Nonostante il ridicolo ed intempestivo tentativo di rettifica (con la consueta scusa "sono stato frainteso e strumentalizzato"), le recenti dichiarazioni pubbliche del presidente del consiglio sulla scuola pubblica meritano approfondita consderazione.
In primo luogo esse gettano una chiara luce sulla poca lungimiranza di chi le ha pronunciate: sono infatti una chiara ed ulteriore dimostrazione della totale assenza di senso dello Stato da parte del presidente del consiglio. Egli infatti, per la qualifica che detiene, è una primaria carica istituzionale di quello Stato da cui emana la scuola pubblica che egli ha così improvvidamente offeso. Egli infatti non ha espresso una riflessione del tipo "vorrei una scuola pubblica migliore per le famiglie dei miei concittadini: con infrastrutture adeguate, con maggiori risorse, con docenti motivati e gratificati". Le sue dichiarazioni sono di tutt'altro tenore perchè offendono gli stessi fondamenti della scuola pubblica. Senza contare poi che il contraltare della scuola pubblica in Italia è una scuola privata che nella quasi totalità dei casi è sinonimo di scuola confessionale cattolica che di certo non brilla per oggettività. La scuola privata, così come è oggi, non può essere quindi portata ad esempio di pluralismo.
Insomma il presidente del consiglio non ha parlato da privato cittadino ma da espressione di un'istituzione dello Stato. Forse in quel momento se ne è dimenticato credendo di essere un semplice imprenditore. Purtroppo per lui il risultato è stato l'ennesimo corto-circuito istituzionale: ovvero lo Stato che offende sè stesso. Il problema è che egli probabilmente non si sente, non si considera e non si percepisce come "Stato", ma come un antagonista dello Stato di cui è espressione istituzionale. Questo è un paradosso veramente peculiare.
Parimenti, offendendo così pesantemente la scuola pubblica, egli ha delegittimato il lavoro di un suo ministro (che se ben ricordo un tempo era denominato "della Pubblica Istruzione") il quale, mentre sostanzialmente gli viene tolta la terra sotto i piedi, invece di prendere atto della dichiarazione di totale sfiducia nei suoi confronti (e quindi decidendo di dimettersi dignitosamente), ha preferito affrettarsi, da buon "dipendente riconoscente", ad escogitare delle improbabili giustificazioni per spiegare un simile comportamento. Tali acrobazie concettuali non sono degne di un ministro, ma denunciano il solito legame adulatorio che si instaura fra benefattore e beneficiato. Anche in questo caso, tutto questo non fa bene alle povere e macilente istituzioni pubbliche italiane dove si richiederebbe un'indispensabile dose di dignità, autonomia di pensiero e correttezza, non riconoscenza e sudditanza.
A mio parere, la cosa più triste di tutte è stata però che, come ho già sottolineato in altre occasioni, anche in questo caso, come in altre tristissime occasioni, a fronte di una così palese assenza di senso dello Stato, si è registrata la solita ovazione con forte scroscio di applausi. Nessuno fra i presenti ha avuto la spina dorsale di obiettare e di contestare una simile dissennata affermazione. Nessuno ha avuto il coraggio di alzarsi in piedi e dire: "Io non sono d'accordo". Erano tutti troppo impegnati a spellarsi le mani, ad applaudire. Sarebbe opportuno pubblicare l'elenco dei nominativi di tutti i presenti affinchè, una volta per tutte, si possa prendere le distanze di una simile platea. Sarebbe possibile, con nomi e cognomi, poter finalmente dire: "Beh! Io però non sono come Tal dei Tali". L'Italia è un Paese di ruffiani: cominciamo ad imparare a riconoscerli: quantomeno per evitare la loro sgradevole compagnia.
Bisognerebbe, prendere questi signori uno per uno e spiegare loro che anche un bambino sa perfettamente che la scuola pubblica, proprio perchè pubblica, è una grande garanzia di pluralismo, indipendenza di pensiero e giustizia sociale. L'istruzione pubblica rappresenta una grande conquista che garantisce un minimo di decenza ad una società e, in molti casi, anche democrazia e crescita sociale. Quanto è stato affermato di fatto disconosce tutto questo e avalla un'idea di società indecente ed ingiusta oltre che non democratica.
Dire una cosa del genere è molto grave, soprattutto se è una delle più alte cariche dello Stato a dirle, ma applaudirle, senza avere il coraggio e la dignità di opporsi, è anche peggio.
In primo luogo esse gettano una chiara luce sulla poca lungimiranza di chi le ha pronunciate: sono infatti una chiara ed ulteriore dimostrazione della totale assenza di senso dello Stato da parte del presidente del consiglio. Egli infatti, per la qualifica che detiene, è una primaria carica istituzionale di quello Stato da cui emana la scuola pubblica che egli ha così improvvidamente offeso. Egli infatti non ha espresso una riflessione del tipo "vorrei una scuola pubblica migliore per le famiglie dei miei concittadini: con infrastrutture adeguate, con maggiori risorse, con docenti motivati e gratificati". Le sue dichiarazioni sono di tutt'altro tenore perchè offendono gli stessi fondamenti della scuola pubblica. Senza contare poi che il contraltare della scuola pubblica in Italia è una scuola privata che nella quasi totalità dei casi è sinonimo di scuola confessionale cattolica che di certo non brilla per oggettività. La scuola privata, così come è oggi, non può essere quindi portata ad esempio di pluralismo.
Insomma il presidente del consiglio non ha parlato da privato cittadino ma da espressione di un'istituzione dello Stato. Forse in quel momento se ne è dimenticato credendo di essere un semplice imprenditore. Purtroppo per lui il risultato è stato l'ennesimo corto-circuito istituzionale: ovvero lo Stato che offende sè stesso. Il problema è che egli probabilmente non si sente, non si considera e non si percepisce come "Stato", ma come un antagonista dello Stato di cui è espressione istituzionale. Questo è un paradosso veramente peculiare.
Parimenti, offendendo così pesantemente la scuola pubblica, egli ha delegittimato il lavoro di un suo ministro (che se ben ricordo un tempo era denominato "della Pubblica Istruzione") il quale, mentre sostanzialmente gli viene tolta la terra sotto i piedi, invece di prendere atto della dichiarazione di totale sfiducia nei suoi confronti (e quindi decidendo di dimettersi dignitosamente), ha preferito affrettarsi, da buon "dipendente riconoscente", ad escogitare delle improbabili giustificazioni per spiegare un simile comportamento. Tali acrobazie concettuali non sono degne di un ministro, ma denunciano il solito legame adulatorio che si instaura fra benefattore e beneficiato. Anche in questo caso, tutto questo non fa bene alle povere e macilente istituzioni pubbliche italiane dove si richiederebbe un'indispensabile dose di dignità, autonomia di pensiero e correttezza, non riconoscenza e sudditanza.
A mio parere, la cosa più triste di tutte è stata però che, come ho già sottolineato in altre occasioni, anche in questo caso, come in altre tristissime occasioni, a fronte di una così palese assenza di senso dello Stato, si è registrata la solita ovazione con forte scroscio di applausi. Nessuno fra i presenti ha avuto la spina dorsale di obiettare e di contestare una simile dissennata affermazione. Nessuno ha avuto il coraggio di alzarsi in piedi e dire: "Io non sono d'accordo". Erano tutti troppo impegnati a spellarsi le mani, ad applaudire. Sarebbe opportuno pubblicare l'elenco dei nominativi di tutti i presenti affinchè, una volta per tutte, si possa prendere le distanze di una simile platea. Sarebbe possibile, con nomi e cognomi, poter finalmente dire: "Beh! Io però non sono come Tal dei Tali". L'Italia è un Paese di ruffiani: cominciamo ad imparare a riconoscerli: quantomeno per evitare la loro sgradevole compagnia.
Bisognerebbe, prendere questi signori uno per uno e spiegare loro che anche un bambino sa perfettamente che la scuola pubblica, proprio perchè pubblica, è una grande garanzia di pluralismo, indipendenza di pensiero e giustizia sociale. L'istruzione pubblica rappresenta una grande conquista che garantisce un minimo di decenza ad una società e, in molti casi, anche democrazia e crescita sociale. Quanto è stato affermato di fatto disconosce tutto questo e avalla un'idea di società indecente ed ingiusta oltre che non democratica.
Dire una cosa del genere è molto grave, soprattutto se è una delle più alte cariche dello Stato a dirle, ma applaudirle, senza avere il coraggio e la dignità di opporsi, è anche peggio.