Cito il seguente aneddoto giusto per dare un segno dei tempi in cui viviamo.
L'altra sera mi trovavo a cena con degli amici: età media piuttosto altina, altrettanto per i redditi medi. Insomma si trattava di una tavolata fra persone tutto sommato benestanti (alcuni più di altri per la verità): le cosiddette persone "per bene".
Non so come è venuta fuori la questione, ma ad un certo punto si discuteva del panorama culturale contemporaneo. Personalmente affermavo che rispetto al Novecento, il nuovo secolo ancora non aveva prodotto qualcosa di realmente originale e caratteristico di questo nuovo secolo: in tutte le arti ancora si vive "di rendita" su quanto ha prodotto il novecento. Raccontavo inoltre che, quando vado in libreria, alla fin fine mi ritrovo a acquistare e poi leggere dei classici del passato: Joyce, Prust, i grandi scrittori russi e francesi, Kafka, Pessoa... Per non parlare poi degli scrittori italiani: in questo, affermavo, mi sembra che ci sia un certo deserto creativo.
Lo stesso mi sembra che accada per la musica o per le arti visive: anche il cinema mi sembra che soffra di una certa crisi di idee. Insomma affermavo che, da un punto di vista di creazione artistica, il XXI di fatto non sia ancora iniziato.
Ad un certo punto, visto l'imbarazzo generale dato che la maggior parte dei presenti sembrava non aver mai nemmeno sentito nominare alcuno degli scrittori o degli artisti che stavo citando, un mio amico è sbottato dicendo con un tono molto serioso:
" Io l'ultimo libro che ho letto, un bel po' di tempo fa, è stata la Settimana Enigmistica e solo per leggere le barzellette!"
In pratica sosteneva che arte, cultura, letteratura, opere d'arte ed architettoniche varie, sono solo cavolate inutili: comprare un libro è una perdita di tempo e di denaro. Andare in Toscana e magari visitare gli Uffizi è una cosa da deficienti. Lui e la compagna, diceva, vanno solo nelle Spa, nei ristoranti di lusso o a vedere negozi e centri commerciali. Andare a visitare i Musei Vaticani è una gigantesca perdita di tempo. Avere interessi che non riguardano le macchine, gli orologi, i cellulari, i tablet, i vestiti, i viaggi nelle mete più gettonate dai Vip è da scemi. Studiare poi, non ne parliamo. Tutte cavolate. Bisogna imparare a stare al mondo cercando di cavarsela fra furbizie, inganni e fregature: altro che Cicerone, i logaritmi, Kant e Manzoni. Bisogna imparare a conoscere le persone che contano, non il Latino o la letteratura inglese.
Il problema è che questa visione era ampiamente condivisa da quasi tutti i presenti. Nessuno legge un libro da anni, nessuno ha visitato una mostra o un museo dai tempi delle gite scolastiche. Tutti fanno i turisti, ma nessuno viaggia: nel senso che non si raggiunge una meta (anche) per visitare il patrimonio culturale locale, ma solo per magnare, farsi massaggiare, fare il bagno in piscina o al mare. Molti sono stati a Parigi solo per andare ad Eurodisney...
Il problema è che la cultura (come accrescimento personale) non può essere ostentata e comunque non può essere comprata perchè richiede un certo impegno personale: è più semplice comprare ed ostentare un grosso SUV. Ecco allora che la propria ignoranza, intesa come disprezzo per la conoscenza e la cultura, è un qualcosa che può essere ostentato: diventa motivo di vanto anche perchè il "sapere" in Italia non premia. Anzi: il contrario.
Orgogliosi quindi di essere ignoranti.