martedì 30 novembre 2010

Lettera aperta degli studenti e delle studentesse della Rete della Conoscenza alla società civile, all'opposizione sociale, ai cittadini in lotta.

Pubblico di seguito il testo della lettera aperta degli studenti e delle studentesse della Rete della Conoscenza. C'è effettivamente poco da commentare e da aggiungere. L'unica cosa che vorrei sottolineare è che la mobilitazione della scuola, dell'università e della ricerca scientifica (non da ultimo la protesta dei ricercatori italiani al CERN) non è un fenomeno di settore: non ci troviamo di fronte a delle mere rivendicazioni lavorative o salariali. Per lo meno non solo questo. La scuola e la ricerca scientifica sono luoghi della mente (almeno così dovrebbe essere) pertanto la mobilitazione di questi uomini e donne è una mobilitazione politica nel senso più corretto del termine: è il tentativo di svegliare l'intera società civile italiana che da tempo, troppo tempo, ha definitivamente smesso di ricorrere all'esercizio mentale, alla cultura e alla conoscenza come stimolo alla responsabilità individuale e collettiva, come coscienza critica e consapevolezza. Non è quindi uno scontro fra universitari e un Ministro oppure fra universitari ed un Premier. Qui c'è il confronto fra due diverse Italie o due modi di concepire l'Italia e la Res Publica. Al di là di singole rivendicazioni questo è il grande merito di queste persone: l'aver dato un segno che dimostra che un'altra Italia è possibile, un'altra Italia esiste. E la politica resta a guardare: non c'è una sola forza politica, un solo leader politico capace di farsi portavoce di questa Italia "Altra".

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Siamo studentesse e studenti che da settimane sono in mobilitazione permanente.

Centinaia sono le scuole e le università occupate, migliaia gli studenti e le studentesse che hanno inondato le piazze negli ultimi mesi, contro la più grande rapina della storia del nostro paese: il furto del nostro futuro.

Paghiamo la precarietà come condanna esistenziale. Nello studio come nel mondo del lavoro le nostre vite sono ridotte a merce da sfruttare per ingrassare i portafogli di chi ha provocato la crisi.

Le nostre scuole e le nostre università sono sommerse dalle macerie prodotte da vent'anni di politiche scelerate, di tagli e finte riforme che hanno ridotto l'accesso alla conoscenza ad un bene esclusivo per pochi che nonostante la possibilità di conseguire un titolo di studio sono costretti ad emigrare, a fuggire dal disastro economico, sociale e civile in cui versa il nostro paese.

Siamo studentesse e studenti, indignati nei confronti dell'attacco ai diritti generalizzato in tempi di crisi che colpiscono noi, il mondo del lavoro e dei beni comuni. Hanno tentato di isolarci, di dividerci, di metterci ai margini della società. Ci mobilitiamo perchè vogliamo uscire da questa marginalità e riprenderci il diritto a cambiare la politica e a riconquistare un presente e un futuro all'altezza dei nostri sogni, di essere realmente liberi dalle nuove schiavitù. L'attacco che subiamo nelle scuole e nelle università è lo stesso che propone la Confindustria agli operai di Pomigliano, è lo stesso che subiscono le popolazioni campane sommerse dai cumuli di immondizia, è lo stesso delle popolazioni aquilane prese per i fondelli dall'illusione della “ricostruzione”, è lo stesso degli immigrati di Brescia saliti su una gru ed espulsi appena scesi.

Il governo Berlusconi sta per cadere. Forse è già caduto: a prescindere dall'esito del voto parlamentare del 14 dicembre, il blocco sociale che ha irresponsabilmente sostenuto il governo finora si è sgretolato, sotto i colpi degli scandali sessuali, della corruzione ostentata. La fine di questo governo, che definiremmo ridicolo se non fossero tragiche le conseguenze del suo operato sulla vita di tante donne e uomini, non può che essere una buona notizia per qualsiasi cittadino, e come tale va celebrata. Ma ci sarebbe poco da festeggiare, la sera del 14 dicembre, se Berlusconi cadesse al termine di una partita giocata interamente all'interno del Palazzo. Non ci basta.

La liberazione che meritiamo richiede un risveglio collettivo, richiede la rivolta pacifica e determinata di chi è stanco di essere suddito, richiede che noi, uomini e donne che vivono in questo paese, scendiamo in piazza per sfiduciare davvero Berlusconi. Non aspettiamo Fini o suoi simili, non appendiamoci ancora una volta all'effimera volontà di parlamentari comprati e venduti come vacche da latte, non sottoponiamoci al supplizio di dover assistere da spettatori al tragicomico spettacolo che è diventata la nostra democrazia. La vera opposizione siamo noi, come abbiamo ampiamente dimostrato nelle tante lotte che abbiamo condiviso negli ultimi anni, nel grande silenzio della “grande politica”.

Il 14 dicembre saremo in piazza in tutta Italia ma non ci limiteremo a sfiduciare il governo, al contrario, dimostreremo che noi, generazione precaria e senza futuro, non siamo sfiduciati. E' arrivato il momento di passare dalla resistenza alla riscossa. Sosteniamo l'appello lanciato dal percorso “uniti vs la crisi” che convoca le iniziative per quella data, lo raccogliamo e lo rilanciamo all'interno dei territori, nelle scuole e università perchè convinti che la mobilitazione per il 14 si debba allargare e moltiplicare con l'obiettivo di un'ampia partecipazione popolare.

Il governo è precario come noi, ma, a differenza di Berlusconi e dei suoi vassalli di oggi e di ieri, a differenza di chi lo sostiene e di chi abbandona la barca, noi non cadiamo. Noi il giorno dopo saremo ancora lì, nelle scuole, nelle università, tra le macerie di questo paese, pronti a costruire un'alternativa, pronti a ricostruirci il futuro. Se il 14 dicembre finirà un'epoca, la prossima saremo noi. Facciamo delle mobilitazioni di questi mesi, delle relazioni che abbiamo costruito, delle idee che abbiamo elaborato, l'inizio della nuova Italia. Mobilitiamoci in tutte le città, invitiamo la società civile, i lavoratori e le lavoratori, il mondo della cultura e i cittadini in lotta a costruire con noi una vera e propria giornata di liberazione. Mandiamolo a casa, costruiamo il futuro.

giovedì 25 novembre 2010

Scientific Research and Riots

In these days teachers, students, researchers and scientists are demonstrating in Italy with many manifestations which in some occasions involved clashes and riots with police. Yesterday some clashes happened in front of the Senate.

Unfortunately, in a country suffering a strict political control over information, these public manifestations remain the sole tool to make the voice of italian scientific researc aloud.

Italian scientific knowledge is trying to oppose to that Italy made of different kinds of knowledge. This distinction is particularly important in Italy because there are in fact different types of knowledge: in particular Italy is presently suffering the perverse effects of that knowledge made of privileged political relations which are choking all the rest.

When public education and scientific research are pushed to an end deprived of investments and resources in favour of private entities or different sectors (such as the military one and his mission abroad) it means that strange affaires are made on the people skin. We cannot pay the bill of political corruption and the everyday waste of an enormous amount of public resources cutting investments on education and research. Yes, because any coin used for education and research is an investment, not a cost.

Science has not an economic value per sé: maybe the development of some scientific findings may have some economic value. But when education and research can be adequately fostered, the society as a whole can live a real progress. This is the main factor differentiating Italy to many other european countries where education and research are properly considered. And this difference is rather evident. Degrade in education and research are always accompanied by a degrade in ethics and in the public life. Ignorance becomes total. Apathy and lack of awareness are widespread. But in Italy the central focus is TV (and the interests of its owner) rather than science.

Finally, democracy and civil participation are really at stake. It is a problem of civil progress rather than economic returns...

Quando la Ricerca si ribella

Studenti, insegnanti e ricercatori sono scesi in piazza in questi giorni e hanno fatto sentire la loro voce. Perchè in un Paese dove vige il controllo assoluto sull'informazione se non gridi nessuno ti ascolta.

L'Italia della conoscenza cerca di farsi notare per contrapporsi all'Italia delle "conoscenze". Eh sì, perchè qui da noi la distinzione fra un plurale ed un singolare in un caso come questo fa molta, moltissima differenza. Ridurre la ricerca scientifica pubblica all'osso, significa creare spazi di business dove gli "affari" non possono e non devono entrare. Ci sono settori che non possono essere totalmente privatizzati perchè la conoscenza (quella singolare), l'istruzione sono un bene pubblico come l'acqua o l'aria: non si possono escludere alcuni in base a criteri arbitrari dal godimento di questi beni pubblici.

La ricerca scientifica non ha un valore economico di per sè: magari lo avranno alcune sue applicazioni. Ma quando avanza la conoscenza avanza l'intera società nel suo complesso in termini di formazione e consapevolezza dei suoi cittadini. Questo difatti ci differenza di molto rispetto a tanti altri Paesi Europei dove l'istruzione e la ricerca godono del rispetto che meritano. Per questo il degrado dell'istruzione e della ricerca in Italia conduce al degrado etico. L'ignoranza diventa totale. Ma qui da noi c'è la TV: altro che ricerca scientifica...

Alla fine è una questione di partecipazione democratica alla cosa pubblica. E' progresso civile prima che economico.

Consiglio la lettura di questi articoli.

La conoscenza nel mirino del potere

“Il futuro è nostro e ce lo riprendiamo”
Rete della conoscenza

martedì 23 novembre 2010

Ricerca e truffe

La notizia della maxi truffa su attività di ricerca mai realizzate in Calabria è il classico "colpo di mannaia". Si tratta di attività lautamente finanziate ma mai svolte o sono fatte in altre sedi. Ammonta infatti a 31 milioni e 227mila euro il contributo ottenuto dagli otto arrestati (imprenditori, commercialisti, consulenti del lavoro e docenti universitari) di cui 20 milioni e 670mila euro già effettivamente erogati.

La ricerca non ha risorse e spesso potrebbe rappresentare un'importantissima opportunità di crescita per molti giovani qualificati ed intere aree del nostro Paese. Vedere milioni di Euro sprecati e rubati in questo modo sono un'offesa mortale che non ha alcuna giustificazione. Il danno che queste persone provocano non è però solo economico perchè infatti speculano sulle possibilità di sviluppo future: in questo caso sono stati scoperti, ma quanti casi del genere rimangono ancora coperti dal silenzio? Quante persone si arricchiscono e si sono arricchite con corsi di formazione fantasma finanziati dall'Unione Europea? Quante organizzazioni si sono arricchite solo compilando moduli e formulari per attività mai realizzate? Dove sono i controllori che dovrebbero verificare la regolarità, non solo formale, ma sostanziale, di questi interventi? Perchè ad alcuni vengono controllate anche le virgole ed altri procedono sempre su corsie preferenziali?

C'è un complesso universo dietro tutto questo: e questa notizia probabilmente porta alla luce solo una piccola punta di un iceberg enorme.

martedì 16 novembre 2010

Conto alla rovescia (vero o presunto)

C'è molta frenesia nella politica italiana di questi giorni. Si è innescato uno specie di conto alla rovescia circa i destini di questo governo. Francamente non so cosa pensare.

Quello che mi viene da dire in questo momento è che tutto questo si è attivato non tanto per una montante opposizione popolare o per l'attività di un'opposizione politica parlamentare forte. Quello che è avvenuto, e che sta avvenendo in queste ore, è semplicemente il risultato di dinamiche endogene al governo. Il governo non è stato scosso da un fronte di indignazione pubblica, composto da quanto di meglio la società civile italiana può esprimere, di fronte agli scandali privati e pubblici di una classe dirigente: non c'è un leader dell'opposizione che ha ingaggiato una battaglia politica forte contro i mali profondi e radicati della politica italiana. Il governo è entrato in crisi per contrasti interni e logiche centrifughe.

Questo mi fa molto pensare per il futuro. Soprattutto in considerazione del fatto che mentre il vecchio sta agonizzando il nuovo non avanza. Ci sono tensioni politiche acute, ma le logiche che sottostanno alla (mala)gestione della cosa pubblica non vengono messe in discussione. La società italiana fa da spettatrice "ebete" di fronte a tutto questo come se si trattasse dell'ennesima puntata di un reality show.

E poi il solito frasario fasullo dei politici: l'appello ridicolo al "senso di responsabilità", (che, mi raccomando, deve sempre "prevalere"), al "bene del Paese", alla "stabilità". Parole che vengono meccanicamente ripetute almeno cento volte al giorno...

Tutto fa spettacolo in Italia anche quando si tratta di gestire le vite di milioni di persone. Non c'è voglia di cambiamento, non c'è una "rivoluzione" (nel senso di una soluzione di continuità con il passato) in atto, non c'è rinnovamento all'orizzonte.

lunedì 8 novembre 2010

Stiamo calmi...

I recenti sviluppi della grottesca scena politica italiana, mi fanno venire una voglia matta di esprimere i miei commenti. E invece mi astengo. Con uno sforzo ciclopico ho deciso di non commentare a caldo perchè sono sicuro che scriverei delle cose, sull'onda dell'impulsività, di cui magari finirei con il pentirmene.

E che diavolo sarà mai? Continuo a contare fino a dieci e rimando: sì, è meglio rimandare...

Comunque mentre tutti bisticciano, l'Italia va a rotoli. Questo è l'unico, vero e tangibile dato di fatto. Il resto sono chiacchiere e broccoletti.

La disoccupazione giovanile, la mancanza di opportunità, la scuola e la ricerca scientifica a pezzi, il nostro patrimonio storico e culturale che si disintegra, intere regioni che finiscono sommerse dopo la pioggia... e questi litigano...

Stiamo calmi... Stiamo calmi...

giovedì 4 novembre 2010

Italian scandals

The italian prime minister is presently at the center of many scandals involving girls and parties. Recently, during an international fair has made some declarations against judges, women and, above all, gays ("It's better to have a passion for beautiful girls than to be gay." he said).

In my opinion it surely a particularly negative thing that a prime minister publicly can make such declarations: but i think that the worst thing is that he have made these declarations and nobody in that occasion replied anything.

The problem is not a man saying stupid words but the silence and the applauses of the participants. No one has said a word.

Of course immediately a wave of indignation has invaded newspapers, magazines and TV programs. But nobody still shows the courage to express his dissension and disapproval directly in his audience.

Bootlickers or concordants? This is the problem.

In my vision, that melodrama could be considered a representation of the italian society as a whole. Mr Berlusconi after all still maintains a large consensus among italians (even if not publicly exposed) because in many italians' visions he stimulate envy. This explains the silence, applause and smiles among the fair participants.

Italy has thus confirmed again to be an archaic nation where a vulgar society can be represented only by a vulgar political class.

mercoledì 3 novembre 2010

Meglio scemi che stupidi

Dire delle stupidaggini in pubblico è sempre piuttosto imbarazzante (quando ce se ne rende conto ovvio). Dire delle stupidaggini dalla tribuna di una fiera internazionale è grave. Dire poi delle stupidaggini quando si è su una tribuna di una fiera internazionale e magari si ricopre un importante ruolo pubblico e politico è decisamente peggio.

Eppure dell'ultima boutade del primo ministro italiano il peggio del peggio, secondo me, non è tanto questo. Il peggio consiste nel fatto che questa fiumana di sciocchezze e stupidaggini (molto gravi e dal contenuto altamente offensivo contro la stampa, la magistratura e i gay) si è riversata su una platea dove nessuno ha aperto bocca: anzi. Quella gente ha anche applaudito. Sorrisoni e battutine. Nessuno ha avuto il coraggio di protestare, nessuno ha avuto il coraggio di fiatare. Allora le conclusioni sono due. O tutti erano d'accordo o tutti erano dei ruffiani. Ecco il problema.

Innanzitutto se così fosse, da oggi ho deciso che non acquisterò mai e poi mai un ciclo o un motociclo italiano dato che questi imprenditori hanno chiaramente dimostrato di non avere la spina dorsale.

Comunque. Quella che è andata in scena alla fiera internazionale del ciclo e del motociclo è una parodia della società italiana nel suo complesso. Sui concetti, che così amabilmente il primo ministro ha declinato, si fonda infatti il pensiero di gran parte dell'opinione pubblica italiana: il consenso (fra gli uomini e le donne) che di cui gode è molto più esteso di quanto si pensi e di quanto ci facciano vedere in questi giorni i sondaggi.

L'omofobia (che però attrae così tanto milioni di uomini), la reificazione delle donne (tanto cara a uomini e donne), l'odio contro la magistratura ("lasciateci fare i cavoli nostri senza controlli e senza regole!"), il disprezzo verso i giornali e la cultura ("l'uomo che legge non è un vero uomo!") sono dei connotati fortemente caratterizzanti la società italiana di oggi.

Al di là delle dichiarazioni di indignazione, basta semplicemente guardarsi intorno e trovare facilmente la conferma di tutto questo. Cosa credete che pensi il classico omino abbronzato di lampada a bordo del suo SUV con a fianco la ragazzina russa? E la mamma che spera che suo figlio diventi un campione di calcio e sua figlia una star della TV? E l'evasore fiscale? E il tracagnotto con la cuffia perennemente infilata nelle orecchie? E la ragazzetta sempre intenta a mandare sms? E il palazzinaro da due soldi?

Il problema non è indignarsi. Il problema è che viviamo all'interno di una società così retrograda ed arretrata che alla fine si bea di fronte alle volgarità di una classe politica che ha lei stessa costruito e fermamente voluto.