolsena (VT).

La prima giornata si svolgerà a Bolsena, con workshop pomeridiani presso l’Auditorium comunale e apertura delle danze alle 21 nella caratteristica Piazza San Rocco, dove già dalle 20 sarà possibile degustare prodotti enogastronomici tipici del luogo. Sarà Antonello Ricci a condurre la serata con un ospite di eccezione come Ernesto Bassignano, cantautore e voice del celebre ho perso il trend di Radio 1 Rai. Sul palco si alterneranno artisti del calibro di Totore Chessa (Sardegna), Ciuma (Emilia Romagna), Fiore Benigni e Pino Pontuali (Lazio), Mario Salvi (Puglia), e lideatrice del festival Viola Buzzi col violoncellista Alessandro Filosomi alla performance della prima sera ispirata a briganti e bifolchi della zona. A seguire la giornata del 28, ricca di approfondimenti sullorganetto, si svolgerà in più casali della Riserva Naturale Monte Rufeno ed avrà il suo culmine alle 21 presso il giardino del casale Monaldesca, dove la nottata sarà animata dalle esibizioni di Riccardo Tesi (Toscana), Filippo Gambetta (Liguria), Mario Salvi, Raffaele Inserra (Campania), Roberto Tombesi (Veneto); il musicista Claudio Giuliani accompagnerà Viola Buzzi nella performance che stavolta tratterà di prostitute celebri. Dalle 20 buffet nei boschi e dopo il concerto grande festa a ballo aperta a tutti. Domenica 29 chiusura con Riccardo Tesi e il giovanissimo Filippo Gambetta sui temi dellorganetto nella musica jazz e dautore.

Durante i tre giorni gli appassionati del genere avranno la possibilità di suonare di tutto e di più, di confrontarsi, carpire idee, apprendere segreti dai guru dello strumento attraverso stage, workshop ed incontri pensati in un excursus pratico-geografico a risalire la direttrice Francigena, da Bolsena alla Riserva Monte Rufeno nel comune di Acquapendente. Per il decimo anno Suoni e Passi della tradizione, progetto originale di Viola Buzzi (www.violabuzzi.it), coglie loccasione per unire la passione per la musica popolare a quella per la natura, ai sapori e agli odori che insieme alle note musicali aleggeranno durante il Festival nellAlto Lazio. L’evento è organizzato dall'associazione culturale "I Tusci" di Acquapendente.

lunedì 23 giugno 2008

Micro Forces


In these posts I often focused my attention towards capacities and adequacies of local institutions in planning and managing processes of local development. I strongly believe that these capacities at micro level are key factors to concretely determine quality of life of local communities: in Italy local institutions are the only possibility people have to stay in touch with politics because macro level is likely to be completely taken apart from the reality of common people being only capable to interpret the pushes and needs of powerful forces which have no interest in pursuing common good. This is particularly relevant for rural communities also because urban realities seem influenced by the same perverse dynamics characterizing national politics. The possibilities to trigger good models and initiatives are linked to a participatory approach involving local communities as a whole in which local administrators play a fundamental role. At local level the struggle between those mechanisms pervading every aspect of personal and collective life is particularly evident. At micro level the distinct dynamics and logics of “extrapolation” and “interaction” dimensions activate an evident confrontation. The former is directed to transform a person (per-sè / myself) in an individual (no more divisible) that is atomized units, oriented to “utility” and to achieve “success”; within this dimension all the mechanisms useful to put people in competition with each other, to increase instability and insecurity in any kind of relationship, to “instrumentalize” the outside world and Nature, etc. are supported by indicators such as GNP, growth at any costs, productivity, economic competition, etc. In this dimension technologies, fast food restaurants, big outlets and department stores, theme parks, Playstation, mobile phones, TV and so on have a central role also because they provide and translate a sound imagine of efficiency and success. The “interaction” sphere involves persons who act mainly to achieve a mutual reciprocal understanding; they operate on the base of free actions and on the prevailing of non monetary values over monetary ones. A large part of the problems we have to cope with derives from a remarkable disequilibrium between these spheres: in brief the pathological feature of our present society consists of the colonization of sensitive aspects of our everyday life (mainly the sides characterized by communication and sentimental links such as the family or friendship) by “extrapolation” systems based on success and efficiency and the prevalence of “results” (a product deriving from an action) over impacts (modification of the context produced by results). It is not possible to evaluate a family or a group of friends in terms of efficiency or success: the unavoidable result is their failure because a family or a group of friends rely on completely different values and principles. The awareness about these mechanisms represents a critical step towards a re-appropriation of our spaces and time: it is necessary that a balance between these dimensions can be achieved at micro level with a widespread support thanks also to small initiatives from those capable to bring people out of their houses in town places and other public spaces to the implementation of small sustainable energy actions capable to stimulate a sense of autonomy and self-sufficiency. This commitment should inspire the design and implementation of local policies also because what is raining from above at macro level (politics, economics, technologies) will be always inspired to “extrapolation” criteria.

Micro-forze


Molto spesso in questi post mi sono concentrato sulle capacità ed adeguatezze delle istituzioni locali di programmare e gestire i processi di sviluppo locale. Questo perché credo fermamente nelle capacità del livello micro di determinare realmente e concretamente la vita delle comunità ed anche per il fatto che oggi in Italia il livello macro appare totalmente separato dalla realtà delle persone e capace solamente di interpretare le istanze di gruppi forti che non hanno interesse alcuno a perseguire il bene comune. Tutto questo è particolarmente rilevante per le comunità rurali dato che le grandi realtà urbane spesso sembrano sottostare alle stesse logiche perverse della politica nazionale. Le poche possibilità che si hanno a disposizione per poter tentare di fare qualcosa di buono è operare a livello locale in collaborazione con le comunità e gli amministratori locali (quando si ha la fortuna di incontrarli) di buona volontà. Proprio a livello locale si scontrano in concreto tutti quei meccanismi che alla fine pervadono ogni aspetto della vita personale e sociale e piegare gli stessi percorsi di sviluppo. Proprio a livello “micro” si scontrano in modo evidente le distinte logiche e dinamiche che fanno capo alla dimensione dell’ “estrapolazione” e quella dell’ ”interazione”. La prima mira a trasformare la persona (per-sé) in individuo (non più divisibile), ovvero delle unità di misura atomizzate, orientate al conseguimento del “successo” e dell’utilità; all’interno di questa dimensione tutti i meccanismi finalizzati a mettere in competizione le persone le une con le altre, la precarietà di ogni forma di rapporto, la strumentalizzazione del mondo e della natura, ecc… vengono supportati da indicatori quali il PIL, la crescita ad ogni costo, la produttività, la competitività economica, ecc… In questa dimensione la tecnologie, i fast food, gli ipermercati, i centri commerciali, i parchi a tema, la televisione, la Playstation, e via discorrendo la fanno da padroni anche perché danno un’immagine forte di successo e di efficienza. La sfera dell’interazione riguarda dei soggetti che agiscono per ottenere fondamentalmente una mutua comprensione; si agisce in virtù della gratuità delle azioni e sulla prevalenza del non monetizzato sul monetizzato. Gran parte dei problemi che siamo costretti oggi a subire deriva fondamentalmente da un marcato squilibrio fra queste due sfere: in breve l’aspetto patologico della nostra società consiste nella colonizzazione della vita quotidiana (quella in pratica caratterizzata dalla comunicazione e dall’interazione come ad esempio la famiglia) da parte di sistemi di “estrapolazione” fondati sul successo e sull’efficienza, sul risultato (prodotto scaturante da un’azione) e mai sull’impatto (modificazione del contesto da parte del risultato). Come è possibile valutare una famiglia o un gruppo di amici in termini di efficienza e di successo? Quando efficienza e successo prevalgono all'interno di queste realtà allora l'esito inesorabile è appunto il fallimento della famiglia e del rapporto di amicizia poichè le loro logiche si ispirano a valori completamente diversi che non hanno niente a che vedere con il successo e con l'efficienza. La consapevolezza dell’azione di questi meccanismi rappresenta già un passo importante per la ri-appropriazione del proprio tempo, dei propri rapporti e dei propri spazi: è indispensabile che il riequilibrio fra queste due dimensioni possa realizzarsi a livello micro con un sostegno molto ampio (creazioni di reti relazionali e affettive di persone in opposizione all'individualità) grazie anche a piccole iniziative da quelle capaci di riportare le persone nelle piazze e negli spazi pubblici fino alla realizzazione di piccole realtà energetiche sostenibili (micro-eolico, fotovoltaico per le strutture pubbliche, micro-idroelettrico, ecc...) che non hanno un solo valore "ecologico" o energetico dato che stimolano il senso di autonomia ed autosufficienza. Questo impegno deve ispirare la messa a punto e la realizzazione delle politiche locali dato che tutto quello che ci viene offerto dal “macro” (politica, economia, tecnologie) sarà sempre ispirato a criteri di “estrapolazione”.

giovedì 19 giugno 2008

Local Economy


Local development is based on growth processes not only in economic parameters, but primary in those parameters related to the quality of life of local communities through positive relations among endogenous resources (human, environmental, economic resources): in particular, various forms of richness deriving from such a process must remain within the territory rather than dispersed away. In addition, local development cannot be linked to activities generating impacts only in one economic sector but they must contribute to the development of an area as a whole. When travelling in many rural areas in Italy I often realize that these rather obvious concepts are absent in the decision making processes and however not well understood causing a continuing erosion in the territorial resource base and an extreme weakness of the initiatives locally made and locally operating. A normative confusion, an ossified bureaucracy, inefficient and incompetent local administrations, difficulties to access to credit, strong competitive pushes among different groups, individualism and apathy make the starting up of new activities extremely difficult and sometimes impossible. Notably, a scarce or the lack of a development culture in many local administrators (confusing often a village festival with a real territorial promotion, or confusing folklore with tradition and so on) may waste a large amount of financial resources in very expansive and low or zero and even negative impact actions. A real local development requires sound ethic foundations and cannot be achieved without a deep culture and awareness of the territory as a network of environmental, cultural and economic resources. It requires also a participatory approach in decision making processes, competent and efficient local institutions, transparency in procedures and above all a strong feeling of cooperation and solidarity among local agents. Frequently positive models may be activated by few motivated individuals who may trigger innovative processes and “domino effects”. For example buying local products, usually vegetables and food products rarely available in supermarkets because small scale productions, implies, together with a reduction in transportation costs and in pollution emissions, a reconstruction of the linkages between food producers and food consumers. In addition the euros spent in local products may re-circulate within the same local community. These circuits may also stimulate the development of local enterprises in handicraft, small scale industries, services, small restaurants and local tourism. So we cannot wait for a "miracle" from the above or for the others' intervention. An effective local development strategy thus doesn’t mean the selling of villages and territories to the best offer, but a valorisation of present and tacit potentials of local systems and the richness of the peculiarities and specificities of rural areas also on the base of our personal direct involvement and committment.

Economia Locale


Lo sviluppo locale si fonda su processi di crescita non solo nei parametri economici, ma primariamente in quelli della qualità della vita delle comunità locali, sulla base di un rapporto virtuoso fra le varie risorse endogene (umane, economiche, ambientali); in particolare le varie forme di ricchezza che tale processo di sviluppo tende a produrre non si disperdono, ma permangono nel territorio di afferenza. Inoltre lo sviluppo locale non può connettersi ad attività che hanno un impatto in un determinato settore economico, ma deve promuovere iniziative partecipative che determinano lo sviluppo di un’area nel suo complesso. Quello che mi capita spesso di vedere girando per l’Italia rurale è che questi concetti apparentemente banali sono tuttaltro che compresi causando una continua erosione del patrimonio territoriale locale e determinando un’estrema fragilità delle iniziative che nascono ed agiscono localmente. La confusione normativa, una burocrazia farraginosa, amministrazioni locali incompetenti e inefficienti, difficoltà di accesso al credito, forti spinte competitive fra gruppi di interessi, accentuato individualismo ed apatia rendono molto difficile e talvolta impossibile dare vita ad attività di qualsiasi genere. In particolare la scarsa o la totale assenza di una cultura dello sviluppo negli amministratori locali (che spesso confondono le sagre paesane con la reale promozione territoriale, il folclore con la tradizione, e via discorrendo) può causare lo spreco di ingenti risorse finanziarie in attività che costano molto e che producono impatti modesti o nulli (talvolta sono anche negativi). Un vero sviluppo locale deve fondarsi in primo luogo su solide fondamenta etiche e non può essere perseguito senza una profonda cultura del territorio in termini ambientali, sociali, culturali ed economici, un approccio partecipativo nei processi decisionali, un’amministrazione locale competente ed efficiente, trasparenza nelle procedure e soprattutto un forte senso di cooperazione e solidarietà fra gli agenti locali. Molto spesso modelli positivi possono nascere dalla volontà di poche persone che possono attivare processi innovativi ed effetti domino: ad esempio comprare i prodotti locali, spesso varietà vegetali e animali che raramente possono essere reperite nei supermercati perché magari vengono prodotte in quantitativi limitati, significa, oltre a ridurre i costi di trasporto e i livelli di inquinamento, ricostruire delle relazioni dirette fra chi produce prodotti alimentari e chi li consuma e gli euro che vengono spesi in prodotti locali ri-circolano all’interno della medesima comunità locale. Questi circuiti possono poi stimolare la nascita i imprese locali nell’artigianato, nell’industria di piccola scala, nei servizi, nella ristorazione e nel turismo “tipico” con la creazione di fenomeni di agglomerazione fondati su relazioni di acquisto/vendita di beni o servizi fra agenti locali. Insomma non aspettiamo con le mani in mano che qualcosa cada dal cielo o che qualcuno provveda al posto nostro. Un efficace progetto di sviluppo locale non significa pertanto vendere borghi e territori al migliore offerente, ma valorizzare potenzialità attuali e tacite dei sistemi locali e la ricchezza della specificità dei luoghi del nostro Paese anche sulla base dell'impegno personale e volontario dei singoli individui.

mercoledì 18 giugno 2008

The “Boomerang” Effect


The relations between mankind and environment, between a territory and the community living in, create two strictly interconnected systemic dimensions rather than two clearly distinct ones. Environmental movements and leaders and scientific literature have produced a remarkable quantity of information and studies about the human impact over the environment: yet the human impact over the environment and the impact of this modified environment over the humans cannot be separately evaluated but they must be always simultaneously analyzed. An analysis about the environmental transformation and modification should be accompanied and supported by a deep understanding of the underlying modification occurring within the individual, collective and economic/non economic organizational dimension: in brief humanity modifies environment being simultaneously modified by the environment through a continuing process. These rather obvious considerations are essentially directed to criticize above all many local politicians who are often very interested in short term issues having little concern about mid-long term issues. Certain options producing small improvements in the short run may generate severe negative impacts in the long run whose costs will be paid by future generations and whose management will be a problem for the next administrators (by the way: this the real trick in politics). This rule can be applied either for the opening of a new supermarket in a rural village or for the construction of a big highway when only focusing on present (usually monetary) benefits with scarce or no consideration for future discomforts and problems. It is not necessary to cite studies and researches: what I want to emphasize is that the territory where we live doesn’t passively bear our injuries. The degradation we are producing everyday returns to us with a boomerang effect not only as natural resources’ degradation but also as degradation in the quality of the individual psycho-physical equilibrium, in the quality of the social relations, the relations between people and space, and those relations between people and institutions. Territorial degradation is always accompanied by an ethic degradation. As an example, many people paradoxically tend to consider big malls as “public spaces” rather than town places. What is happening outside my door is not my business…

Effetto “Boomerang”


Il rapporto fra uomo ed ambiente, fra il territorio e la comunità che vive al suo interno non disegna mai due dimensioni di un sistema nettamente distinte ma semmai strettamente interrelate. I movimenti ecologisti, i leader ambientalisti e la letteratura scientifica in materia hanno prodotto un corpus di informazioni e studi notevoli circa l’impatto dell’uomo sull’ambiente: tuttavia l’impatto dell’uomo sull’ambiente e l’impatto di questo ambiente “impattato” sull’uomo non possono essere valutati separatamente ma devono essere tenuti in considerazione contemporaneamente. L’analisi della trasformazione e modificazione dell’ambiente naturale deve essere accompagnata e sostenuta da una comprensione delle parallele modificazioni che si verificano all’interno della dimensione individuale, collettiva e delle organizzazioni economiche/non economiche: in sostanza l’umanità modifica l’ambiente essendo simultaneamente modificata da esso attraverso un processo continuo. Quello che si vuole lanciare è un monito soprattutto alla politica “locale” che spesso si preoccupa molto di questioni di breve periodo (quando se ne preoccupa) e poco o nulla di quelle di medio-lungo periodo. Certe opzioni che possono produrre piccoli benefici sulla breve distanza possono generare impatti negativi pesanti nel corso degli anni il cui costo ricade sulle generazioni future e la cui gestione spetterà a futuri amministratori (del resto è in questo nodo il trucco!!). Senza bisogno di citare studi e ricerche in materia, mi preme sottolineare che il territorio non si limita a subire passivamente le ingiurie che gli vengono inflitte. Il degrado cui sottoponiamo la nostra terra ci viene restituito come un boomerang non solo sottoforma di degrado delle risorse ambientali naturali, ma anche come degrado della qualità dell’equilibrio psicofisico dell’individuo, dei rapporti sociali e di quelli stessi fra città e cittadini, fra cittadini ed istituzioni, ecc… Il degrado del territorio si accompagna insomma ad un degrado etico. Basta pensare ad esempio al fatto che oramai la gente considera sempre di più “spazio pubblico” solamente e paradossalmente non tanto le piazze quanto i centri commerciali. Quello che accade fuori dalla porta della mia casa, non è più affare mio.

martedì 17 giugno 2008

Critical Initiatives

I focus this post on some considerations taken from an article published on the Italian magazine “L’Espresso” about Chris Carlsson, an American writer and activist well known for his many critical initiatives on contemporary economic mechanisms and logics. From this great number of Carlsson’s activities and visions (i.e. Critical Mass – a bikers’ movement directed to re-gain urban spaces) I would like to emphasise the interesting concept according to which it is possible to build a diverse and free culture which can grow in a critical perspective to the conventional one characterized by labour and accumulation. This vision is based on the possibility to put in second order values and principle of the latter culture, which should be used to “pay the bills”, and give major emphasis to the former linked to those who find their expressions in everything is placed outside labour and politics rather than in professional careers and well paid wages. These persons who prefer the re-appropriation of their time and non-utilitaristic social relations constitute the core of may expressions of spontaneous and voluntary organizations and socio-economic development: refusing the logics of business, management and acritical consumption, these persons represent the dynamo for many advanced forms of economic development also at local level. The Carlsson’s key-concept can be expressed by the idea according to which: “our planet cannot be saved through a ‘better consumption’. Change results from production rather than from consumption… Refusing the logics of consumption is a way to change the world as we see it today”. These images of “construction”, “production”, “realization” are the keys to positively and actively trigger change in opposition to the concept of “consumption” which is essentially destructive posing individuals in a condition of absolute passivity. I believe that the possibility to create new and alternative forms of economic development relies on this paradigm shift moving from "consumption" (passive) to "construction" (active). Consequently the opportunity to escape the passive condition of “consumer-user” implies the acquisition of an awareness of our active role within the processes which we are immersed in and breaking down those links of hysterical accumulations of no-use goods and professional careers as unique focal element of our lives. Carlsson asserts again: “we must be freed from the fear to lower our standards of life. We can live well also gaining less, spending less and working less”. What a challenge to the culture of careers, ambitions, profits at any cost and human relations’ utilization!

Iniziative Critiche

Prendo spunto per questo post da un articolo apparso sulla rivista “L’Espresso” su Chris Carlsson, scrittore ed attivitista americano noto per tantissime iniziative critiche nei confronti dei meccanismi economici contemporanei. Delle tante attività e visioni di Carlsson (ad esempio Critical Mass - movimento di riconquista dello spazio urbano con le bici) mi preme evidenziare l’interessante concetto secondo cui è possibile costruire una cultura diversa e libera che può svilupparsi parallelamente a quella convenzionale caratterizzata dall’accumulazione e dal lavoro. L’idea è quella di mettere in secondo piano i valori ed i principi di questa seconda cultura, che di fatto serve per “pagare le bollette”, e dare maggiore evidenza a coloro che invece trovano la loro espressione non nella carriera e nella caccia ai migliori stipendi, ma in quello che esiste fuori dalla politica e dal lavoro. Proprio queste persone che mirano alla ri-appropriazione del proprio tempo e delle proprie relazioni sociali non utilitaristiche sono alla base delle tante forme di organizzazione e sviluppo sociale-economico spontaneo: rifiutando le logiche del business, del management e del consumo acritico, queste persone rappresentano i presupposti ad esempio per forme evolute di sviluppo economico locale Il concetto chiave di Carlsson si esprime nell’idea secondo cui “non si salva il pianeta ‘consumando bene’. Il cambiamento è il risultato del produrre non del consumare… sottrarsi al consumo è un modo per cambiare il mondo com’è oggi”. In questa idea di “costruzione”, “produzione”, “realizzazione” vi è la chiave per attivare il cambiamento in contrapposizione al concetto di “consumo” che è essenzialmente distruttivo e pone le persone in una condizione di assoluta passività. Penso che le possibilità per definire e realizzare forme nuove ed alternative di sviluppo economico si possono fondare proprio su questo spostamento di prospettiva: dal "consumo" (che è una forma passiva) alla "costruzione" (che è una funzione attiva). Uscire dalla logica dell’utente-consumatore implica quindi l’acquisizione della consapevolezza del proprio ruolo attivo nei processi che ci circondano spezzando i vincoli dell’accumulazione isterica di beni inutili e della carriera come elemento focale di tutta un’esistenza. Sempre secondo Carlsson: “non bisogna avere paura di abbassare il proprio standard di vita. Si può vivere bene anche guadagnando meno, spendendo meno e lavorando meno”. Una bella sfida verso la cultura delle carriere, dell’ambizione, del profitto a qualunque costo, della strumentalizzazione delle relazioni umane.

venerdì 13 giugno 2008

Going Beyond


When discussing about territorial development, it is not possible to examine only economic, social, ecological, biological, geological aspects, but also well defined “signals” and values have to be carefully kept in mind. If these signals and values are removed from economic, social and environmental elements, then local development becomes essentially auto-referential and these values and signals become opaque ghost-symbols. The lack of these values concretely transform for example environmental issues in a mere ecologism when the degradation of the space surrounding us results from precise economic development models based on precise reference (dis)values. Environmental protection is primary an ethic issue and only secondly a “technical” one. If economics, development and environment are put into the hands only of “experts” then the efforts to transfer these issues upon a more elevated level (for example connecting development to social cohesion, to the reconstruction of the sense of community and responsibility, to voluntary actions and solidarity, to the priority of public interests, etc.) will be considered as pure idealism made of naïve ideas not applicable in the real world. Is this always true? I always repeat, and everyday experience can widely confirm it, that the main knot for the activation of positive development mechanisms should be triggered within a “micro” dimension (because we cannot expect anything good from the “macro” level): it means a direct personal commitment is essential in modifying our mental and behavioural pattern. These mental and behavioural schemes may critically denounce values and aesthetic principles of the social groups which we belong to. Like in agriculture, we are suffering from the destructive effects of a real “mono-culture” based on the organized consumption of no-use goods, imagines without any value, big outlets and department stores, etc. which systematically separates the causes from the consequences of our personal choices. We should renounce to our present role of “spectators” and take charge of our responsibilities. The possibility to interrupt this short-circuit is linked to the re-discovery of the meaning of the concept of “person” in opposition to “consumer” or “user”: we are not mere consumers bearing consumers’ rights, but finally persons bearing personal rights not necessarily linked to any form of consumption. Around this clear distinction different common visions and values may be developed in order to build a community (not necessarily based on spatial proximity), which everyone may belongs to not referring to incomes or class; we must evaluate other persons on the base of their integrity and equilibrium (these are critical signals!) rather than their cellular phones or cars. Hence, let’s start in exploring the “local dimension” not only as spatial or territorial element but also, and above all, as cultural and individual/collective personality locus.

Andare oltre


Quando si parla di sviluppo territoriale non si può fare riferimento solo ad aspetti economici, sociali, ecologici, biologici, geologici, ecc… ma si devono anche tenere presenti precisi “segnali” e valori. Se questi segnali e valori sono amputati dagli elementi economici, sociali o ambientali allora lo sviluppo locale si ripiega su sé stesso e questi valori e segnali finiscono con il diventare dei simboli astratti ed incomprensibili. La mancanza di questi valori di fatto trasforma ad esempio le questioni ambientali in mero ecologismo, quando in realtà il degrado dello spazio che ci circonda è il risultato di precisi modelli di sviluppo economico che si fondano a loro volta su precisi (dis)valori di riferimento. La tutela dell’ambiente è pertanto una questione primariamente etica e solo secondariamente una questione “tecnica”. Fintanto che i temi dell’economia, dello sviluppo e dell’ambiente sono affidati a dei “tecnici” allora il tentativo di trasferire queste tematiche ad un livello più elevato (ad esempio connettere lo sviluppo alla coesione sociale, alla ricostruzione del senso di comunità e di responsabilità, al volontariato e alle attività solidali, alla tutela degli interessi di tutti, ecc…) finirà con l’essere bollato come puro idealismo fatto di inapplicabili idee ingenue e fantasiose. Eppure non è così: abbiamo sempre detto, e l’esperienza quotidiana ce lo conferma ampiamente, che il nodo principale dell’attivazione di circuiti di sviluppo virtuosi deve partire dal basso, dal livello “micro” (dato che dal “macro” non possono che arrivare messaggi fuorvianti) ovvero bisogna lavorare sugli schemi mentali e comportamentali di ognuno di noi. Questi schemi comportamentali alla fine sono quelli che denunciano in modo implacabile i valori e l’estetica dei gruppi sociali cui apparteniamo. In fondo, come in agricoltura, stiamo soffrendo gli effetti devastanti di una vera e propria “monoco(u)ltura” che si fonda sull’accumulo organizzato di beni inutili, immagini prive di sostanza, centri commerciali, ecc… Bisogna abbandonare il ruolo di meri spettatori. Le possibilità di riuscire a venire fuori da questo corto circuito si legano alla riscoperta e recupero di valori dell’”essere” in contrapposizione a quelli dell’”avere” ovvero riscoprire il significato dell’idea di “persona” da opporre a quella di “consumatore” o “utente”: intorno a queste visioni ed interessi comuni è possibile costruire una comunità (anche estesa e non necessariamente basata sui vincoli di prossimità spaziale) cui si può appartenere senza fare riferimento ai livelli di reddito, di classe o di ben acquistati: smettiamo di valutare le persone dal loro telefonino o dalle loro automobili, ma dal loro equilibrio e dalla loro integrità personale. Cominciamo quindi ad esplorare e riscoprire il “locale” non solo come spazio e territorio che ci circonda, ma anche come luogo della cultura e della personalità individuale e collettiva.

mercoledì 11 giugno 2008

Modernity with Fewer Technologies?

It’s a commonly shared the idea that without technologies there is no modernity or that development can be achieved only if adequately supported by technologies or that traditional societies are underdeveloped by definition because not backed by technologies. This cliché frequently results from a scarce or contradictory definition of the involved terms: modernization, growth, progress, development are used in a changeable way usually in opposition to an idea of tradition considered as a the framework for underdevelopment, poverty and cultural oppression and conservatism. The so-called experts and many voices from academic, political and scientific research world, (almost) always agree in considering technology as the essential element capable to make a society or a social group modern and, on the contrary, its lack or limited diffusion causes the social backward-looking. In particular technical and scientific world and, maybe in a more worrying way, the management world, are deeply committed in demonstrating that technology doesn’t limit its influence in the practical implementation of technical and scientific acquisitions, but they tend to widespread a techno-scientific rationale at the base of these acquisitions and a really independent culture. How many times one can see, above all in commercials, the imagine of successful managers with the newest cellular phone or notebook computer in their hands or driving the latest SUV, spreading efficiency everywhere and stimulating imitation pushes? These are the best models of more advanced way of life! Dust and slowness are banned from this fast, clean and aseptic world… It is necessary to examine very carefully and with critical consciousness the cultural models commercials transmit because, even very irresponsibly, they tend to build, in a very powerful way, a culture in which technological values completely overcome non technological ones: techno culture finally becomes pervasive and ubiquitous. The idea TV is trying to pursue, mainly through commercials, consists in demonstrating that something which wants to be really advanced has to be “technologically” advanced. In this way technology assumes the characteristics of a real cultural system invading any aspect of life both at individual and at social level through a process that, directing any development strategy, tends to manipulate individuals, social groups and entire societies. This culture finds prominent expressions also at local, national and international political level: if you don’t build high tech firms, you will have no development, without hyper-management there is no development, if you don’t create a Sylicon Valley in your territory you cannot foster any local development, etc. Is it really true? Here I don’t want to criticize the relevant role of technology as support and tool to sustain development: what I really want to emphasize first of all is that technology is only a “tool”. Secondly I criticize its postulation to be the “unique tool” excluding any alternative even in case of development processes showing huge human and environmental costs measured in terms of high mobilization of human and material resources in the name of a presumed efficiency not rarely incompatible to traditional cultural models and societies. The problematic character of the present development models relies in the continuing use of technologies, even when not necessary or in presence of alternatives, rather than in technologies “per sè”. When we want to define and implement in practice development strategies, above all at local level with the related public administrators, it is thus necessary to make alternative actions emerge. Many local public administrators have a doubtless blind faith in technologies as “miracle medicine” to quickly achieve development in particular in marginal areas: in this case public administrators should have the awareness about the presence of “uncertainty” generated by environmental and context uncertainty (presence of conflicting goals) and uncertainty caused by incomplete information or by inaccurate imagine of the starting conditions and potential results. Within this framework the definition of an evaluation system plays a fundamental role. If local administrators have no sensibility about these issue, it is better to change them. This is to show that local development requires often non-technological knowledge linked to human capital rather than sophisticated and advanced technologies: in brief less machinery and more relations, less artificial intelligence and more human intelligence (above all in politics).

Ci può essere una modernità con meno tecnologie?

Non di rado capita di leggere che senza tecnologie non vi è modernità oppure che lo sviluppo può essere conseguito solo se adeguatamente supportato dalle tecnologie oppure ancora che le società tradizionali sono per definizione arretrate perché non provviste di tecnologie. La banalizzazione della problematica è frequentemente dovuta ad una scarsa o contraddittoria definizione dei termini coinvolti; modernizzazione, crescita. progresso, sviluppo vengono usati in modo intercambiabile a piacimento quasi sempre contrapposti ad un’idea di tradizione considerata come il contenitore del sottosviluppo, povertà ed arretratezza. I cosiddetti esperti e molte voci del mondo accademico, della politica e della ricerca scientifica sono (quasi) sempre unanimi nel ritenere che è la tecnologia che rende moderna una società od un gruppo sociale, e al contrario la sua assenza o limitata diffusione ne determina l’arretratezza. In particolare il mondo tecnico-scientifico e, forse in maniera più preoccupante, quello del management si impegnano in modo deciso a dimostrare che la tecnologia non limita la sua influenza all’impiego “pratico” di queste acquisizioni, ma, forse in maniera anche più penetrante, tende a diffondere una razionalità tecnico-scientifica che presuppone tali acquisizioni ed una vera e propria cultura. Quante volte capita di vedere, soprattutto nelle pubblicità, l’immagine di manager di successo tutti telefonino cellulare, PC portatile e SUV che sprizzano efficienza da tutti i pori, solleticando il desiderio di imitazione di molti? Loro sì che sono all’avanguardia! Bisogna prestare molta attenzione ai modelli culturali che la pubblicità trasmette poiché, in modo anche spregiudicato, tende a costruire (in modo molto più potente di qualsiasi team di esperti e specialisti) una cultura in cui la preponderanza dei valori tecnologici su quelli non tecnologici è di fatto pervasiva e totalizzante. L’idea che la televisione, tramite i pubblicitari, vuole portare avanti è quindi che tutto quello che deve essere veramente moderno deve identificarsi quasi completamente con lo sviluppo tecnologico. E’ evidente che in questo modo la tecnologia assume i caratteri di un vero e proprio sistema culturale che invade ogni aspetto della vita individuale e sociale attraverso un processo che, direzionando ogni percorso di sviluppo, tende a strumentalizzare individui, gruppi sociali ed intere società. Questa cultura trova le sue espressioni anche a livello politico sia centrale che locale: se non crei imprese high tech non hai sviluppo, senza hyper-management non hai sviluppo, se non crei nel tuo territorio una specie di Sylicon Valley non hai sviluppo locale, ecc… ecc… Qui non si vuole ovviamente discutere il ruolo cruciale della tecnologia come supporto e strumento dello sviluppo quanto la sua assunzione ad “unico” mezzo che non prevede alcuna forma di alternativa anche quando ci troviamo di fronte a processi di sviluppo dai costi sociali ed ambientali enormi misurabili nella elevatissima mobilitazione di risorse umane e materiali in nome di un concetto di efficienza spesso totalmente alieno ai modelli culturali e alle società definite come “tradizionali”. La problematicità degli attuali modelli di sviluppo non consiste quindi nella presenza delle tecnologie di per sé quanto nel continuo ricorso alle tecnologie a scapito di qualsiasi altra alternativa. Quando allora vogliamo ragionare in pratica sulla definizione ed applicazione di processi di sviluppo, in particolare a livello locale con i relativi amministratori pubblici, bisogna in primo luogo lavorare sull’emersione di azioni alternative. Siccome poi molti amministratori pubblici locali cadono nella trappola della fede cieca e priva di dubbi nelle tecnologie come “medicina miracolosa”, è indispensabile allora creare la consapevolezza della presenza di un certo grado di incertezza generato dall’incertezza ambientale e di contesto (presenza di obiettivi in conflitto ) e quella causata dalla disponibilità di informazioni incomplete o da una non accurata immagine della situazione di partenza o dei risultati ottenibili. Il tutto deve essere sottoposto ad un sistema di valutazione dei risultati ottenuti o quelli potenziali risultanti da azioni alternative. Lo sviluppo territoriale il più delle volte non ha quindi bisogno di tecnologie sofisticate per sostenersi quanto semmai di conoscenze non tecnologiche spesso legate al capitale umano: insomma meno macchine e più relazioni, meno intelligenza artificiale e più intelligenza umana (soprattutto da parte della politica).

venerdì 6 giugno 2008

When a Garden may cure


I’m taking the opportunity to name this post using the title of the Cristina Borghi’s books “Il giardino che cura (the curing garden) describing the ways through which it is possible not only to reconstruct the degrading relationships between humans and nature, but also to use eco-therapy or garden-therapy within the hospital planning. The curing capabilities of green space are widely demonstrated by now: the simple vision of a garden may notably contribute to alleviate physical and psychological suffering of patients in a hospital. In addition the possibility to re-discover the plants’ life-cycle, the re-appropriation of a space to be cultivated may also contribute to manage frustration and anxiety. A well made green space may provide a particularly complete equilibrium because it positively stimulates all the five senses: sight, contemplating colours of flowers and plants, olfaction, discovering plant and flowers’ perfumes, the sense of touch, experimenting the differences among different kind of plants, the sense of hearing, listening the sound of leaves’ whishing or water flowing. Do not forget the sense of taste if you have the possibility to cultivate a small garden with different kind of vegetables and aromatic plants. Also children may benefit from the availability of a garden according to many point of view: children should consider a green space not only as a football field or as a space in which they may run or play but also as a place where they may have something to learn. First of all they may learn that also a small garden is a complex network of living creatures with which children should positively and constructively relate. Children should learn that plants are living creatures rather than objects they can use and throw away. The possibilities to put into practice new ways of sustainable cohabitation between humans and nature are unavoidable linked to opportunity to “instil a spirit” when educating children towards these issues also on the base of their innate more spontaneous and quasi-magic sensibility towards nature (which adults very often have lost). It is thus necessary to re-construct a sensibility together with a new spirituality at the base of the relationship between children and nature in order to provide an added value to certain too cold scientific approaches (the TV documentary culture) often affecting even many positive voluntary initiatives. This is a fundamental precondition to alternative development strategies as a whole in opposition to the present culture of hedonism, uncontrolled consumption and natural resources’ devastation: educating children to recognize Nature as a living body, it will be possible to teach them the idea of “respect” (towards, plants, animals, other human beings, other cultures and also towards places – Anima Loci!) giving back to them their childhood a too hyper-technological culture everyday tends to negate and erode. Surely everyone will benefit form this both in physical and psychological terms and maybe we will start to really cure certain ideas of economics as well.

giovedì 5 giugno 2008

Quando un giardino può curare

Prendo come spunto per nominare questo post, il titolo del libro di Cristina Borghi “Il giardino che cura” (Giunti Editore, 2007) che descrive le modalità attraverso le quali non solo è possibile ricucire le relazioni ormai degradate fra uomo e natura, ma anche come sia possibile inserire l’ecoterapia o l’ortoterapia all’interno della progettazione delle strutture sanitarie. Ormai la capacità di cura degli spazi verdi infatti è ampiamente dimostrata: già la semplice vista di un giardino può contribuire sensibilmente ad alleviare la sofferenza fisica e psicologica di un paziente ricoverato in un ospedale. Inoltre la possibilità di riscoprire il ciclo di vita delle piante, la ri-appropriazione di uno spazio da coltivare e da curare può anche aiutare a gestire le proprie frustrazioni ed ansie. Uno spazio verde ben curato infatti può ridare equilibrio in modo veramente completo perché stimola positivamente tutti i sensi: la vista, con la contemplazione dei colori dei fiori e delle varietà vegetali, l’olfatto, con la riscoperta dei profumi, il tatto, verificando anche toccandole le tante differenze fra le singole piante, l’udito, ascoltando il suono del frusciare delle fronde o dello scorrere dell’acqua. Non dimentichiamoci poi del gusto: se si ha la possibilità di coltivare e curare un piccolo orto, si possono anche assaporare i tanti sapori degli ortaggi e delle piante aromatiche. Un giardino può fare tanto anche per i bambini: uno spazio verde deve essere considerato dai bambini infatti non solo come un “campo di calcio” o come uno spazio dove correre come matti ma come un elemento vivente con cui relazionarsi in modo positivo e costruttivo che deve essere rispettato, curato e percepito come “proprio”. Bisogna insegnare ai bambini ad esempio che anche le piante sono degli esseri viventi e non degli oggetti che possono essere usati e buttati via. Le opportunità di mettere in pratica forme di convivenza sostenibile fra uomini ed ambiente passano inevitabilmente dalla possibilità di "istillare uno spirito" dentro tutte queste questioni e ciò significa coinvolgere in primo luogo i bambini perché essi detengono una sensibilità più spontanea e quasi “magica” verso il mondo mentre gli adulti molto spesso questa sensibilità l’hanno inevitabilmente persa. E’ indispensabile quindi ricostruire una sensibilità verso queste tematiche sostenuta da una "spiritualità", alla base del rapporto fra bambini e natura che in qualche modo possa arricchire certi approcci altrimenti troppo scientificamente freddi o meramente volontaristici (la cultura del documentario televisivo) che spesso si riscontrano anche in iniziative di volontariato molto positive. Tutto questo non deve essere considerato come puro ascetismo astratto. Quante volte ci scontriamo con dei comportamenti quotidiani delle persone comuni connotati dall'apatia, dal cinismo o dal menefreghismo? Se le possibilità di cambiare qualcosa si legano effettivamente alla dimensione "micro", allora è proprio con questi elementi che bisogna fare i conti. La precondizione per costruire, un piccolo passo alla volta, forme di sviluppo alternative realmente sostenibili (da opporre alla cultura dell'edonismo, del consumo sfrenato, dello sfruttamento senza limiti e regole, del "chi se ne frega") si legano inevitabilmente alla capacità di educare le generazioni più giovani ad esempio a riconoscere la natura come un vero e proprio "essere vivente" per insegnare loro l'idea di "rispetto" (verso le piante, gli animali, le altre persone, le altre culture, e anche il rispetto verso i "luoghi" - Anima Loci!). In tal modo si può tentare di restituire ai bambini la loro infanzia che una cultura ipertecnologizzata continua a negare loro, potremo migliorare la nostra salute fisica e mentale e gettare quelle precondizioni per cominciare a curare anche la nostra economia.