mercoledì 11 giugno 2008

Ci può essere una modernità con meno tecnologie?

Non di rado capita di leggere che senza tecnologie non vi è modernità oppure che lo sviluppo può essere conseguito solo se adeguatamente supportato dalle tecnologie oppure ancora che le società tradizionali sono per definizione arretrate perché non provviste di tecnologie. La banalizzazione della problematica è frequentemente dovuta ad una scarsa o contraddittoria definizione dei termini coinvolti; modernizzazione, crescita. progresso, sviluppo vengono usati in modo intercambiabile a piacimento quasi sempre contrapposti ad un’idea di tradizione considerata come il contenitore del sottosviluppo, povertà ed arretratezza. I cosiddetti esperti e molte voci del mondo accademico, della politica e della ricerca scientifica sono (quasi) sempre unanimi nel ritenere che è la tecnologia che rende moderna una società od un gruppo sociale, e al contrario la sua assenza o limitata diffusione ne determina l’arretratezza. In particolare il mondo tecnico-scientifico e, forse in maniera più preoccupante, quello del management si impegnano in modo deciso a dimostrare che la tecnologia non limita la sua influenza all’impiego “pratico” di queste acquisizioni, ma, forse in maniera anche più penetrante, tende a diffondere una razionalità tecnico-scientifica che presuppone tali acquisizioni ed una vera e propria cultura. Quante volte capita di vedere, soprattutto nelle pubblicità, l’immagine di manager di successo tutti telefonino cellulare, PC portatile e SUV che sprizzano efficienza da tutti i pori, solleticando il desiderio di imitazione di molti? Loro sì che sono all’avanguardia! Bisogna prestare molta attenzione ai modelli culturali che la pubblicità trasmette poiché, in modo anche spregiudicato, tende a costruire (in modo molto più potente di qualsiasi team di esperti e specialisti) una cultura in cui la preponderanza dei valori tecnologici su quelli non tecnologici è di fatto pervasiva e totalizzante. L’idea che la televisione, tramite i pubblicitari, vuole portare avanti è quindi che tutto quello che deve essere veramente moderno deve identificarsi quasi completamente con lo sviluppo tecnologico. E’ evidente che in questo modo la tecnologia assume i caratteri di un vero e proprio sistema culturale che invade ogni aspetto della vita individuale e sociale attraverso un processo che, direzionando ogni percorso di sviluppo, tende a strumentalizzare individui, gruppi sociali ed intere società. Questa cultura trova le sue espressioni anche a livello politico sia centrale che locale: se non crei imprese high tech non hai sviluppo, senza hyper-management non hai sviluppo, se non crei nel tuo territorio una specie di Sylicon Valley non hai sviluppo locale, ecc… ecc… Qui non si vuole ovviamente discutere il ruolo cruciale della tecnologia come supporto e strumento dello sviluppo quanto la sua assunzione ad “unico” mezzo che non prevede alcuna forma di alternativa anche quando ci troviamo di fronte a processi di sviluppo dai costi sociali ed ambientali enormi misurabili nella elevatissima mobilitazione di risorse umane e materiali in nome di un concetto di efficienza spesso totalmente alieno ai modelli culturali e alle società definite come “tradizionali”. La problematicità degli attuali modelli di sviluppo non consiste quindi nella presenza delle tecnologie di per sé quanto nel continuo ricorso alle tecnologie a scapito di qualsiasi altra alternativa. Quando allora vogliamo ragionare in pratica sulla definizione ed applicazione di processi di sviluppo, in particolare a livello locale con i relativi amministratori pubblici, bisogna in primo luogo lavorare sull’emersione di azioni alternative. Siccome poi molti amministratori pubblici locali cadono nella trappola della fede cieca e priva di dubbi nelle tecnologie come “medicina miracolosa”, è indispensabile allora creare la consapevolezza della presenza di un certo grado di incertezza generato dall’incertezza ambientale e di contesto (presenza di obiettivi in conflitto ) e quella causata dalla disponibilità di informazioni incomplete o da una non accurata immagine della situazione di partenza o dei risultati ottenibili. Il tutto deve essere sottoposto ad un sistema di valutazione dei risultati ottenuti o quelli potenziali risultanti da azioni alternative. Lo sviluppo territoriale il più delle volte non ha quindi bisogno di tecnologie sofisticate per sostenersi quanto semmai di conoscenze non tecnologiche spesso legate al capitale umano: insomma meno macchine e più relazioni, meno intelligenza artificiale e più intelligenza umana (soprattutto da parte della politica).

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