I fatti di Torino in piazza S. Carlo dimostrano chiaramente come la paura, il terrore ed il panico facciano ormai parte del nostro DNA. E' stato sufficiente un botto per provocare più di 1500 feriti in una piazza piena di gente. Ormai non servono più bombe, cinture esplosive, coltelli, furgoni o camion: è sufficiente attivare il meccanismo del panico da paura di un possibile, teorico, ipotetico attentato che scatta la tragedia.
Viviamo in un'epoca di involuzione assoluta in cui prevalgono reazioni derivanti da traumi sociali: oltretutto reazioni pienamente comprensibili dato che siamo costantemente bombardati da messaggi che sistematicamente diffondono la paura nell'opinione pubblica. Oltretutto dopo ogni attentato sentiamo ripetere dai politici del momento le stesse identiche frasi: grandi dichiarazioni di sdegno, ma poi nulla accade. Ovviamente i privilegiati sono sempre al riparo da tutto dato che non frequentano le piazze, i centri commerciali, ecc... insomma tutti quei luoghi dove la gente comune si ritrova. Anche in questo c'è un'ineguale distribuzione della paura, del terrore, del panico.
E anche fra le vittime ci sono disparità di trattamento: i morti in occidente sono - più che giustamente - vittime innocenti (perchè questo effettivamente sono), mentre le centinaia di morti fra i fuggitivi nel Mediterraneo non hanno nomi, non sono niente, sono solo numeri e statistiche.
Tutta l'ansia provocata dalla diffusione della "cultura del terrore" si scarica solo ed esclusivamente sulla gente comune. E questo avviene a livello globale. Non ci sono più guerre convenzionali in atto (che venivano dichiarate e poi concluse con delle conferenze di pace), ma una guerra continua sbriciolata ovunque. Uno stillicidio continuo.
La guerra, il terrore, la morte, non sono più solo appannaggio dei soliti posti sfigati della Terra. Essa è ovunque anche potenzialmente presente nelle strade e nelle piazze delle nostre sonnacchiose città. E contro una guerra del genere si può fare veramente poco. Ormai poi siamo vittime psicologicamente traumatizzate della paura ancor prima che degli attentati veri e propri. E questo trauma sociale genera mostri anche a livello politico ed elettorale.
La religione non c'entra. Nemmeno quando si cerca di riportare il tutto a logiche medievali. Ed oggi si fa di tutto per tornare a logiche più adatte all'umanità dell'anno Mille che a quelle atttuali. Sono anni questi privi delle radici del passato ed incapaci di immaginare il futuro. Viviamo in un tempo monodimensionale.
Tutto questo alla fine è il risultato dell'ingiustizia che è diventata globale e che tocca tutti i livelli della vita umana. Il numero di coloro che beneficia dei vantaggi della ricchezza generata dalle economie si restringe sempre di più sia nei paesi cosiddetti ricchi che in quelli cosiddetti poveri: cresce il numero degli esclusi, cresce il numero dei senza futuro qui e ovunque.
Una più equa ripartizione della ricchezza e dei costi necessari a sostenere questa ricchezza è la precondizione pre restituire un futuro all'umanità cioè l'idea di partecipare ad un progetto di lungo periodo condiviso e comune a livello planetario. Invece continuiamo a sentire gente che vuole difendere ed aumentare i vantaggi di questi pochi e continuare ad escludere tutti gli altri dalla possibilità di una vita decente. E una vita decente passa anche dal rispetto della natura e dell'ambiente. Anche in questo campo c'è da costruire un progetto per il futuro.
Quanto potrà durare questo andazzo?