mercoledì 23 ottobre 2013

Un libro di testo scolastico

Mio figlio frequenta il secondo anno del Liceo Scientifico. L'altro giorno, studiando storia dell'arte, mi ha fatto notare alcuni passi del suo libro di testo di Storia dell'Arte. Ritengo che sia utile condividere queste riflessioni per, quantomeno, tentare di comprendere la profondità dell'abisso in cui siamo precipitati.

Riporto le testuali parole per non essere frainteso. Segnalo inoltre che il libro può essere visualizzato in questo link. Il testo in questione si intitola "Itinerario nell’arte, Dall’arte paleocristiana a Giotto, Versione arancione". Gli autori sono Giorgio Cricco e Francesco Di Teodoro. Editore Zanichelli.

Il paragrafo relativo all'arte paleocristiana si apre con queste parole (il grassetto è mio):

"Del cristianesimo si è avuto più d’una volta occasione di parlare. Il credo cristiano, da religione semplicemente tollerata alla stregua di tante altre, ebbe una diffusione così capillare da diventare, in seguito al Concilio di Nicèa (325), religione ufficiale dell’impero e, nel 380, addirittura unica religione ammessa nello Stato. Questo, però, non vuol dire che il paganesimo cessasse in quel momento di esistere; anzi, continuò a sopravvivere a lungo, soprattutto nelle campagne, almeno fino a circa il VI-VII secolo. Conviene ricordare a tal proposito che, non a caso, il termine pagano deriva dal latino pàgus, villaggio, i cui abitanti (i contadini, appunto), sempre restii a ogni mutamento, lo furono anche nell’ambito della religione tradizionale e dei suoi riti."

La raffigurazione di questi contadini "sempre restii ad ogni mutamento" è così naive da rendere difficile qualsiasi commento. La mancanza di una qualsiasi analisi storica degna di questo nome, spinge di fatto a produrre un mero pregiudizio di una superficialità a di poco sorprendente. Che dire di un'intera classe senatoriale (Simmaco e Pretestato in testa - non stiamo parlando di contadini) che tentava in tutti i modi di salvare, insieme ad una tradizione millenaria, la stessa integrità politica ed etica dello Stato e della Società Romana? Non viene il dubbio agli autori che il termine Pagus si riferisca, oltre che al "villaggio", anche a qualcosa di più complesso? Sono stati scritti fior di saggi sul significato reale di "pagano": io li ho letti, lo facessero anche loro... Tanto per farsi un pochino di cultura P. Chuvin "Cronaca degli ultimi pagani", Paideia Editore (giusto per citare un titolo...)

Ma poi il paragrafo continua:

"I cristiani, lo si è già visto, saranno gli unici eredi della vera mentalità romana. Il cristianesimo, quindi, poté divenire potente anche perché da religione rivoluzionaria (addirittura pericolosa e fonte di problemi per la sicurezza dell’impero, dal momento che, conformemente alla fede, rifiutava di riconoscere la natura divina dell’imperatore), aveva pian piano accettato la concezione romana dello Stato. Nel IV secolo, addirittura, grazie alla sua organizzazione e alla sua ricchezza, si presentava come l’unica forza capace di dargli vitalità e di ereditarne le funzioni. La storia del cristianesimo, dunque, finisce per confondersi con quella stessa di Roma e anzi ne diventa, di fatto, parte integrante."

Anche in questo caso si riportano idee e concetti anti-storici. Questi sono solo pre-giudizi privi di qualsiasi fondamento storico. Il cristianesimo non è mai stato, e mai lo sarà, in continuità con la Tradizione Romana. Non lo era all'epoca, figuriamoci oggi. Il cristianesimo ha sempre lavorato per sgretolare la mentalità romana e la sua etica. Etica Romana ed etica cristiana non hanno alcun punto in comune. Nessuno. Questo deve essere ben chiaro, altrimenti si rischiano dei frantendimenti colossali come hanno fatto questi esimi studiosi.

Il cristianesimo è stato di fatto una soluzione violenta, irrazionale e spesso folle con una tradizione che era ben più antica di quella Romana. Roma ne aveva tenuto il testimone, un testimone che è andato perduto con l'avvento del cristianesimo. Il fatto che la chiesa cristiana si sia impossessata con la violenza il più delle volte dei riti, dei luoghi, dei culti, del linguaggio, degli emblemi della tradizione romana non significa che li abbia accettati: è stata un'usurpazione, un saccheggio culturale. La sovrapposizione delle festività cristiane su quelle romane è solo servito a far digerire alle persone un credo che di fatto non riuscivano a digerire. Lo stesso è avvenuto con le chiese cristiane che spesso erano costruite fisicamente sopra  i templi per scacciare l'antico e imporre il nuovo sugli stessi siti. Il cristianesimo è stato imposto con la forza contro la volontà di milioni di uomini e donne (e queste ultime hanno pagato il prezzo più alto di questa allegra conversione).

Questi sono fatti storicamente documentati e facilmente accessibili anche ad un pubblico di non addetti ai lavori. Possibile che si debba ancora sentire queste favole prive di qualsiasi fondamento? Nel 2013 siamo ancora con i luoghi comuni degli Indiani cattivi ed i cowboys buoni? Ma andiamo!

Il paragrafo prosegue:


"D’altra parte, gli artisti e gli artigiani che lavoravano per i cristiani e per i pagani erano gli stessi (e non avrebbe potuto essere diversamente). Non c’è, quindi, discontinuità fra arte romana e arte cristiana".

Anche questa è un'affermazione antistorica di un'ingenuità sconcertante. Che gli artisti o gli artigiani potesero essere gli stessi non significa nulla e non garantisce continuità fra le due arti. Infatti la discontinuità fu totale e soffertissima perchè il sistema di valori di riferimento non poteva essere più divergente. 
Non essendoci alcuna possibilità di contatto fra l'etica romana e l'etica cristiana (meno che mai fra le due religioni - anche se è una forzatura parlare di Religione Romana in senso moderno) non vi era alcun momento di contatto fra le espressioni artistiche che materializzavano tali valori. Il discorso sugli "artisti" è oltretutto molto sottile. Basta pensare che, anche questo è storicamente documentabile, molti artisti o architetti tradizionali tentarono di celare nelle realizzazioni fatte su commissione della nuova religione (la maggior parte dei suoi esponenti erano totalmente ignoranti su queste tematiche da iniziati) molti simboli ed espressioni della tradizione "antica". Molte basiliche romaniche infatti molto spesso altro non sono che templi camuffati ove è fin troppo facile comprendere a quali divinità queste basiliche furono dedicate. Molto spesso poi nelle raffigurazioni della madonna facilmente possiamo ritrovare l'immagine di Iside, della Bona Dea, della Magna Mater, di Cibele o di Cerere. Il tutto per far sopravvivere in qualche modo i culti antichi non perchè non c'erano altri artigiani in circolazione. Come si fa ad essere così ingenui? Ma pensano veramente che quei secoli di transizione siano stati un periodo di rose e fiori?

Non parliamo poi dell'arte gotica ove tutta questa simbologia ermetica è fin troppo evidente... Mai letto Fulcanelli?

Andiamo avanti...
"Soprattutto durante i primi due secoli dalla nascita di Cristo l’unica differenza fra arte pagana e cristiana va còlta nel diverso valore simbolico che i cristiani attribuivano a certe raffigurazioni. Infatti, se una qualunque scena di vendemmia, con la rappresentazione di viti e grappoli d’uva, per un pagano non era altro da quello che mostrava di essere, per un cristiano,invece, si caricava di valori simbolici (...) Allo stesso modo la raffigurazione di un pesce per un pagano altro non era che quella di un animale acquatico, mentre per il cristianocostituiva il simbolo stesso del Cristo.(...) E ancora, un pastore con le pecore è, per un pagano, parte di una scena agreste, per un cristiano raffigura Gesù Buon Pastore, o un uomo con le braccia sollevate rappresenta un orante che si pone nella stessa posizione di Cristo sulla croce e un pavone non è solo un uccello che rallegra una pittura di giardino o decora un colombario pagano, ma simbolo di eternità, mentre la fenìce, un uccello mitologico che rinasce dalle sue ceneri, è simbolo della resurrezione di Gesù."

Ma stiamo scherzando? 

In questo caso ai pregiudizi privi di qualsiasi fondamento si sommano espressioni che denunciano la totale ignoranza sulla materia. La complessità del simbolismo antico - che si accompagna alla complessità della declinazione dei miti - è fin troppo nota. Che i simboli esprimessero ciò che non si poteva esprimere con parole, che aprissero un mondo "altro" irraggiungibile ai profani, tutto ciò è "pane quotidiano" per un qualsiasi Cultor e Cultrix.

Tutta la letteratura sulla simbologia antica e sacra viene buttata a mare in un attimo: Frazer e Kerenyi, Dumezil, Guenon e Eliade... l'elenco è fin troppo lungo. 

Non pretendo che questi signori abbiano una conoscenza sia pur superficiale di Giamblico, Proclo, Porfirio, Libanio, Nonno di Panopoli o Plotino (per non parlare dei Pitagorici!), ma affermare delle sciocchezze simili è fuori dalla portata di un qualunque estimatore della cultura antica, figuriamuci di un Cultor o di una Cultrix. Citare poi i primi due secoli della nascita di cristo è un tirare ad indovinare che porta ad ulteriori errori: in quel periodo infatti il cristianesimo era una setta molto poco diffusa che non possedeva una simbologia propria. Tanto per dirne una: lo sanno questi esimi professori che la croce è un simbolo pagano molto, ma molto più antico di quanto riescano ad immaginare? E lo sanno questi signori che la croce venne adottata dai cristiani in un'epoca relativamente recente? E lo sanno che sulle chiese, fino al medioevo avanzato, sulle chiese vi era un gallo (simbolo di Mercurio) e non una croce? Ma conoscono il valore sacro e simbolico della geometria?

Citare a vanvera la vite (simbolo dionisiaco complessissimo di cui ho parlato anche su questo blog) o il pavone o la fenice è un autogol magistrale... chiunque mastichi un minimo di cultura romana conosce perfettamente il significato di questi simboli... Ma questi professori non lo sanno. 

E allora mi chiedo: secondo questi signori che cosa può essere il caduceo? Un bastone di legno con due serpenti attorcigliati così a casaccio? Un gioco di società? Una bizzarra rappresentazione di fantasia? Una marca greca di medicine?
 
Con poche parole liquidano di fatto millenni di cultura, simboli, miti, tradizioni, valori. Siamo proprio nell'età oscura, nell' "età ultima" (Kali Yuga) in cui tutto ciò che è "superiore" diviene incomprensibile...
 
Faccio molta fatica a commentare queste affermazioni. Ritengo che sia molto grave e pericoloso reperirle su un libro di testo destinato alla formazione scolastica. Non si può creare cultura su queste basi e non si può pretendere che i ragazzi e le ragazze studino queste sciocchezze prive di fondamento storico. Come possono apprendere qualcosa se chi insegna non "sa"?

Si generano, nella migliore delle ipotesi, delle visioni ed opinioni totalmente distorte e prive di qualsiasi legame con la realtà. Si contribuisce a creare generazioni di persone che sono del tutto incapaci di apprezzare e comprendere il significato dell'arte antica, con la sua simbologia ed il suo messaggio più vero e profondo.

Non si può scrivere sui libri di testo quello che ci pare o la prima cosa che ci passa per la testa o, peggio, quello che ci fa più comodo.  

Penso che imparare male sia peggio che non imparare affatto.

Mi meraviglio che un testo di una così scarsa qualità sia stato pubblicato da un editore piuttosto importante ed adottato dalla scuola. Tutto questo dimostra solo il basso profilo di tutta la filiera culturale in Italia.

Abbiamo il diritto ed il dovere di opporci fermamente contro queste espressioni becere di pregiudizio, superficialità e assenza di rigore scientifico. Concludo asserendo che personalmente mi batterò, in tutte le sedi cui avrò accesso, per denunciare pubblicamente queste sciocche aberrazioni che nulla hanno a che vedere con una cultura degna di questo nome.


Rimetto poi al giudizio dei lettori ogni ulteriore commento a riguardo.

venerdì 18 ottobre 2013

The End

E' da un po' di tempo che vado scrivendo su questo blog circa il collasso definitivo ed irreparabile dell'Italia. Mi sono fatto questa convizione non tanto attraverso studi o ricerche: non ho elaborato dati, statistiche ed indici. Ho maturato questa convinzione semplicemente girando per le strade e per le piazze, ascoltando quello che la gente dice e non dice, osservando quello che la gente fa e non fa. Insomma si tratta di una prospettiva totalmente empirica "in vivo" che tiene conto del comportamento della gente comune, le loro visioni: è la realtà in cui io stesso, con la mia famiglia sono immerso nella nostra quotidianità.

E' sostanzialmente quello che manca a qualsiasi politico italiano: non hanno la benchè minima idea della situazione del tessuto sociale, etico ed economico di questa sfortunatissima terra. O, se lo sanno, si girano dolosamente da un'altra parte. Vivendo chiusi nelle loro logiche, nelle loro stanze e nei loro uffici non sanno nulla di nulla. La realtà prospettata dagli esperti poi è un po' come i rendering degli architetti: illusioni. E su queste illusioni i politici elaborano le loro complicatissime manovre.

La totale assenza di un sia pur pallido collegamento con la realtà aggrava la già scarsa qualità umana della classe dirigente italiana: formichine intente solo a saccheggiare tutto il possibile.

Da qualche tempo circola il post di Roberto Orsi che incollo qui di seguito. Il testo originale è su questo link.

Che dire? Mi sembra un'immagine anche un tantino riduttiva della situazione perchè la realtà è di gran lunga più grave e più seria di quanto da lui descritto. 

Non parla mai del fardello della criminalità organizzata, che di fatto ha il controllo di gran parte della società, della politica e dell'economia nazionale. 

Non parla dell'evasione fiscale, del sommerso e dell'economia dei sotterfugi che non hanno solo implicazioni economiche, ma sono espressioni di un vero e proprio mudus vivendi del Made in Italy. 

Non parla della violenza fisica e psicologica cui siamo tutti allo stesso tempo sottoposti ed artefici in un modo o nell'altro: stretti fra ricatti, clientele, favori e scambi di ogni genere. 

Non parla della distruzione sistematica del paesaggio, delle risorse naturali, del patrimonio artistico-archeologico, della devastazione delle risorse culturali e cognitive (know-how, saperi, competenze,ecc...). 

Non parla dell'avvelenamento definitivo di tanti territori italiani, fatto sotto gli occhi di tutti con il beneplacito di tutti. 

Non parla della deriva della scuola pubblica e della pagliacciata del circo delle università italiane. 

Non parla dell'ignoranza degli italiani che ha ormai raggiunto livelli tali da diventare un vero e proprio strumento di controllo di massa.

Non parla della sorte delle donne in Italia, strette fra botte e coltellate e la mignottaggine zoccoloide pigmentosa del berlusconismo.

Non parla del fatto che alla fine sono le donne italiane che rimpiazzano il walfar state in ritirata.

Non parla della considerazione nulla che ha l'infanzia nel nostro Paese (i poppanti non votano...).

Non parla dell'invecchiamento patologico, non solo anagrafico, della società italiana.

Non parla della totale invivibilità delle nostre città che diventano alla fine fucine di depressi e frustrati (e anche criminali).

Non parla dell'immoralità diffusa e radicata in ampi settori della società italiana: si tratta di mentalità, comportamenti e visioni saldamente innestati nelle coscienze della cosiddetta gente comune. Uno spaventoso deficit etico che di fatto spiega la strizzatina d'occhio che politica e società si fanno in continuazione da decenni: "tu lasciami in pace che io ti lascio in pace e poi ti voto"

Non parla del "chiagni e fotti" ormai sinonimo del più autentico "Made in Italy".

E poi il Vaticano: meglio glissare...

Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampate terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale. Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%. Peggiorerà.
Il governo sa perfettamente che la situazione è insostenibile, ma per il momento è in grado soltanto di ricorrere ad un aumento estremamente miope dell’IVA (un incredibile 22%!), che deprime ulteriormente i consumi, e a vacui proclami circa la necessità di spostare il carico fiscale dal lavoro e dalle imprese alle rendite finanziarie. Le probabilità che questo accada sono essenzialmente trascurabili. Per tutta l’estate, i leader politici italiani e la stampa mainstream hanno martellato la popolazione con messaggi di una ripresa imminente. In effetti, non è impossibile per un’economia che ha perso circa l’8 % del suo PIL avere uno o più trimestri in territorio positivo. Chiamare un (forse) +0,3% di aumento annuo “ripresa” è una distorsione semantica, considerando il disastro economico degli ultimi cinque anni. Più corretto sarebbe parlare di una transizione da una grave recessione a una sorta di stagnazione.
Il 15% del settore manifatturiero in Italia, prima della crisi il più grande in Europa dopo la Germania, è stato distrutto e circa 32.000 aziende sono scomparse. Questo dato da solo dimostra l’immensa quantità di danni irreparabili che il Paese subisce. Questa situazione ha le sue radici nella cultura politica enormemente degradata dell’élite del Paese, che, negli ultimi decenni, ha negoziato e firmato numerosi accordi e trattati internazionali, senza mai considerare il reale interesse economico del Paese e senza alcuna pianificazione significativa del futuro della nazione. L’Italia non avrebbe potuto affrontare l’ultima ondata di globalizzazione in condizioni peggiori. La leadership del Paese non ha mai riconosciuto che l’apertura indiscriminata di prodotti industriali a basso costo dell’Asia avrebbe distrutto industrie una volta leader in Italia negli stessi settori. Ha firmato i trattati sull’Euro promettendo ai partner europei riforme mai attuate, ma impegnandosi in politiche di austerità. Ha firmato il regolamento di Dublino sui confini dell’UE sapendo perfettamente che l’Italia non è neanche lontanamente in grado (come dimostra il continuo afflusso di immigrati clandestini a Lampedusa e gli inevitabili incidenti mortali) di pattugliare e proteggere i suoi confini. Di conseguenza , l’Italia si è rinchiusa in una rete di strutture giuridiche che rendono la scomparsa completa della nazione certa.
L’Italia ha attualmente il livello di tassazione sulle imprese più alto dell’UE e uno dei più alti al mondo. Questo insieme a un mix fatale di terribile gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione onnipresente, burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento e inaffidabile d’Europa, sta spingendo tutti gli imprenditori fuori dal Paese . Non solo verso destinazioni che offrono lavoratori a basso costo, come in Oriente o in Asia meridionale: un grande flusso di aziende italiane si riversa nella vicina Svizzera e in Austria dove, nonostante i costi relativamente elevati di lavoro, le aziende troveranno un vero e proprio Stato a collaborare con loro, anziché a sabotarli. A un recente evento organizzato dalla città svizzera di Chiasso per illustrare le opportunità di investimento nel Canton Ticino hanno partecipato ben 250 imprenditori italiani.
La scomparsa dell’Italia in quanto nazione industriale si riflette anche nel livello senza precedenti di fuga di cervelli con decine di migliaia di giovani ricercatori, scienziati, tecnici che emigrano in Germania, Francia, Gran Bretagna, Scandinavia, così come in Nord America e Asia orientale. Coloro che producono valore, insieme alla maggior parte delle persone istruite è in partenza, pensa di andar via, o vorrebbe emigrare. L’Italia è diventato un luogo di saccheggio demografico per gli altri Paesi più organizzati che hanno l’opportunità di attrarre facilmente lavoratori altamente, addestrati a spese dello Stato italiano, offrendo loro prospettive economiche ragionevoli che non potranno mai avere in Italia.
L’Italia è entrata in un periodo di anomalia costituzionale. Perché i politici di partito hanno portato il Paese ad un quasi collasso nel 2011, un evento che avrebbe avuto gravi conseguenze a livello globale. Il Paese è stato essenzialmente governato da tecnocrati provenienti dall’ufficio del Presidente Repubblica, i burocrati di diversi ministeri chiave e la Banca d’Italia. Il loro compito è quello di garantire la stabilità in Italia nei confronti dell’UE e dei mercati finanziari a qualsiasi costo. Questo è stato finora raggiunto emarginando sia i partiti politici sia il Parlamento a livelli senza precedenti, e con un interventismo onnipresente e costituzionalmente discutibile del Presidente della Repubblica , che ha esteso i suoi poteri ben oltre i confini dell’ordine repubblicano. L’interventismo del Presidente è particolarmente evidente nella creazione del governo Monti e del governo Letta, che sono entrambi espressione diretta del Quirinale. L’illusione ormai diffusa, che molti italiani coltivano, è credere che il Presidente, la Banca d’Italia e la burocrazia sappiano come salvare il Paese. Saranno amaramente delusi. L’attuale leadership non ha la capacità, e forse neppure l’intenzione, di salvare il Paese dalla rovina. Sarebbe facile sostenere che Monti ha aggravato la già grave recessione. Letta sta seguendo esattamente lo stesso percorso: tutto deve essere sacrificato in nome della stabilità. I tecnocrati condividono le stesse origini culturali dei partiti politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi alle loro posizioni attuali: è quindi inutile pensare che otterranno risultati migliori, dal momento che non sono neppure in grado di avere una visione a lungo termine per il Paese. Sono in realtà i garanti della scomparsa dell’Italia.
In conclusione, la rapidità del declino è davvero mozzafiato. Continuando su questa strada, in meno di una generazione non rimarrà nulla dell’Italia nazione industriale moderna. Entro un altro decennio, o giù di lì, intere regioni, come la Sardegna o Liguria, saranno così demograficamente compromesse che non potranno mai più recuperare. I fondatori dello Stato italiano 152 anni fa avevano combattuto, addirittura fino alla morte, per portare l’Italia a quella posizione centrale di potenza culturale ed economica all’interno del mondo occidentale, che il Paese aveva occupato solo nel tardo Medio Evo e nel Rinascimento. Quel progetto ora è fallito, insieme con l’idea di avere una qualche ambizione politica significativa e il messianico (inutile) intento universalista di salvare il mondo, anche a spese della propria comunità. A meno di un miracolo, possono volerci secoli per ricostruire l’Italia."

martedì 8 ottobre 2013

Tasse: il Principe Giovanni e lo Sceriffo di Nottingham

Non si parla d'altro. In Italia siamo sommersi dalle tasse: imposte dirette, imposte indirette, gabelle di ogni genere, tasse nascoste ed occulte.

Anche un bambino in età prescolare sa benissimo che se uno i soldi in tasca non ce li ha, difficilmente potrà spendere per comprare qualcosa. L'aumento dell'IVA è l'ennesima strategia del Principe Giovanni Senza Terra: strozzare i soliti per mandare avanti la corte...

Ed è proprio questo il problema nazionale. Abbiamo tanti debiti, bisogna fare sacrifici, Vabbè. C'è una spaventosa evasione fiscale e la criminalità organizzata che divorano tutto. Bisogna che qualcuno li cacci questi soldi. 

In tutto questo ci sono tante cose insopportabili. Più insopportabili del fatto stesso di pagare le tasse. Il problema è che poi l'umanità di sciacalli ed avvoltoi che occupa tutti i ruoli e ruolini dello Stato, dell'amministrazione pubblica, si impossessa di questi soldi e poi alla fin fine li "spreca". Li "spreca" solo in apparenza, perchè in realtà olia sè stessa. Gli scandali e le truffe che quotidianamente scandiscono la cronaca italiana stanno a lì a dimostrare proprio questo. E sono talmente tanti e noti a tutti questi benedetti scandali, che alla fine non ci fa più caso nessuno. Siamo abituati a farci fregare, anche perchè in Italia, tutti siamo allenati a fregare e ad essere fregati.

Insomma paghiamo un mare di tasse per non avere nulla in cambio. Se fossimo in Svezia, tanto per fare un esempio, pagheremo comunque molte tasse, ma almeno avremo dei servizi in cambio. Qui nulla. Gli ospedali sono allo sbando, le scuole sono pericolanti, le ferrovie inaffidabili: le nostre strade fanno pena, il territorio si sfalda sotto i nostri piedi, il degrado è ovunque. E allora: che fine fanno tutti questi soldi?

Servono per pagare l'enorme debito pubblico, mi si dirà. Ma poichè questo debito non si finisce mai di pagarlo, vuol dire che stiamo mettendo acqua in un secchio bucato. Effettivamente l'evasione fiscale è una tassa in più che si paga. La stessa corruzione deve essere considerata una tassa supplementare.

Qualsiasi opera pubblica in Italia costa molto, ma molto di più rispetto ad un qualsiasi altro Paese "decente" (altro che civiltà...). Questo perchè bisogna pagare tutti i gangli ed i tentacoli di questo enorme virus che è rappresentato dalla summenzionata umanità. Il problema non è la quantità della spesa pubblica, ma la sua effettiva qualità. L'Italia non spende più di altri Paesi, spende male, molto male. Ma su questo aspetto nessuno ha la minima intenzione di intervenire.

Ma di cosa ci lamentiamo poi? Li abbiamo votati noi questi signori e queste signore!

La dimensione dei problemi in ballo è tale che pensare di risolvere qualcosa con qualche tagliettino qui o là, con qualche tassa in più o in meno, significa essere sciocchi o in malafede. Servono azioni talmente complesse, profonde e sgradevoli che nessuno avrà mai l'intenzione di adottarle per paura di risultare impopolare. E allora temiamoci il principe Giovanni e la sua costosissima corte di vassalli ben sapendo che qui non c'è nessun Robin Hood ed  il Re Riccardo Cuor di Leone non arriverà mai dalla Terra Santa per salvarci dallo sceriffo di Nottingham.