Ormai è impossibile stupirsi più di tanto. Abbiamo fatto della debacle il nostro stile di vita, la più autentica espressione del Made in Italy. Complimenti.
Io ovviamente non parlo da tifoso di calcio, perchè dei Mondiali del pallone non me ne importa assolutamente niente. Noto però che l'ingloriosa fine delle soubrette dell'Italia Pallonara altro non è che un sintomo, un riflesso, uno specchio della miseria di questa sfortunata terra.
Non parlo poi del problema della "sconfitta": si può essere sconfitti, non è un dramma. Anzi ci può essere dignità nella sconfitta. Il problema è un altro.
L'incapacità di avere idee, progetti, di saper valorizzare i talenti veri, la tendenza continua a frustrare ogni cambiamento, il considerare il cambiamento come una pericolosa fuga in avanti, appoggiarsi sempre al vecchiume perchè rassicurante e garanzia di stabilità, la mancanza di coraggio, di intraprendenza, di creatività, di dignità, di sincerità, lo sperare sempre nella furtuna o in qualche santo protettore, basarsi sempre sull'improvvisazione, sul pressappochismo, sugli "amichi", "io speriamo che me la cavo": quello che abbiamo visto ai mondiali del Brasile lo vediamo continuamente ogni giorno che usciamo di casa o quando accendiamo la TV e vediamo la nostra classe politica e dirigente in azione.
Devo dire che c'è un gusto masochistico di notevoli livelli in tutti noi: ma che gusto c'è ad essere sempre sbeffeggiati, denigrati, bollati come vigliacchi, ladri, zozzoni ed incapaci? Ma è possibile che non si inneschi mai la scintilla del senso della dignità, dell'onore, del rispetto personale per decidere di buttarsi questa mediocrità alle spalle e rifondare una società in modo decente?
Ovviamente io non sto parlando di calcio: parlo della quotidianità. Non siamo stufi di avere sempre a che fare con degli incapaci, inetti, corrotti e mascalzoni? Possibile che si debba sempre accettare senza battere ciglio la similitudine ormai consolidata fra "italiano" ed "incapace"? Possibile che ormai la parola Italia ci ispiri solo disgusto e vergogna?
Io francamente non ci sto: ma che fatica...