mercoledì 25 febbraio 2009

.. e io penso all'Islanda


Io vivo in un piccolo Paese dove spesso i grandi fatti di politica internazionale appaiono come eventi lontanissimi, come se accadessero su un altro pianeta. Eppure da un pò di tempo a questa parte, grazie anche alla rete, la mia attenzione va sempre più spesso verso l'Islanda.

Fino a qualche tempo fa si pensava all'Islanda come meta di viaggio, per turismo o magari per lavoro. L'islanda appariva come una specie di paradiso dove gli standard di vita erano altissimi e non esisteva disoccupazione.

Cosa resta oggi di questo paradiso? L'islanda sembra oggi un Paese del terzo mondo, con una svalutazione monetaria a picco verticale, livelli di disoccupazione elevati, crollo generalizzato della qualità della vita.

Che cosa è successo? In pratica l'Islanda è diventata una delle prime vittime eccellenti del crack finanziario dello scorso autunno a causa in particolare dei forti legami che esistevano fra Leheman Brothers e le banche islandesi. Il sistema bancario islandese, nonostante gli interventi forse tardivi del governo, è completamente collassato a causa dell'enorme debito di miliardi di dollari accumulati durante gli anni di espansione incontrollata: il sistema economico è di conseguenza crollato trascinando dietro di sè il sistema politico.

Tutto questo ha provocato un'ondata di contestazioni da parte della gente (la rivolta delle pentole) che ha costretto alla dimissioni il governo: oggi il Paese è guidato dalla signora Johanna Siguroardottir chiamata a far fronte ad una crisi gravissima e alle conseguenze della terapia shock proposta dal FMI.

Perchè preoccuparci della lontana Islanda? Molte sono le lezioni che vengono da questa faccenda.
In primo luogo bisogna cominciare a riflettere sul fatto che il fallimento di un prospero Paese europeo non è un'ipotesi teorica, ma un'evento possibile. queste cose non capitano solo in Sud America, ma possono toccare anche noi.

Bisogna chiedersi poi quanto fragile possa essere una prosperità generata dalla speculazione finanziaria, dall'assenza di regole, da un iper-capitalismo bancario senza scrupoli. L'ultra-capitalismo, l'incompetenza politica, l'eccessivo potere delegato a manager e banchieri possono uccidere un Paese e travolgere la vita di un'intera comunità di persone.

Insomma l'Islanda appare come l'esempio macroscopico di quanto negativa possa esssere la situazione economica internazionale: all'interno di uno scenario così grave non ci può essere posto per l'improvvisazione, per l'incompetenza politica, per le speculazioni di pochi a danno della collettività, per l'irresponsabilità politica perchè il prezzo da pagare può essere veramente molto alto. C'è quindi molto materiale su cui riflettere non solo da parte degli economisti e dei politici, ma anche da parte di tutti noi.

Per questo continuo a seguire cosa sta accadendo in Islanda.

In questa sede non mi interessano le analisi economiche o le discussioni politiche; grazie anche alla rete, credo che sia più importante lasciare spazio alla voce persone, alle quali mi sento personalmente molto vicino, che in questo momento stanno vivendo una vera e propria tragedia.

A titolo di esempio suggerisco questi blogs e questi posts:
Iceland Says
Iceland Eyes
Iceland Banking Crisis
The news from Iceland


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