venerdì 30 novembre 2012

Crisi economica e cortesia

L'attuale crisi economica è sicuramente un evento drammatico con pesanti risvolti negativi per ampie fasce della società italiana. La recessione di fatto sta riducendo la quantità di denaro che le persone hanno a disposizione per vivere. Ovviamente da tutto questo i politici restano fuori: loro problemi di soldi non ne hanno di certo.

Insomma la crisi presenta un'enorme quantità di problemi e situazioni negative: eppure un aspetto positivo, secondo me, c'è. 

Parto dall'inizio.

Premetto che io vivo in una piccola città di provincia dove il senso dell'ospitalità e la cortesia non hanno mai rappresentato un tratto distintivo della popolazione locale, meno che mai degli operatori economici, dei commercianti, delle imprese in generale. In tempi di "vacche grasse" se entravi in un negozio nessun commesso o nessuna commessa ti salutava o ti degnava della minima attenzione. A meno che uno non era un amico intimo dei commessi o del proprietario si faceva un'enorme fatica a farsi notare. Nessuno ti filava e, peggio, frequentemente ti trattavano con una sufficienza che nascondeva apatia, disprezzo, antipatia assoluta nei confronti del cliente ("ecco il solito rompipalle..."). Al bar o in pizzeria potevi morire prima che qualcuno si accorgesse di te e ti venisse a servire. L'espressione più comune ed unica che questa gente utilizzava per aprire e chiudere la comunicazione con il cliente era un semplice ed asettico: "dica...". Peggio ancora quando ti davano del "tu", anche se non li avevi mai visti prima questi commessi, come assemblaggio linguistico generale sciattosissimo per rivolgersi al cliente, magari ciancicando una gomma da masticare, con frasi tipo: "che te serve?", "Che vvoi?".

Scontrini e ricevute fiscali? Ma non facciamo ridere i polli!

Gli artigiani poi erano una casta irraggiungibile per noi comuni mortali: chiamare un elettricista per un guasto domestico era come cercare di prenotare una TAC all'ospedale per la nonna. "Ahò! Ce risentimo fra un mesetto, perchè mò nun c'ho tempo...". Nel frattempo la nonna moriva ed il guasto si propagava a tutto il quartiere. 

Chiamare poi al telefono? Per carità! Ore ed ore a sentire musichine assurde ripetute migliaia di volte. Dopo un'ora, un'ora e mezza di attesa ti attaccavano pure il telefono in faccia.

Oggi è tutto cambiato. E quando dico tutto, intendo dire tutto. Ho cominciato a notare che la crisi aveva toccato anche la mia ridente città nel momento in cui i commercianti locali hanno iniziato a salutare i clienti che entravano e che uscivano. Le prime volte mi domandavo: "ma dove sono? Devo aver sbagliato città! E com'è che adesso questi salutano?". 

Che la crisi andasse peggiorando l'ho capito quando, oltre a salutare, ti chiedevano anche se desideravi qualcosa (ma vi rendete conto?!?: desideravo - un verbo finora sconosciuto dai commercianti del luogo) oppure se avevi bisogno d'aiuto (pazzesco!!!): oggi si sente un fiorire di espressioni incredibili come "se ha bisogno di qualcosa non deve far altro che chiedere", "grazie", "prego", "ma si figuri", "sono qui a sua completa disposizione..." Meraviglioso, semplicemente meraviglioso.

Al telefono poi, oggi ti rispondono tutti e subito: non aspetti più. Il cliente è finalmente coccolato e viziato. Il bello è che la crisi ha provocato anche una rivoluzione linguistica: è tornato di moda il "lei" per rivolgersi ai clienti. E le commesse hanno sputato le gomme. Era ora. Insomma un cambiamento radicale: l'educazione ed il rispetto per il cliente sono diventati finalmente importanti. Cronache di una specie di darwinismo economico.

Molte attività nel frattempo hanno chiuso i battenti. Per molti di queste c'è sicuramente dispiacere perchè comunque si tratta di persone che lavoravano onestamente che hanno perso il lavoro. Malignamente però, in qualche caso mi è venuto da dire: "ti sta bene!". 

Fra le attività che hanno resistito e che stanno resistendo ci sono anche quelle che negli anni i clienti se li sono coltivati sulla base dell'onestà, della qualità, del rispetto e della correttezza. Specialmente le piccole botteghe  dove si è creato un rapporto diretto con i clienti sembrano reggere meglio di grandi attività commerciali.

La strategia di marketing e la politica commerciale del "vaffanculo" quindi non pagano. Speriamo solo che questa crisi abbia insegnato a tutti noi che nella vita non c'è mai nulla di scontato (non nel senso dei prezzi ovvio...), e che la saggezza ed il rispetto nei tempi buoni significano costruire un salvagente per i tempi cattivi.


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