mercoledì 26 maggio 2010

Crisi e Giustizia

Se qualcuno pensa che ci troviamo di fronte ad una mera crisi economica (sia pure indubbiamente grave e con severi toni recessivi) o è in malafede o è un ingenuo. In realtà oggi abbiamo a che fare con la crisi profonda di un sistema e dei suoi valori di riferimento che si manifesta con tre emergenze interconnesse ed interdipendenti: quella ambientale, quella sociale e quella economica. Pensare che siano tre emergenze distinte e che conseguentemente possano essere affrontate distintamente è oggi una delle scelte più catastrofiche che si possano immaginare. Esse sono infatti le facce della stessa medaglia che denunciano chiaramente come un modo di pensare e di vedere e concepire la realtà sia arrivato al suo logico capolinea.

Per tutte e tre queste emergenze il tratto comune è costituito dal fatto di essere la logica conseguenza dello sradicamento totale dalla realtà della dimensione "finanza" e delle relative speculazioni: questa dimensione è talmente fuori controllo da provocare non solo continue catastrofi (ambientali, sociali, economiche), ma da impedire di fatto l'individuazione di rimedi efficaci a queste emergenze piegando alle sue esigenze anche la ricerca scientifica e la formazione scolastica.

Con la crisi del 2008 avrebbero dovuto essere imposte delle regole: invece niente. E con i soldi pubblici immessi nel sistema per salvare le banche, i manager hanno ricominciato a speculare alla faccia dei cittadini e dei Governi.

Una finanza senza regole e senza scrupoli ha come unico obiettivo quello di produrre quattrini a qualunque costo, nel senso più ampio del termine: non c'è rispetto per le risorse della Terra (emergenza ambiente), non c'è rispetto per le persone e le famiglie (emergenza sociale), non c'è rispetto per i settori produttivi reali (emergenza economica).

Queste emergenze sono sintomi di una grave carenza di "giustizia". Se una classe politica inefficiente, corrotta ed incapace continua a consentire ai manager di fare ciò che vogliono (con i soldi ed il lavoro altrui) si genereranno ed amplificheranno drammatiche ingiustizie in primo luogo sociali perchè i "politicamente deboli" saranno sempre chiamati a pagare il conto dei "politicamente forti" e dei furbi. Inoltre, quando l'unica variabile che conta sono i soldi, secondo i dettami della finanza, allora chi non potrà pagare non avrà diritto nemmeno ad avere l'aria pulita o acqua da bere o comunque ad un ambiente ecologicamente sano: e questo vale per nazioni intere come per i singoli individui. In breve la privatizzazione dell'ambiente e delle sue risorse è stata realizzata da tempo. Insomma: non puoi pagare? Allora crepa di cancro! Per questo il degrado ambientale va sempre di pari passo con il degrado sociale ed etico.

Le imprese oneste poi sono sempre quelle che ci rimettono quando i grandi manager sbagliano e spariscono con i loro tesoretti e buoneuscite milionarie: basta fare due passi fra le piccole imprese e sentire cosa dicono gli imprenditori. Non c'è bisogno di Premi Nobel per questo.

Pensare quindi a delle manovre correttive senza mai rimettere in discussione i principi ed i meccanismi che hanno generato queste aberrazioni significa tentare di mantenere in vita un moribondo in coma profondo ed irreversibile. Si ingannano di fatto le persone in molti modi non solo facendo pagare il conto della pizzeria ai soliti sprovveduti, ma scaricando il tutto su un futuro di cui come sempre non importa nulla a nessuno; senza pensare poi che i margini di manovra di questo futuro saranno sempre più limitati.

Questa crisi avrebbe dovuto servire invece a dare spazio ad un ripensamento profondo di tutto il nostro modo di vedere la realtà e questo ripensamento non deve piovere dall'alto, ma deve partire da tutti noi. Invece niente: chi se ne frega.

Dovremo cominciare a ri-assumerci le nostre responsabilità quantomeno sul controllo di quelle decisioni che riguardano il nostro futuro.

Suggerisco la visione di questo video

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