venerdì 9 maggio 2008

Cemento e Sviluppo Locale


Oggi si parla molto di indicatori della qualità della vita come strumenti alternativi al PIL. La ricerca ha messo a punto un gran numero di questi indicatori connessi ad esempio ai livelli di istruzione, qualità dei servizi sanitari, ecc… Vi sono poi alcuni fattori che possono anch’essi agire come indicatori, magari anche in modo un po’ più subdolo, capaci di mettere a nudo anche le stesse capacità di governance di molte amministrazioni locali e centrali del nostro Paese. Uno di questi è sicuramente la qualità del paesaggio e le modalità attraverso le quali esso viene gestito; questi fattori possono infatti diventare un’espressione visibile della competenza delle istituzioni locali relativamente ai “beni pubblici” (ambiente, salute pubblica, istruzione, ecc…) e delle loro capacità di amministrarli correttamente. L’incapacità, l’incompetenza e talora il comportamento doloso degli amministratori pubblici si riverberano immediatamente sull’ambiente e sul paesaggio perché sono considerati in Italia elementi politicamente inconsistenti ed irrilevanti, anche se economicamente interessanti anche per il crimine organizzato. Invece ambiente e paesaggio costituiscono un vero e proprio bacino complesso di beni pubblici interrelati che subito denunciano la presenza di forme di erosione e danneggiamento di una o più di queste componenti sensibili del territorio. La gestione della residenzialità è ad esempio uno di quei settori dove maggiormente le amministrazioni pubbliche locali coinvolgono i privati nella gestione di alcune componenti critiche del territorio: spesso la gestione dei beni pubblici connessi a queste componenti (come appunto il paesaggio e la generale pianificazione del territorio) scaturisce dalla mera mediazione di interessi privati. Le continue pressioni da parte delle imprese edilizie e l’illusoria idea che il cemento possa creare occupazione e sviluppo, possono creare delle pesanti distorsioni causate dalla esclusiva prevalenza di interessi particolari sulla pianificazione territoriale che viene immediatamente visualizzata dalla qualità del paesaggio: anzi alla fine la qualità dello spazio dove una comunità deve vivere e lavorare dipende primariamente da questo perverso meccanismo. Vengono allora a galla le (in)capacità coercitive delle istituzioni pubbliche e quelle discrepanze fra interessi pubblici e privati ad esempio quando si deve decidere di fare o non fare dei controlli, applicare rigidamente o meno delle norme, essere particolarmente severi con qualcuno e molto permissivi con altri. Invece di fornire beni pubblici questi amministratori forniscono dei “mali” pubblici. Il valore di un paesaggio dipende da come le costruzioni vengono allocate ed esteticamente costruite. Una distribuzione spaziale caotica e i troppi condoni edilizi evidenziano le varie forme di pressione e competizione per l’uso dei terreni: la terra appare quindi eccessivamente “capitalizzata” e la sua eventuale edificabilità cattura l’intero suo valore a danno di tutti gli altri beni pubblici che sono ad essa collegati. La cosa più importante è “costruire” e la razionalizzazione dell’allocazione della residenzialità o altri fattori estetici/etici non sono presi minimante in considerazione. La massiccia capitalizzazione del fattore suolo è la sola guida nella gestione del paesaggio e del territorio con la devastazione dei beni pubblici (che non vengono nemmeno riconosciuti come tali) e la totale disattenzione nei confronti di eventuali esternalità negative delle scelte residenziali sugli altri beni pubblici.

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