Ho sempre rimproverato su questo blog il grave problema della chiusura mentale che in generale attanaglia tante comunità del nostro scalogantissimo Paese: ciò si traduce in incapacità di immaginare il futuro, lasciare spazio ai talenti, innovare, progettare e gestire il cambiamento. La chiusura mentale comporta sempre una penosa gestione del presente secondo la logica dell'improvvisazione, dello sperare in un miracolo o che le cose si "aggiustino da sole".
Quello che noto in questi giorni più recenti è che a fianco di questa chiusura mentale sta emergendo un altro tipo di chiusura: quella delle attività produttive e commerciali.
Passeggiando per le vie del capoluogo della mia provincia (ancora esistono 'ste benedette provincie!) ho notato nel centro un numero considerevole di negozi e di attività chiuse. Mai prima d'ora avevo visto una cose del genere. Del resto la bizzarra idea di aumentare l'IVA non ha certamente funzionato come volano per lo sviluppo di nuove attività ed il rafforzamento delle esistenti. Semplicemente le famiglie hanno sempre meno soldi da spendere. E considerando che, come avevo già scritto, gli aumenti sono stati di gran lunga maggiori rispetto all'aumento effettivo dell'IVA, questo corto-circuito economico era fin troppo facile da prevedere. Oltrettutto una volta aumentata l'IVA al 21% scordiamoci l'arrivo nel futuro di un messia che la riporterà indietro. Impensabile.
Insomma i negozi chiudono ed in quelli rimasti aperti i clienti sono pochi. Una sberla per una considerevole fetta di quell'elettorato che aveva a gran voce sostenuto l'attuale premier e la sua maggioranza. Ecco quindi che la chiusura mentale si materializza nella chiusura ad esempio dei negozi del centro-città. E' quindi incredibile poter toccare con mano tutte le conseguenze di queste diverse forme di "chiusura".
La piccola economia intanto sta agonizzando come non mai. Soprattutto per i giovani si stanno chiudendo le ultime porte per potersi inventare un mestiere.
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