Cose che odio: le persone serie, le false bionde, lo storicismo, gli astemi, i furbi, i delitti per onore, il titolo di dottore... (D. Buzzati)
martedì 30 settembre 2008
Silent Politics in the Society of Silences
La Politica del Silenzio della Società dei Silenzi
lunedì 29 settembre 2008
A Good Local Initiative...
Enthusiam and fun: these are the sensations of the participants to Italian edition of the international event "Clean Up the World" held also in the Province of Viterbo (Tuscia). Every year the participation, above all of school children, is confirmed and is continuosly growing: hence, thanks also to a sunny autumn day, last sunday in Oriolo Romano and Canepina (province of Viterbo, Central Italy) more than 100 children have cleaned and cured slices of this world usually polluted by adults. Thanks to the cooperation of local schools and public administrators, it has been possible to intervene with gloves and bins on degraded town roads and public parks.
As usual, this year has been characterized by environmental emergencies also in the Province of Viterbo such as for the water crisis - due also to the presence of arsenic in many villages and the problem of the red algae in Vico and Bolsena lakes - and the waste problem not yet properly managed and organized also for the lack of a global Waste Plan for the Province of Viterbo. Last, but not least, the problems of land clearance and dumps for toxic wastes while Lazio Region Administration is about to concede authorizations, in an irrational way, to new dumps as new wounds for our land.
In this context, children in Oriolo Romano and Canepina are sendig us a message of hope for the future denouncing our irresponsibility and lack of respect for our land.
Una Bella Iniziativa...
Puliamo il Mondo: nella Tuscia Missione Compiuta
Entusiasmo e divertimento: le sensazioni dei parecipanti alla manifestazione internazionale "Puliamo il Mondo", edizione italiana di "Clean Up the World", il più grande appuntamento di volontariato ambientale del mondo.
Ogni anno si rinnova la partecipazione, soprattutto dei bambini delle scuole; così, complice un caldo sole autunnale, a Oriolo Romano e Canepina, in provincia di Viterbo, oltre cento ragazzi hanno ripulito e curato "pezzetti" di questo mondo sporcato dagli adulti. Grazie alla collaborazione delle scuole e degli amministratori comunali, è stato possibile intervenire con guanti e sacchi su viali e giardini comunali.
Come ogni volta, questo anno è stato contrassegnato da emergenze ambientali anche nel viterbese: basti ricordare la crisi idrica - anche per la presenza di arsenico che colpisce numerosi centri o al problema delle alghe rosse nei laghi di Vico e di Bolsena - quindi il problema dei rifiuti e della raccolta differenziata che segna il passo in troppi Paesi della Tuscia anche in conseguenza di un Piano Rifiuti Provinciale funzionale che tarda ad arrivare. Non da ultimo le questioni delle bonifiche e della messa in sicurezza delle discariche di rifiuti tossici che procede a rilento mentre la Regione Lazio procede ad autorizzare in modo irrazionale e superficiale nuove cave, nuove ferite al territorio.
In questo panorama, i bambini di Oriolo e Canepina sono un messaggio di speranza, due cartoline del futuro che denunciano le nostre irresponsabilità.
venerdì 26 settembre 2008
Cinema and Environment
Cinema e ambiente
Questa iniziativa, come altre simili, ha un ruolo critico per mobilitare le comunità locali sulla responsabilità diretta delle stesse comunità locali nella gestione del territorio. Come ha ampiamente dimostrato la catastrofe ambientale della Campania, una bonifica etica deve precedere sempre quella ambientale. Senza la presenza di un senso di legalità e responsabilità come bene pubblico diffuso, la malagestione del territorio rappresenterà sempre un'opzione preferibile, soprattutto quando la politica locale diviene un "comitato d'affari". La legalità è l'unico vero volano per lo sviluppo ecologicamente, economicamente e socialmente sostenibile del territorio. Finchè la politica nazionale e locale si interesserà all'ambiente solo per questioni di breve periodo utili solo a fini elettorali, la gestione del territorio verrà fatta in modo superficiale o affidata a incapaci criminali perchè mettono a rischio la salute e la vita dei cittadini. Per questo il territorio deve essere considerato come un bene di interesse primariamente di chi lo abita: o ci organizziamo per conto nostro oppure, se continueremo a contare su interventi caduti dal cielo, le cose di certo non cambieranno in meglio, ma solo in peggio.
mercoledì 24 settembre 2008
Good time among Etruscans
Una bella domenica con gli Etruschi
martedì 23 settembre 2008
Christians and Pagans
I enclose the following comments I have sent some weeks ago to the Italian Magazine “L’Espresso” as reply to an article published by this magazine. These comments do not received any reply.
I have red with particular attention the article written by Eugenio Scalfari published in the magazine “L’Epresso” titled “The Vatican and the Pagan”. I have to say that it is quite unusual for me to express my opinions about these issues, but I think it could be worth writing something to point out some topics and clarify some very common prejudices. Anything is immoral, popular, vulgar, idolatrising and dirty is considered “Pagan” and Mr Scalfari uses this term to describe the most ethically degraded, populistic, and rude part of Italian politics nicknaming these individuals as “Pagans of the Late Empire” just to highlight something really negative. I perfectly understand what Mr Scalfari intends, yet I have been impressed by the deep rooting of certain prejudices within our culture. Probably Mr Scalfari was talking about some “liberti” (freed slaves) already mocked in ancient times (i. e. by Petronius in the “Satyricon”) who were famous for their lack of any moral principle, loving ostentation, ready to become rich at any cost and lacking any kind of religious principle: paradoxically these individuals were ready to quickly convert themselves to Christianity above all when this step appeared particularly advantageous during the years of the “Late Empire” (during which the Vatican experienced the taste of power and experimented against many our ancestors its intolerance and evangelizing violence then successfully applied against other culture until recent times). During those years of the Late Empire pagans gave lessons of tolerance and morality in a completely collapsing world losing for this their lives (above all women) and becoming only forgotten losers. At present, as in the past, the Vatican tend to be allied, to affirm its political power, to the same “liberti” who, rather than pagans, always represented the most perverse aspect of our domestic Christianity. It is important to remind also the same contradictions, characterizing the other abramitic religions, which still denote, with dramatic consequences, the present times: environmental degradation (for the incapability to recognize the “Anima Mundi”), the lack of respect for women, omosexuals and the cultures perceived as “other”, religion fanatism or the furious violence for the so-called Holy Land. Thus the term “pagan”, effectively invented in a negative sense - ignorant peasant) suffers not only secular prejudices but also a total collapse of the classical culture. I think that these considerations are due for those who, even culturally descending from the first victims of this system of political power, are often in the frontline to defend Nature, tolerance and anything is “plural”.
La Chiesa ed i Pagani
Pubblico di seguito il seguente commento che ho inviato tempo fa via email alla rivista L’Espresso in risposta ad una nota di Eugenio Scalfari. Questo commento non è stato pubblicato e non ha ricevuto risposta alcuna.
Ho letto con molta attenzione la nota di Eugenio Scalfari apparsa tempo fa sull’Espresso dal titolo “La Chiesa e i Pagani/3”. Devo dire che non solo solito prendere la parola su questi argomenti, ma ho ritenuto valesse la pena scrivere due righe per puntualizzare una spinosa questione e fare luce su alcuni pregiudizi ancora molto diffusi. Tutto ciò che è immorale, popolare, volgare, idolatra e immondo è “pagano” ed Eugenio Scalfari usa infatti il termine “pagano” per descrivere la frangia più eticamente degradata, popolaresca e rozza della politica nostrana stigmatizzando questi individui come “Pagani del Basso Impero” proprio per indicare il peggio del peggio. Capisco perfettamente ciò che Eugenio Scalfari intendesse dire; tuttavia mi ha impressionato quanto profondamente radicati siano certi pregiudizi all’interno della nostra cultura fino ad investirne anche le figure di spicco. Probabilmente si alludeva alla figura di certi “liberti” già all’epoca dileggiati da Petronio nel suo Satyricon o presi di mira nelle satire di Giovenale, famosi per la mancanza di scrupoli, l’assenza di qualsiasi principio morale, amanti dell’ostentazione, disposti ad arricchirsi con qualsiasi mezzo e privi di qualsivoglia valore religioso: paradossalmente furono proprio costoro che si fecero trovare pronti a convertirsi rapidamente ed in massa al cristianesimo soprattutto quando ciò divenne particolarmente conveniente proprio in quegli anni del Basso Impero in cui la Chiesa affilò le sue armi del potere e sperimentò sulla pelle di tanti nostri antenati quella intolleranza e violenta crudeltà evangelizzatrice che è stata poi applicata con successo nei confronti di altre culture fino a tempi molto recenti. In quegli anni del Basso Impero furono proprio i pagani a dare lezione di tolleranza e di moralità in un mondo in completo sfacelo pagando per questo quasi sempre con la propria vita (in particolare le donne) e finendo nel dimenticatoio dei vinti. Oggi come ieri, la Chiesa si appoggia, per affermare il suo potere politico, sugli stessi liberti che, ben lungi dall’essere pagani, semmai hanno sempre rappresentato e rappresentano tuttora il carattere più perverso e tipico di questo cristianesimo di casa nostra. Non bisogna poi dimenticare i tanti tarli che sono presenti purtroppo anche nelle altre religioni abramitiche e che da allora si sono trascinati fino ad oggi con conseguenze drammatiche: il degrado ambientale per l’incapacità di riconoscere l’Anima Mundi, la mancanza di rispetto per le donne, per gli omosessuali e per tutte le culture “altre”, il fanatismo religioso e via discorrendo fino alla violenza cieca e furiosa (come nel caso della cosiddetta Terra Santa). Insomma i panni sporchi andrebbero lavati in casa propria ed il termine “pagano” (nato effettivamente in un senso dispregiativo) paga anche lo scotto, oltre che di pregiudizi secolari, di una deriva totale della cultura classica. Questa precisazione mi sembra quindi il minimo che si possa fare nel rispetto di coloro che, magari culturalmente discendendo dalle prime vittime di questo sistema di potere, sono spesso e per definizione in prima fila nella difesa della Natura e dei valori della tolleranza e di tutto ciò che è “plurale”.
venerdì 19 settembre 2008
Il collasso di Alitalia e la via italiana allo sviluppo economico
The Alitalia collapse and the Italian way to economic development
giovedì 18 settembre 2008
Contaminated Milk
Latte Avvelenato
mercoledì 17 settembre 2008
Political Masochism
Often I have stated that the market requires tools and mechanisms capable to drive it within its limits. It is surely necessary to acknowledge certain merits to the market but it is necessary to be aware of its incapability to equally guide a society as well, as the recent international financial catastrophes clearly evidence. Economy is not and will never be a form of government. Economic development must be oriented by politics as expression of communities belonging to a society as a whole. Development has to be based more on effectiveness than efficiency. The market doesn’t produce democracy, doesn’t encourage democracy and doesn’t make it work. The market tends to calculate only private costs and to consider only economically valuable goods/services, but it cannot take into account public costs and social externalities such as environmental pollution or unemployment. Technology itself cannot drive economic development. Politics have the task to find and implement remedies to the unavoidable markets’ distortions through the predominance of public goods and avoiding private interests’ mediations. This said, if politics have to adjust economic development according to social and environmental needs, political selection (at local and national level) thus represents a critical step. What is currently happening in Alitalia clearly shows the destructive effects of this adverse political selection which affects our society and the consequent incapability of Italian politicians and administrators who for decades have preferred private interests, bribes and corruption to a correct firm management within a general interest. As usual, the problem derives by the fact that we choose these politicians. We are still paying the consequences of a terrible and masochistic political myopia. We still prefer politicians who are evidently unable to manage public goods in the hope that they however will satisfy our personal interests without considering that the latter are the effect of the former. The lesson to learn from the Alitalia affaire is that even obtaining some benefits in the short run from the “economy of favours” with these politicians, in the long run all of us will pay the final bill. If someone ten years ago had forecasted firings in Alitalia, he surely would have been considered a visionary fool because a job in Alitalia was considered a cast-iron job. Considering that these individuals tend to impose sacrifices for all without renouncing to privileges for them and for their friends, it is necessary to think abut the fact that nobody of us powerless people (for example working in the railways or post services, public schools and education system, etc.) will be safe when the next bill will have to be paid…
Masochismo politico
Spesso, e nelle sedi più diverse, ho sempre sostenuto che il “mercato” necessiti di strumenti e meccanismi tali da ricondurlo entro i suoi ambiti. Al mercato devono essere infatti riconosciuti i suoi meriti ma bisogna essere consapevoli della sua incapacità a guidare una società in modo equo, come le recenti catastrofi finanziarie internazionali stanno dimostrando per l’ennesima volta. L’economia non è e non potrà mai essere una forma di governo. Lo sviluppo economico deve essere guidato dalla politica intesa come espressione di comunità appartenenti ad una società. Lo sviluppo si fonda sull’efficacia più che sull’efficienza.
Il mercato non produce democrazia, non la incoraggia e non la fa funzionare. Spetta alla politica individuare ed applicare dei rimedi alle inevitabili distorsioni del mercato per mezzo dell’elevamento del bene pubblico ed evitando di mediare interessi privati. Il mercato tende infatti a calcolare solo i costi privati e a considerare solo beni/servizi monetizzabili, ma non è in grado di considerare i costi pubblici e sociali come ad esempio l’inquinamento o la disoccupazione. La tecnologia stessa non è in grado di guidare lo sviluppo economico. Detto questo, se allora spetta alla politica orientare lo sviluppo economico, la selezione della classe dirigente (a livello locale e nazionale) costituisce quindi un momento critico. I fatti della crisi Alitalia stanno a dimostrare i nefasti effetti della selezione avversa politica che affligge la nostra società e la conseguente incapacità di politici ed amministratori che per decenni hanno preferito privilegiare interessi di parte, clientelismo e corruzione alla corretta gestione di un’azienda nell’interesse generale. Come al solito però il problema nasce dal fatto che questi politici ce li siamo scelti noi. Continuiamo a pagare lo scotto di una terribile e masochistica miopia politica. Continuiamo a scegliere politici ed amministratori palesemente incapaci di gestire il bene pubblico nella speranza che soddisfino i nostri interessi privati, senza considerare che questi interessi possono scaturire solo dal bene pubblico. La lezione da imparare dal caso Alitalia è quindi che a fronte di un beneficio immediato che può scaturire dall’economia dei favori con questi politici, nel lungo periodo arriverà il conto da pagare per tutti noi. Se dieci anni fa qualcuno avesse previsto dei licenziamenti in Alitalia, sarebbe stato preso per un pazzo visionario perché il posto in Alitalia era considerato un posto sicuro. Dato che questi signori impongono sacrifici a tutti senza mai toccare i propri privilegi e quelli delle consorterie a loro prossime, bisogna allora riflettere sul fatto che nessuno di noi “senza potere” (ad es. dipendenti delle ferrovie, poste, scuola, pubblico impiego, ecc…) sarà al sicuro quando bisognerà pagare il prossimo conto…
venerdì 12 settembre 2008
A Butcher’s opening
Some days ago, in the small rural village where I live, a butcher’s shop has been opened. This new surely will appear totally insignificant for those living in big cities or for many important politicians very busy in more important affaires elsewhere. Nonetheless for a small community (of powerless people), where the idea of “local” is strong and where small shops have been closing for decades under the pressures of big department stores and malls in the neighbouring cities, this new is particularly relevant. This butcher’s is the shop of a farm placed in the area: in this shop only local products, also from other local farms in the surroundings (honey, oil, wine, cheese, bread, etc.) are sold. On the one hand this is an encouraging signal of change because many people, often coming from cities and maybe looking for typical products no longer tolerating standardized food made with industrial ingredients, are trying to re-gain food coming from the region in which they live. On the other hand this initiative represents an important victory for who, since long time, supports the idea of “local” as critical strategy for sustainable rural development. About this issue, both under political and research point of view, I always carried on many activities. This idea is based on a rather old and apparently obvious principle but it seems to be totally innovative when considering the present market dynamics and organizations. It is essential that the distance between consumers and produced is reduced in order to give the opportunity to the former to buy fresh and cheaper products, possibly organic, and to the latter to achieve more economic gains freeing them from the reduction pressures and pushes from the long distribution chain. Considering the current unjustified increases in food prices, the immediate benefits of these initiatives soon emerge: the passages in the long chain of intermediaries are overcome and thus the price charges are eliminated (together with the speculations determining these prices increases). Hence a too long distance has to be reduced: first of all a kilometric distance because season local products are promoted. These products are fresher not remaining in containers for a long time reducing in the same time the environmental impact of transports. Furthermore a psychological and cultural distance between production and consumption has to be reduced because consumers have the possibility to directly know who makes the food they eat. These circuits however are not in opposition to big distribution systems, but they should be considered as complementary networks: widening the supply and choice spectrum also the market mechanisms will work better reducing the weight of hegemony and control positions of stronger agents. Great support should thus directed to these initiatives such as the creation of farm shops in the big cities. The same support has to be directed to the consumers’ initiatives such as the consumption cooperatives or those coming for the production side such as the “zero kilometres” action. These activities have to be however supported by adequate information and communication campaigns otherwise their effectiveness will be unavoidably eroded. We must reconstruct forms of intelligent and aware food consumption: eat less, eat better. Short circuits surely represent critical tools to build an effective alliance between production and consumption but they require and imply our personal commitment and engagement because, even if supported “in theory”, they face a mild political support above all in those politicians who obtain gains and benefits from speculations. As the opening of a small butcher’s shop clearly shows, these initiatives represents an important opportunity to stimulate entrepreneurship in those areas where agriculture is the only economic and job sector, to build new relations between urban and rural areas, carrying rural values in urban areas, to recognize the season cycles in food products and to promote the so many cultural and crop varieties of our rural areas and traditions.
Si inaugura una macelleria
Alcuni giorni fa, nel piccolo villaggio rurale dove vivo, è stata aperta una macelleria. Questa notizia sicuramente apparirà del tutto insignificante per chi vive in una grande città oppure per molti autorevoli politici impegnati in cose molto più importanti. Eppure per una piccola comunità, dove forte è il concetto di “locale” e dove da anni le piccole botteghe e negozi non fanno altro che chiudere uno dopo l’altro sotto la pressione dei grandi ipermercati situati nelle vicinanze, questa notizia è tutt’altro che irrilevante. Questa macelleria infatti non è un semplice negozio, ma è il punto vendita di un’azienda zootecnica situata nel comprensorio: in questa macelleria si vendono solo prodotti locali che provengono anche da altre aziende agricole dei dintorni (miele, olio, vino, formaggi, ecc…). In pratica si tratta da un lato di un segnale incoraggiante di un’inversione di tendenza perché molte persone, spesso provenienti dalle città e forse stufe dei prodotti standardizzati fatti con materie prime che provengono da chissà dove, cominciamo a riappropriarsi dei prodotti locali. Dall’altro lato questa iniziativa costituisce un’importante vittoria per chi da tempo sostiene la battaglia del “locale” come strategia critica per forme di sviluppo rurale. Su questo punto – la Filiera Corta, sia sotto il profilo politico che della ricerca, ho sempre personalmente insistito. Si tratta in realtà di un’idea tutto sommato antica ed apparentemente ovvia, ma che si presenta alla fine come del tutto innovativa, vista l’attuale organizzazione del mercato. E’ essenziale infatti ridurre al minimo la distanza tra i produttori e i consumatori dando l’opportunità a questi ultimi di poter acquistare prodotti freschi e meno cari, magari biologici, e ai primi di guadagnare di più liberandoli dalle pressioni e dalle spinte al ribasso della lunga catena della distribuzione organizzata. Se si pensa ai recenti rincari ingiustificati nei prezzi dei prodotti alimentari, si capisce subito dove sia l’immediato vantaggio economico: vengono scavalcati gli anelli della catena degli intermediari e quindi eliminati i ricarichi sul prezzo (e le speculazioni che determinano i suddetti rincari ingiustificati) ad ogni passaggio. Si tratta di accorciare una distanza prima di tutto chilometrica, poiché si promuovono e valorizzano prodotti locali di stagione, che non vengono da lontano, e che sono più freschi, visto che non trascorrono lunghi periodi nei container-frigo contribuendo con questo anche a ridurre l'impatto ambientale dei trasporti. Viene poi a ridursi anche la distanza psicologica e culturale fra produzione e consumo perché si offre la possibilità ai consumatori di conoscere direttamente chi ha prodotto gli alimenti. Bisogna ribadire che la filiera corta non deve essere posta in contrapposizione alla grande distribuzione organizzata, ma si presenta come una forma di circuito breve di vendita complementare da affiancare a questa: ampliando il ventaglio dell’offerta e della possibilità di scelta si ottimizza il funzionamento dei meccanismi del mercato riducendo il peso delle posizioni di egemonia e di controllo da parte di pochi soggetti “forti”. Massimo sostegno quindi a tutte le iniziative a riguardo come i "mercati agricoli di vendita diretta" per la creazione dei mercati di campagna nelle città italiane che i Comuni posso istituire (che fine hanno fatto?). Altrettanto sostegno deve essere attribuito alle iniziative intraprese sul fronte dei consumatori, ad esempio i Gruppi di Acquisto o le cooperative di consumo, e per quelle dei produttori e delle loro organizzazioni, ad esempio la campagna “chilometro zero”. Tutte queste iniziative necessitano tuttavia di valide forme di pubblicità, comunicazione e di informazione altrimenti la loro efficacia sarà inevitabilmente minata: di queste opportunità, e di tante altre simili, si sa sempre piuttosto poco e le informazioni su dove reperire questi prodotti alla fine circolano solo all’interno di circuiti specializzati o delle associazioni. Dobbiamo ricostruire in Italia forme di consumo alimentare più intelligente e consapevole il cui principio deve essere: consumare meno, consumare meglio. La filiera corta rappresenta certamente uno strumento critico per la costruzione di un’alleanza effettiva fra mondo della produzione e quello dei consumatori. Dobbiamo però darci da fare perché, nonostante le tante dichiarazioni di principio, essa ancor oggi incontra di fatto un’accoglienza politica tiepida da parte soprattutto di chi beneficia delle speculazioni nelle intermediazioni e dell’economia degli sprechi. Come dimostra anche l’apertura della nostra piccola macelleria, queste iniziative rappresentano invece un’importante opportunità di stimolo all’imprenditorialità per quelle aree dove l’agricoltura costituisce l’unico settore economico ed occupazionale, di costruzione di un nuovo rapporto fra città e campagna, portando i valori rurali nelle aree urbane, di riscoperta della stagionalità dei prodotti agroalimentari e di valorizzazione e tutela di tante varietà colturali e culturali delle nostre aree rurali e delle nostre tradizioni contadine.
giovedì 11 settembre 2008
Industrial agriculture and GMOs
I would like to express here my point of view about GMOs because the issue is stimulating further discussions in Italy and Europe. My point of view is also the result of a wide discussion with other persons having better competencies on the issue than me. Moreover this position represented an essential component in the preparation of political programmes for rural and agricultural development which, maybe for an excess of prudence or political opportunism, have been (I hope temporarily) put apart. Also to cancel any doubt about my opinion about this issue, I include my following comments:
“In general terms, the adoption of technological approaches to agriculture, such as in the case of GMOs or the use of chemicals, should be preceded by a deep analysis of their implications for the ecosystem and human health. Chemicals have to be used only when effectively necessary and have to be always preceded by all those ecological and environmental, agronomic and crop techniques and practices capable to prevent, with the adoption of agro-meteorology, information and extension programmes, in situ controls, etc., a large number of fito-sanitary problems. A “comprehensive” approach should thus adopted about the factors involved to achieve a significant reduction of chemical treatments through the implementation of more targeted, less toxic and narrow spectrum products being in the same time less deleterious for ecosystems, human and animal health. These considerations have to be extended to GMOs for which two distinct but complementary problematic issues emerge. The former implies the issue of food security related to the “precaution principle” or impeding that certain kinds of food are commercialized until their security is completely confirmed. Moreover, many doubts emerge when considering the problem of environmental contamination from GMOs crops. The latter is related to the fact that GMOs seem to be essentially no-use resulting essentially from economic and financial speculations rather than scientific research. The development and commercialization of GMOs is mainly concentrated on few corporations capable to determine a quasi total control on agricultural activities: GMOs increase the dependence degree of farmers from external private subjects who, after having blocked the products patenting and after making sterile seeds for future crops, do not show any interest in defending local resources and competencies, ecosystems and biodiversity. Consequently, the introduction and diffusion of GMOs in Italy seem not adequately based on adequate and valid motivations. On the contrary, their implementation in agriculture could drive to a deprivation both in entrepreneurship terms and in a restriction of the supply of local products. For these reasons OGMs have to be considered incompatible with a strategy for a development of agriculture based on quality, typical products, territorial distinctions, links with the territory and promotion of agrifood traditions”.
mercoledì 10 settembre 2008
Agricoltura Industriale e gli OGM
Poiché in questi giorni sta tornando alla ribalta la questione degli OGM in Italia ed in Europa vorrei riproporre il mio punto di vista sulla questione. Tale punto di vista è il frutto anche del confronto con altre persone che per molti aspetti detengono una competenza maggiore della mia su queste questioni. Inoltre tale posizione ha costituito un elemento essenziale nella redazione di programmi politici per lo sviluppo rurale ed agricolo che successivamente, forse per un eccesso di prudenza ed opportunismo politico, sono stati, mi auguro momentaneamente, accantonati. Riporto, anche a scanso di equivoci su quella che da sempre è stata la mia posizione a riguardo, in modo testuale:
“In termini generali, l’adozione di approcci tecnologici all’agricoltura, come ad esempio nel caso degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) o del ricorso a prodotti chimici, dovrebbe essere sempre preceduto da un’attenta analisi delle loro implicazioni sull'ecosistema e sulla salute umana. L’uso di prodotti chimici deve avvenire solamente nei casi di effettiva necessità e deve essere sempre preceduto da tutti quegli accorgimenti di tipo ecologico-ambientale, agronomico e colturale in grado di prevenire buona parte dei problemi di ordine fitosanitario (come avviene ad esempio per la cosiddetta "lotta guidata ed integrata"), con il ricorso all'agro-meteorologia (per la previsione di sviluppo delle malattie delle piante), all'informazione e divulgazione (bollettino dei trattamenti), alle verifiche di tecnici in pieno campo, eccetera. Appare quindi necessario sostenere un approccio "di comprensione" dei fattori in gioco per addivenire ad una significativa riduzione dei trattamenti chimici, con l’impiego di prodotti sempre più mirati, poco tossici e non ad ampio spettro, meno deleteri per l'ecosistema, per la salute umana e quella animale. Ciò risulta valido anche per quanto riguarda gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) per i quali appare necessario delineare due dimensioni problematiche distinte e complementari. Il primo versante implica la garanzia della sicurezza alimentare dei cittadini per la quale appare indispensabile adottare il principio di precauzione ovvero impedire che venga commercializzato un alimento fino a quando non si è dimostrato che non è dannoso per la salute. Inoltre sempre su questo versante problematico, si esprimono delle riserve in considerazione dei problemi generati dalla contaminazione ambientale da parte delle colture OGM. Sul secondo versante si fa rilevare che spesso gli OGM appaiono fondamentalmente inutili e frutto più di speculazioni economiche e finanziarie che della ricerca scientifica. Lo sviluppo su scala industriale e la commercializzazione degli OGM è infatti concentrata in poche multinazionali capaci di esercitare un controllo pressoché totale sulle attività agricole: gli OGM aumentano di fatto il grado di dipendenza dei produttori da soggetti privati esterni che, dopo aver “blindato” la brevettabilità di questi prodotti e reso improduttivo il seme per futuri raccolti, non hanno alcun interesse a tutelare le risorse e le competenze locali, gli ecosistemi, la biodiversità. L'introduzione e diffusione di colture OGM sul territorio nazionale non risulta pertanto supportata da adeguate e valide motivazioni. Anzi, una loro adozione nella pratica agricola porterebbe ad un impoverimento sia in termini di capacità imprenditoriali che di offerta di prodotti legati al territorio. Proprio in questo senso emerge chiaramente l'incompatibilità degli OGM con una strategia di sviluppo dell'agricoltura che intenda privilegiare la qualità, la tipicità, la distintività, la differenziazione territoriale, i legami col territorio e la valorizzazione del patrimonio delle tradizioni agroalimentari”.
lunedì 8 settembre 2008
Be the politician of yourself
Politici di noi stessi
Pubblico di seguito il seguente comunicato
Poissonnerie de la Musique
via del Teatro Nuovo, 22 - Viterbo
dal 10 al 13 settembre – ore 21.00
C’era una volta Viterbo in camicia nera. Italia 1921, 1932, 1943...
4 serate di riflessioni storiche, narrazioni, fotografia, teatro
PROGRAMMA
mercoledì 10 – Dalla violenza squadrista al conformismo di regime, incontro con Eros Francescangeli (Arditi del popolo, Odradek 2000) e Morale della favola… volti, racconti e luoghi della resistenza nella Tuscia… Mostra fotografica di Daniele Vita (Toscana Foto Festival 2008, I° Premio Epson Le Logge), presenta Antonello Ricci
giovedì 11 – Tornano i monologhi di Sottoassedio, con Pietro Benedetti, Michela Benedetti, Olindo Cicchetti e Sara Grimaldi, interviene Silvio Antonini (“Delitto Amorosi: un omicidio politico durante i patti di pacificazione”)
venerdì 12 – 1932, racconto raccontato, di e con Antonello Ricci, seconda voce Olindo Cicchetti, nuova prova-pilota
sabato 13 - 1932, racconto raccontato, di e con Antonello Ricci, seconda voce Olindo Cicchetti, nuova prova-pilota
Interludi musicali - Andrea Araceli
Disegni - Lorenzo Ricci
Consulenza artistica - Alfonso Prota
Iniziativa realizzata in collaborazione con Arci Nuova Associazione Viterbo, Anpi comitato provinciale Viterbo e associazione culturale “Achille Poleggi”
Ingresso libero - (é gradita la prenotazione: 320-6872739)
giovedì 4 settembre 2008
When a fixed term job is a sickness 2
Mal di precariato 2
Il problema del precariato, come accennato nel mio post precedente, è esemplare perché esprime chiaramente una perversione nel rapporto che la società ha con i nostri potenti che hanno bisogno di essere serviti per sentirsi legittimati. Da parte dei “senza potere” i politici devono essere però sfruttati. In Italia non esiste la cultura del diritto, ma quella del “favore” ed un vero politico per essere potente deve essere in grado di elargire favori. La politica in Italia consiste infatti nella mediazione dei favori che garantisce la vita, la legittimazione, la continuità stessa alla politica. La circolarità dei favori è il presupposto del ruolo sociale della politica italiana che è pronta a concederli finchè ci sono clienti che li richiedono. In Italia, salvo poche eccezioni, la politica non chiede “adesione”, ma “sudditanza” con un’opportunistica accettazione dei ruoli. Per questo bisogna tenersi sempre buoni i politici di turno e per questo il senso civico o l’appartenenza ad una comunità non servono a nulla. La classe politica viene quindi selezionata sulla base delle sue capacità di dispensare favori e per questo i politici più apprezzati non sono quelli che perseguono gli interessi pubblici, ma quelli che riescono ad esaudire più favori: perché ciò è alla fine quello che gli elettori pretendono. Il meccanismo è circolare perché se il politico non sta al gioco allora rischia di perdere il posto. In questo modo, i soldi pubblici, i lavori a tempo determinato, l’esecuzione in tempi brevi di una TAC, la concessione di una licenza, ecc… vengono utilizzati per questo fine. La cosa triste è che il sistema è noto a tutti e non solo non suscita grandi opposizione o riprovazioni, ma nella mente di tanti stimola l’invidia e l’ammirazione. Per questo dico che non c’è e non ci può essere soluzione quando il problema è l’incapacità di autogovernarsi e di sviluppare un vero senso di democrazia.
mercoledì 3 settembre 2008
When a fixed term job is a sickness 1
We have been discussing for a long in
Mal di precariato 1
Da tanto tempo in Italia si parla di precariato. Si tratta di un fenomeno difficile da spiegare agli osservatori stranieri perché da noi il lavoro a tempo determinato ha delle connotazioni precise che lo rendono un fenomeno singolare che tuttavia esemplifica in modo molto chiaro come da noi funzionano certe cose. Il precariato nasce come sinonimo di “flessibilità” (come del resto avviene in tutti i paesi “normali”) per dare la possibilità a chi detiene elevate competenze e professionalità di cambiare lavoro e di poter spuntare stipendi più alti. In Italia però regnano le raccomandazioni e quindi anche la flessibilità (come avviene per molti beni pubblici come la salute, la qualità ambientale, la scuola, l’università, ecc…) viene concessa come un privilegio. Il lavoro temporaneo non è un’opportunità: è un incubo. Il precario deve lavorare per dieci, non si può mai rifiutare di svolgere il compito che gli è stato affidato anche se non ha nulla a che vedere con il lavoro che dovrebbe svolgere, non può parlare, non può criticare, non può protestare: semplicemente perché è ricattato. Più il precario è anziano (35 anni in poi) maggiormente può essere ricattato perché se perde il lavoro non ne troverà tanto facilmente uno nuovo. Se all’estero il lavoro è veramente flessibile perché esiste la regola del hire and fire (licenzia ed assumi) in Italia esiste solo il “licenzia”. Il precario è succube di tutti: succube del dirigente per cui lavora, succube della persona che lo ha raccomandato, succube del “politichino” di turno, succube dei colleghi “a tempo indeterminato”. L’aspetto più triste del precariato è poi la “guerra fra poveri” ovvero lo scontro fra precari messi l’uno contro l’altro: ognuno cerca di difendere quel poco che ha secondo la regola mors tua vita mea. Questa è la vita del precario di Serie B perché esistono i precari di Serie A: si tratta di solito dei “figli di…” che in attesa del posto fisso vengono assunti a tempo determinato dato che in questo modo si scavalcano le procedure di assunzione ortodosse o il blocco delle assunzioni. Il precario di Serie B svolge sempre una mansione di basso profilo, mentre quello di Seria A ottiene dei contratti stratosferici. Allo stesso modo diventano precari di Serie A molti “amici consulenti” o gente che va in pensione (con pensioni elevatissime) e continua a lavorare con un salatissimo contratto a tempo determinato. La nostra pubblica amministrazione è piena di queste situazioni. Il precariato di Serie B è un male sociale perché tende a precarizzare e a rendere vulnerabili le esistenze di tante persone (soprattutto i giovani e le donne): il precario non vive, non dorme, non riesce a costruirsi una vita, non riesce a formarsi una famiglia. La nostra società poggia su generazioni di depressi e di “deboli” anche politicamente perché il precario facilmente finisce nelle maglie dei procacciatori di voti e nel meccanismo circolare del do ut des: oltre a non essere libero di vivere, il precario non è nemmeno libero di esprimere il suo pensiero. A parte la fuga da questo Paese, al momento non so suggerire una soluzione a questa malattia che, stando così le cose, sembra incurabile come tante altre malattie di casa nostra che derivano alla fine dalla stessa causa ovvero il rapporto perverso fra la società e la politica.