Gli Stati Uniti oggi festeggiano l'inizio di una nuova era con il nuovo Presidente Obama che, tra le altre cose, ha la caratteristica di essere particolarmente giovane.
Al contrario la gerontocrazia è una tipica caratteristica della società italiana a tutti i livelli ed in tutti i settori: politica, cultura, economia, università, ecc...
Purtoppo anche la nostra agricoltura non è da meno.
E' vero che l'assenza di giovani in agricoltura è un problema che interessa tutta l’Unione Europea: l’età media dei contadini nell’UE-15 si attesta sui 56 anni cioè in una età in cui negli altri settori di solito si va in pensione. E' invece del 6,4% la percentuale dei giovani con meno di 35 anni nell’UE-15; la percentuale migliora solo leggermente se si considera l’UE-25.
In questo scenario l’Italia si trova in una condizione difficile: in genere meno del 4% dei conduttori agricoli ha meno di 35 anni. L’invecchiamento della nostra agricoltura è evidenziato dalla crescita dell’età fra tra i due ultimi censimenti (da 57,9 a 59,0 anni) e l’età degli agricoltori è così alta che (a meno che non si salti una generazione) anche i loro successori sono già troppo vecchi.
Le cause di questa situazione sono molteplici e non da ultimo deve essere messa sul piatto della bilancia anche l’eccessiva frammentazione delle nostre imprese. Certo è che la nostra agricoltura è decisamente vecchia e il ricambio generazionale appare come un’urgente priorità: servono pertanto risorse per facilitare la crescita dimensionale e qualitativa delle “vere” imprese condotte da giovani e per stimolare il ricambio generazionale nelle imprese già dimensionate con l’ingresso nel settore di nuovi imprenditori con adeguate competenze professionali. Nello stesso tempo bisogna avere il coraggio di abolire o perlomeno limitare i troppi privilegi fiscali e contributivi di quelle aziende agricole “finte” che fungono come vere e proprie barriere d’ingresso: l’alternativa potrebbe essere l’estinzione della nostra agricoltura per morte naturale.
Vi sono poi le difficili relazioni fra agricoltura e burocrazia che portano via tempo e denaro e contribuiscono a generare un senso di sfiducia verso le istituzioni. Chi intende diventare un imprenditore agricolo, soprattutto se giovane, incontra infatti un mare di difficoltà. Sono proprio i giovani le vittime preferite della burocrazia che impone loro una vera e propria odissea: c’è chi parla di quasi 23 kg di carta composta da domande, moduli, attestati, ricevute, autorizzazioni, certificati, ecc… da sommare alle file interminabili, alle spole da uno sportello all’altro, alle richieste di chiarimenti, ai corsi di formazione (spesso utili solo a chi organizza i corsi), alle costose perizie dei tecnici, alle giornate passate in banca, dal notaio o all’ufficio postale. Se un giovane riesce a resistere a questo muro di adempimenti, deve poi fare i conti con i problemi della gestione dell’impresa anche questa fatta di timbri, perizie, documenti, bollettini, moduli ecc… Per non parlare di chi ha scelto di optare per l’agricoltura o la zootecnia biologica dove fra controlli, verifiche e autorizzazioni la faccenda si complica in modo esponenziale.
Le implicazioni della carenza di giovani in agricoltura possono essere molteplici. Innanzitutto i giovani sono più sensibili all'innovazione tecnologica (difficile parlare di innovazione ad un contadino di 80 anni...) ed inoltre se manca un ricambio generazionale sarà inevitabile l'attivazione di un processo di progressivo abbandono delle terre con pesanti implicazioni sociali, economiche ed ambientali per tante aree rurali del nostro Paese.
Esiste un Osservatorio per l'Imprenditoria Giovanile in Agricoltura (OIGA) dove è possibile reperire importanti informazioni utili e notizie su bandi e contributi. Consultare questo link.
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