venerdì 19 settembre 2008

Il collasso di Alitalia e la via italiana allo sviluppo economico

Il collasso della compagnia aerea Alitalia costituisce un caso esemplare degli approcci economici che vengono adottati in Italia. Viene da chiedersi: quali sono le effettive ragioni che hanno portato alla morte di questa compagnia? Come viene gestito in Italia l’immenso bacino di risorse che costituisce il settore dei servizi (sanità, scuola, ricerca, sicurezza, ecc.)? La qualità dei servizi, soprattutto quelli pubblici, non è solo connessa alla quantità delle risorse impiegate, ma è collegata alla loro governance complessiva. Una buona governance porta ad una buona gestione, una buona gestione a un uso efficiente e efficace delle risorse e alla fine a dei buoni risultati. La scarsa qualità dei servizi pubblici denuncia una qualità di governance altrettanto scarsa e una parallela incapacità e non volontà di agire nell’interesse pubblico. In Italia il sistema dei servizi pubblici non soffre di “inefficienze semplici”, ma “inefficienze complesse” cioè inefficienze diversificate e intrecciate che a gradualità differenti possono verificarsi contemporaneamente come ad esempio inefficienze allocative (incapacità nelle modalità di produzione del servizio), inefficienze distributive (incapacità ad erogare il servizio), inefficienze organizzative (problematiche nelle procedure e strutture interne all’organizzazione) e inefficienze dinamiche (incapacità di usare le risorse). Il tutto si riverbera in primo luogo sulla capacità di spesa dell’ente erogatore (spreco di risorse, parzialità nella selezione dei beneficiari, nella tempistica e nelle forme di erogazione). Allo stesso modo la selezione del personale e dei dirigenti non sulla base del merito, ma sulle clientele e sulla affiliazione e lealtà politica contribuisce ad una dilatazione di uffici e cariche pubbliche non sempre necessari popolati da individui spesso privi di competenze adeguate (selezione avversa). Non bisogna poi dimenticare la presenza di sistemi di incentivazione perversi (lavorare tanto o poco è lo stesso, non esistono gratificazioni sul merito se non si dispone degli agganci giusti, ecc…), l’uso dell’incarico dirigenziale pubblico come una proprietà privata, la strutturazione dell’organizzazione intorno alle necessità del personale e della dirigenza invece che alle funzioni ed obiettivi dell’ente, ecc. I cittadini non sono quindi beneficiari di un servizio, ma sono “al servizio” dell’ente erogatore. E’ evidente che quando la priorità di un ente è la sua stessa esistenza (autoreferenzialità) l’erogazione del servizio, che invece dovrebbe essere la ragione della presenza di questi enti, finisce con il diventare una sorta di “effetto collaterale” la cui qualità, essendo il servizio un fenomeno secondario, non è mai in questione. Al di là delle dichiarazioni di intenti, la qualità dei servizi resta un indicatore crudele della qualità dei responsabili degli enti preposti alla loro erogazione. Per questo motivo lo scopo delle Ferrovie non è quello di trasportate persone o merci, quello delle Poste non è distribuire corrispondenza, quello di Alitalia di trasportare passeggeri, quello di un ospedale di curare i cittadini, quello di un’Università di formare gli studenti, ma primariamente redistribuire ricchezza (stipendi) e ossificare sistemi di potere (incarichi e ruoli). Per cambiare questo stato di cose non servono soluzioni tecniche-organizzative particolari ma una reale volontà di cambiare registro e il coraggio di intaccare interessi ossificati, clientele paralizzanti e un’inerzia patologizzata; esiste oggi questo coraggio nel nostro Paese?

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