lunedì 20 aprile 2015

Tempo di migrare

Ormai a cadenza praticamente quotidiana veniamo informati di sbarchi di migliaia di profughi che tentano di arrivare in Italia via mare. Molti riescono ad essere recuperati in mare, molti finiscono con il morire nell'impresa. 

Di fronte a questi fatti quotidiani e soprattutto davanti al numero sempre crescente di uomini, donne e bambini morti in questo cataclisma sociale e umanitario ci troviamo a constatare le reazioni più disparate. Indubbiamente c'è lo sgomento e la grande preoccupazione della società italiana, impreparata di fronte a tutto questo, anche perchè si tratta di un fenomeno incontrollato le cui conseguenze per l'Italia non appaiono ancora ben chiare. 

Ma quello che sgomenta di più è il dover constatare ogni volta le stesse patetiche prese di posizione della politica italiana. Anche in questo ultimo catastrofico caso di centinaia di persone morte in mare, i politici, i giornalisti ed i vari opinion leaders si sono scatenati in una gara alla frase ad effetto, ai propositi, all'idea dell'ultimo momento, al "bisognerebbe", il "sarebbe opportuno", "è indispensabile". Ognuno si sente in dovere di dire la sua, senza preoccuparsi delle conseguenze di quello che dice. Tanto, che vuoi che succeda?

Tutto questo è sintomo o di malafede, di stupidità, di disonestà intellettuale o di ignoranza completa.

In realtà queste persone, nella loro genericità intellettiva, non solo non hanno la benchè minima idea di come affrontare o risolvere il problema - in questo come in altri casi- , ma il più delle volte non hanno proprio idea delle caratteristiche e della natura del problema in questione. L'importante è apparire indignati, fare la frase fatta che possa fare effetto, dire la propria, apparire, non essere da meno o secondo ad altri.

Nessuno ha idea di come affrontare e risolvere il problema di questo fiume migratorio. Nessuno sa come fare...

Secondo me molti sperano proprio che sia il mare a risolvere le cose, perchè nessuno sa come gestire tutte queste persone che arrivano in Italia e che poi puntalmente svaniscono nel nulla.

Bisognerebbe essere almeno più onesti e ammettere la propria incapacità o impossibilità a fare qualcosa. Questo ci risparmierebbe questo fiume in piena di sciocchezze che siamo costretti a sentire.

Del resto, gente che vive blindata dentro i propri privilegi (in Italia come a Bruxelles o in Vaticano), che non ha idea di cosa significhi lavorare per mandare avanti una famiglia, fare le file negli uffici, essere ogni giorni vittima degli abusi dell'amministrazione pubblica, che non ha idea di cosa sia il precariato o la disoccupazione (propria o dei propri figli), che guadagna sulla pelle degli altri, non può declamare altro che frasi del tipo: "E' indispensabile che la solidarietà prevalga sulle logiche di esclusione, affinchè un autentico sentimento ispirato al senso di umanità guidi una nuova e rinnovata visione dell'accoglienza in nome della giustizia e della fratellanza verso coloro i quali sfuggono a condizioni di oppressione e di guerra in cerca di un futuro in cui poter immaginare una vita degna di essere vissuta affinchè ciascuno..."

Belle parole, non c'è che dire, ma intanto che si fa? Come sempre, in questo come in altri casi, si blatera e si scarica tutto in primo luogo su coloro che "fisicamente" e materialmente si occupano delle operazioni di salvataggio, accoglienza, assistenza, ecc... E poi si spera nella capacità della gente comune di arrangiarsi, di trovare da sè, come sempre, una soluzione, un accomodamento, una forma di adattamento di fronte ad un fenomeno che sta cambiando il nostro presente in un futuro ignoto...

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