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martedì 9 ottobre 2018

Teoria e prassi del degrado

Tempo fa avevo intrapreso una piccola ricerca per articolare le dinamiche alla base dell'inefficienza strutturale del sistema Italia a tutti i livelli proponendo la descrizione di un fenomeno che avevo definito "squallorismo". Con questo termine intendevo sottolineare come lo squallore possa diventare effettivamente un fattore strutturale capace di insinuarsi in ogni aspetto della vita economica, politica, sociale e culturale di questo sfortunato Paese fino a divenire una forma di governo.

Oggi mi sento di riproporre questo concetto anche a causa della sua triste attualità: ogni giorno mi trovo ad avere a che fare con un'umanità che sostanzialmente ha fatto dello squallore un vero e proprio stile di vita. E questo stile di vita tale umanità ha la capacità perversa di evidenziarlo e mostrarlo senza vergogna ogni momento della sua esistenza. La cosa forse più drammatica è che tale filosofia di vita, che va ben oltre la semplice ignoranza, si è insinuata nella politica e nella gestione della cosa pubblica ad ogni livello e grado. Da una parte insomma c'è chi cerca di cavalcare lo squallorismo per meri fini politici e di potere, dall'altro questa stessa umanità squallida finisce con l'insinuarsi in tutti i gangli della vita pubblica. Il conseguente degrado è quindi un processo circolare che si autoalimenta giorno dopo giorno.

Il degrado in cui viviamo è quindi un processo dinamico. Pensare quindi di rispondere con un briciolo di cultura (che oggi è diventata simbolo di snobbismo elitario e in quanto tale detestata dai più), con l'indignazione (che è del tutto inefficace) o con proclami e sottoscrizioni è del tutto vano fintanto che non si interviene su quei tre fattori principali che alimentano costantemente questo meccanismo avendo il coraggio di opporsi a tutte quelle forze (politiche e non) che non fanno altro che stimolare la vigliaccheria, la paura e il conseguimento del solo interesse personale.


martedì 25 settembre 2018

Le catastrofi silenziose

Ci sono alcuni eventi della storia che accadono all'improvviso, anche se magari preceduti da una serie di situazioni di crisi più o meno latente: sono eventi che di solito implicano forti choc nell'opinione pubblica che, proprio per questa condizione di crisi improvvisa, solitamente tende a reagire, a manifestare e a opporsi dove necessario. E' il caso ad esempio delle grandi crisi e rivoluzioni del '900 o lo stesso 68. Ci sono segnali nell'aria di qualcosa che sta per esplodere: e infatti prima o poi la situazione esplode.

Ci sono poi delle catastrofi che si sviluppano piano, con una lentezza quasi impercettibile: la loro lentezza nel progredire fa sì che non si riesca nemmeno a percepire ciò che sta accadendo o la china che si è imboccata. Questo lento logorìo fa sì che nonostante ci siano i germi di una catastrofe incipiente e fondamentalmente evidente, tutto appare ancora come normale a causa di una forma di assuefazione ed anestesia sociale. Queste sono le catastrofi più pericolose.

E' quello che sta accadendo in questi ultimi decenni. L'intera umanità ha imboccato una strada senza uscita verso un baratro immane sotto il profilo ambientale, energetico, sociale, politico, economico e finanziario, ma tutto questo avviene, nonostante le notizie che quotidianamente ci arrivano sul cambiamento climatico, sulle migrazioni dovute alla miseria, all'esaurimento progressivo delle fonti energetiche convenzionali, all'erosione dell'etica pubblica e delle istituzioni, in un modo lentissimo e appena percettibile ai più. 

L'assuefazione rende questi segnali di catastrofe silenti e l'opinione pubblica incorpora questi segnali di catastrofe nella propria quotidianità senza opporvisi in alcun modo fondamentalmente perchè non li percepisce come tali.  Nessuno si indigna, nessuno si oppone, nessuno scende in piazza perchè non se ne vede il motivo reale. Anzi si attribuisce più potere proprio a coloro che intendono spingere sull'accelleratore verso il baratro perchè appiaono come i garanti dello status quo. L'opinione pubblica non vuole cambiare e i tanti negazionisti ambientali e i demolitori delle istituzioni democratiche fanno leva proprio su questa condizione di anestesia collettiva per accusare gli avversari per l'appunto di "catastrofismo". Quindi, a parte qualche gesto sporadico, isolato ed insignificante, continuiamo a fare come abbiamo sempre fatto.

Qualcuno è anche arrivato ad auspicare che questi segni silenziosi e latenti di catastrofe possano finalmente diventare espliciti in modo tale da scuotere l'opinione pubblica: una serie di catastrofi "emancipanti". Francamente preferirei non arrivare a tanto anche perchè almeno personalmente che stiamo correndo all'impazzata su un treno senza guidatore lungo un binario morto mi sembra già piuttosto evidente. 
 

martedì 29 maggio 2018

Guardiamoci allo specchio

C'è una discreta confusione nell'aria in questi giorni, ma ci sono alcune cose che mi lasciano sempre molto perplesso. E non parlo di congiure internazionali, speculazioni di questo o di quello, inghippi e sotterfugi.

Se ci troviamo nelle condizioni generali in cui ci troviamo non è colpa della Germania, dell'Unione Europea o di Andorra. Sicuramente l'Unione Europea oggi appare come un progetto deludente sotto molteplici punti di vista.  Sicuramente le banche e la finanza, grazie anche alla connivenza di politici indecenti, hanno fatto di tutto (e continuano a fare di tutto) per aumentare le disuguaglianze e distruggere la dignità del lavoro (e migliaia di posti di lavoro).

Ma prima di tutto dobbiamo pensare alle nostre responsabilità.

Politici irresponsabili e incompetenti per decenni non sono stati in grado di rappresentare dignitosamente gli interessi dei cittadini e delle cittadine italiane nelle sedi europee, sotto tutti i punti di vista: basti pensare alla ricerca scientifica o all'agricoltura. Non abbiamo mai saputo utilizzare le risorse europee in modo adeguato e corretto, sprecando, rubando, sotto utilizzando o non utilizzando per niente fiumi di risorse. La politica nostrana ha sempre guardato all'Europa come un parcheggio politico di serie B di lusso preferendo sempre le beghe della politica nazionale. Nel frattempo gli altri Paesi europei hanno dimostrato più intelligenza e più lungimiranza.

Scaricare sull'UE e sull'Euro le nostre incapacità (dolose, colpose e criminali) mi sembra un escamotage per distrarre l'opinione pubblica dalle urgenti priorità che strangolano questo sventurato Paese e i suoi (spesso ipocriti) abitanti.  

Mentre non si fa altro che parlare della reazione dei mercati o delle borse, le vere e determinanti priorità rimangono la lotta alla corruzione pervasiva, all'evasione fiscale sistematica e alla criminalità organizzata. In realtà sono tre facce dello stesso problema: la distorsione morale, politica e sociale come forma di governo. Se queste tre emergenze non vengono affrontate e risolte definitivamente, possiamo tornare alla lira, al sesterzio, al baiocco ma continueremo a rubarci i soldi l'uno con l'altro,a evadere il fisco, a corrompere per una licenza o un appalto, a raccomandare somari e a truccare concorsi o a tenere sotto scacco con la paura ed il ricatto intere regioni italiane. E tutto questo avviene anche in questo preciso momento in cui scrivo. Tutti i giorni dobbiamo assistere e subire situazioni di questo genere: roba che in un qualsiasi Paese civile europeo sono considerate al limite della follia... E invece da noi sono la regola: nessuno ci fa più caso e di questo non si parla più.


Facciamoci allora tutti un piccolo esame di coscienza prima di accusare gli altri delle nostre colpe. E facciamoci una semplice domanda: cosa ho fatto e cosa faccio io (non Bruxelles, non Ulan-Bator) per alimentare questo stato di cose? Qual'è la mia personale responsabilità per lo schifo quotidiano che mi circonda?


Se non siamo capaci di governarci e di garantire a noi stessi una convivenza civile dignitosa in questo Paese, se l'Italia appare come una terra devastata sotto tutti i punti di vista, se l'Italia  non esiste più sulla cartina geografica europea e mondiale, non cerchiamo i colpevoli chissà dove: guardiamoci semplicemente allo specchio.

giovedì 3 maggio 2018

Loro

Parecchi anni fa, come tanti altri miei coetanei, mi recai a fare la visita militare (i "diversamente giovani" sicuramente capiranno di cosa parlo). Poichè avevo già allora seri problemi alla vista, dopo il primo giorno venni immediatamente dirottato dalla caserma all'ospedale militare per sostenere un visita oculistica specialistica.

Venni fatto accomodare in una grande sala d'attesa da solo: ad aspettare ore ed ore senza fare nulla e senza che accadesse nulla. Da solo. Insomma per circa una settimana sono rimasto ad aspettare in quella sala dalle 7 del mattino fino alle 18.00. Ad aspettare. Su una panca in uno stanzone vuoto. Verso l'ora di pranzo una suora mi portava qualcosa da mangiare: tuttavia non mi potevo mai allontanare perchè potevo essere chiamato dall'ufficiale per la visita oculistica in qualsiasi momento. Una settimana di attesa per quasi dodici ore al giorno. Alla fine, quasi all'improvviso e praticamente dopo quasi una settimana di attesa, venni chiamato da un militare che mi fece entrare in una stanza semi buia dove per l'appunto non si vedeva niente. Dal fondo di questa stanza nella penombra una voce mi chiese: "che lettera è quella?". Io risposi: "dove?". La voce dalla penombra del fondo della stanza disse con voce perentoria: "Ok. Non vede. Può Andare." Il tutto si è svolto in meno di un minuto.

Il militare che mi aveva accompagnato mi prese per un braccio e senza tanti complimenti mi portò fuori. Mi indicò un ufficio tal dei tali dove avrei ritirato dei fogli da far firmare, da far timbrare, da vidimare, ecc... ecc...

All'epoca ero un diciasssettenne neanche molto sveglio, ma mentre me ne tornavo alla pensione dove alloggiavo dopo questa brillante esperienza venni come folgorato da una specie di illuminazione. Insomma mi feci un'idea ben precisa su alcuni principi fondamentali che da allora hanno forgiato il mio rapporto con l'autorità ed il potere. 

1) L'autorità cercherà in tutti i modi di imporre le sue regole anche se assurde, irrazionali, inefficienti. Cercherà sempre di farti giocare con le sue regole che alla fine non sono regole, ma "parodia di regole" che il più delle volte non servono a niente. L'autorità non cercherà mai di venirti incontro ma, anche metaforicamente, ti farà aspettare in una sala d'attesa vuota, per una settimana per fare un qualcosa che poi necessita di un minuto di tempo. Lo scopo di tutto questo è o farti impazzire o, mettendo a dura prova la tua capacità di sopportazione, farti sviluppare una specie di sistema immunitario per cui in futuro sarai in grado di sopportare di tutto: ritardi, inefficenze, soprusi, sopraffazioni di ogni tipo. Alla fine della fiera, la paranoia ti sembrerà normale perchè impregna la quotidianità: e anche tu diventerai parte della paranoia generale. Insomma si sviluppa un'assuefazione all'assurdo, all'illogico come all'illecito e all'indegno.

2) Autorità è spesso sinonimo di "farsa", finzione. Ma attenzione: non c'è niente da ridere: non è una comica, non fa ridere. Al contrario essa è drammatica, tragica e patetica. Gradi, lustrini, cravatte, titoli altisonanti, ecc... in realtà sono un'illusione che cela il vuoto più assoluto, è una rappresentazione da "commedia dell'arte" che fa leva, grazie al potere dell'assuefazione di cui sopra,  solo sull'asimmetria del rapporto fra noi e "loro"... E alla fine tutto quello che loro faranno, anche se indegno, illecito, irrazionale, assurdo, scandaloso, ecc... non ci sembrerà poi così strano: anzi. Ci sembrerà normale.

martedì 10 aprile 2018

Sapere e Potere

 
Sapere e Potere sono due dimensioni (dello spirito e non solo) da sempre in conflitto fra loro. Chi detiene il potere ha sempre cercato di accentrare su di sè il sapere e comunque lo ha sempre temuto. "Coloro che sanno" o gli intellettuali, hanno sempre guardato con una certa aria snob il potere considerato come una cosa "materiale", sporca", contaminante la purezza del sapere e della conoscenza. Fin dai tempi più antichi (a Oriente come a Occidente) il sistema politico ideale era considerato quello che coniugava in modo armonico le due sfere: un sistema insomma in cui Potere e Sapere potessero convivere. 

Quello che noto oggi è che il Potere non sembra più interessato al Sapere. Il Potere considera il Sapere come un elemento irrilevante. Direi anche che per arrivare al potere e poi successivamente controllarlo, il Sapere è un ostacolo, è un problema. Il Sapere deve essere disprezzato, perchè è un fardello ingombrante, inutile, noioso, superfluo.

Il Sapere di conseguenza si è completamente ritirato dalla realtà: è come se abbia acquistato la piena consapevolezza della sua superfluità e inutilità. Di fronte ad una guerra persa in partenza, per sproporzione di mezzi e asimmetria operativa, il Sapere è diventato un elemento che accomuna pochi individui isolati come gli ultimi Jedi. 

L'atrofizzazione del Sapere e la convizione da parte di chi gestisce il potere della sua inutilità si materializza oggi nella Società del Fallimento Glabale. Dopo la Società del Rischio teorizzata da Beck anni orsono, siamo entrati a piedi uniti nella società del fallimento; un fallimento, che grazie alla globalizzazione, è per l'appunto globale. 

Senza il Sapere l'ignoranza dilaga ovunque come un valore condiviso, alimentando, schizofrenie sociali, paranoie, vicoli ciechi, fondamentalismi di ogni genere, incapacità a risolvere qualsiasi tipo di problema: e questo per il semplice motivo perchè "non sappiamo".

Il Potere senza Sapere (che anzi disprezza il Sapere) è incapace di affrontare i problemi globali che abbiamo di fronte e che spesso scambia come meri problemi locali o nazionali. La migrazione di grande masse di individui, il cambiamento climatico, la finanza senza controllo,  il problema dell'ingiustizia, la distruzione del lavoro come valore, ecc... sono tutti problemi globali le cui modalità di approccio (meno che mai le soluzioni) senza il Sapere sono destinate al fallimento.

Ovunque oggi volgo lo sguardo, vedo inequivocabili tracce del fallimento.


mercoledì 17 gennaio 2018

Siamo veramente così deficienti?

Un arcinoto adagio recita che ogni popolo ha il governo che si merita ovvero ha i politici che si merita. In questi giorni di sconfortante confronto (che qualcuno ha ancora il coraggio di definire "politico", ma che in realtà non ha alcun contenuto politico reale), un'umanità a dir poco agghiacciante sta facendo veramente di tutto per mostrare il peggio di sè. 

Quello che si riesce faticosamente a distinguere tra banalità varie, chiacchiere inconcludenti e generiche, promesse da fenomeni da baraccone, gaffe demenziali, sparate da ubriaconi, e via dicendo è alla fine la sconvolgente modestia di questa umanità scarafaggesca, il triste spettacolo di persone di bassissimo profilo umano dalle evidenti limitate capacità mentali, umane e talvolta anche morali. In alcuni casi sembra di stare ad ascoltare dei deficienti: nel senso letterale del termine, delle persone cui manca qualcosa per essere definite "Normali". Queste persone sembrano avere veramente qualcosa che non va anche in senso clinico. E questi dovrebbero gestire la cosa pubblica?!?!

La cosa più grave è che questi "deficienti al potere" (ripeto: nel senso patologico e letterale del termine) si rivolgono a noi (i senza-potere) come se fossimo degli altrettanti deficienti: quasi dei sub-normali incapaci di intendere e di volere, dei bambini stupidi, degli ingenui primitivi che possono essere ingannati con specchietti e vetrini colorati.

Ma è veramente così? Possibile che siamo tutti così deficienti da esprimere una classe politica e dirigente composta da altrettanti deficienti che si rivolge a noi in questo modo proprio come se fossimo dei poveri scemi e deficienti? Meritiamo proprio di essere quotidianamente trattati così?

Poichè tutto sommato siamo in democrazia, la riposta potrebbe essere ahimè positiva: sì, avviene questo perchè scegliamo noi chi ci debba rappresentare, tolleriamo noi la selezione avversa della classe dirigente e delle imprese colluse con la politica e la criminalità, la regola dei peggiori sempre al posto sbagliato, la frustrazione dei talenti e della creatività e delle realtà imprenditoriali migliori, i privilegi intollerabili, le ingiustizie e i soprusi continui, ecc... Se buttiamo la monnezza fuori dal finestrino della nostra auto poi non ci possiamo lamentare che ci sono i rifiuti in giro. Se piscio nella minestra poi non mi posso lamentare che abbia un sapore strano. 

Se pensi quindi che un deficiente possa essere abilitato ad agire,  parlare e (peggio del peggio) a decidere a tuo nome vuol dire che allora un po' deficiente sei anche tu.

Siamo complici di questo meccanismo perverso che non cade dal cielo. Non stiamo parlando di una catastrofe naturale: se in Italia si vive così male, considerato che si potrebbe vivere tutti molto meglio di così, è solo colpa delle nostre scelte, è solo responsabilità della nostra ottusità, inerzia e miopia. 


lunedì 13 novembre 2017

Futuro possibile, futuro probabile...

Abbiamo intorno a noi molti segnali che ci dovrebbero far riflettere su quello che ci aspetta nell'immediato futuro. 

Quello che accade nelle periferie dimenticate delle grandi città italiane, di cui non si parla mai perchè stonano con il racconto-fandonia che ci viene propinato quotidianamente, altro non è che uno sguardo su un futuro potenziale, un futuro possibile cui il nostro Paese sta andando incontro in modo pressoché inesorabile. 

Solitamente basta già dare uno sguardo al paesaggio per capire che all'orrore estetico di questi spazi non può che corrispondere un parallelo orrore umano. L'aver delegato all'avidità di pochi  criminali la gestione del territorio e del paesaggio è stato, ed è ancora, un atto criminale (anche da parte nostra che abbiamo votato questi individui) le cui implicazioni riverberano molto più in là dell'impatto visivo-ambientale di qualche palazzone o raffiche di palazzine abusive. La mancanza di pianificazione del territorio, che diventa poi il presupposto per le catastrofi ambientali che a cadenza regolare affliggono tutte le zone d'Italia, viene vista dalla gente come un regalo, come un bel favore che la politica ci fa sull'onda del principio: noi vi lasciamo fare quello che volete, ma voi lasciateci fare quello che vogliamo. Questo patto scellerato fra governati e governanti è alla base della distorsione mentale di gran parte di uomini e donne di questo allucinante Paese, senza capire che non ci viene fatto un regalo, ma un danno, un bidone di dimensioni colossali. Perchè le conseguenza negative di questo patto scellerato le paghiamo solo noi: i senza potere. Senza potere oltretutto molto stupidi perchè convinti di essere furbi e di aver fregato, con l'abusivismo e l'evasione, lo Stato. Ma è lo Stato che ti ha fregato, stai tranquillo. 

Questi stessi criteri si trasferiscono poi alla più ampia dimensione istituzionale: la gestione amministrativa del territorio è affidata a chi ha la forza "fisica" di impossessarsene e con la stessa forza fisica vengono gestiti diritti e doveri delle persone.  

Quando si è tutto sommato in pochi a barare, le cose in qualche modo possono anche andare perchè la maggior parte dei giocatori continua a giocare seguendo le regole e la baracca bene o male cammina. Ma quando tutti (o quasi tutti) cominciano a fregare, beh allora le cose diventano problematiche. In Italia siamo riusciti a tirare avanti non grazie ai partiti o alle istituzioni ma perchè c'è ancora qualcuno - persone reali con nome e cognome - che gioca secondo le regole: ma porzioni sempre più ampie di giocatori si stanno convincendo che le regole non pagano e che conviene fregare. Basta dare una rapida occhiata a social per rendersene conto: nella società globale tutto, nel bene come nel male si propaga rapidissimamente, soprattutto la stupidità. 

La paraculaggine (e l'Italia è una Repubblica fondata sulla paraculaggine) è sempre un'opzione pericolosa perchè prima o poi qualcosa si inceppa e quando te ne accorgi e troppo tardi. Ma questo i politici non lo hanno ancora capito: c'è gente che non gioca con le tue regole e i bari stanno avanzando. 

L'errore più grande che si possa fare è poi credere che in questi spazi dove vige il degrado fisico e morale lo Stato si sia sostanzialmente ritirato e sostituito da forze alternative di potere (violenti, criminalità organizzata, i "cattivi" in generale). In realtà non è così perchè quello che vediamo accadere in queste aree, che oggi molti benpensanti ritengono marginali  o casi isolati, è il risultato dell'azione dell'applicazione di un'idea di un possibile Stato che verrà, lo Stato Italiano di un futuro possibile. Si tratta di spazi dove si esercita della politica e sociologia sperimentale e dove si testano nuovi modelli di "contratto sociale". Una microscopica percentuale della società italiana gode di redditi e privilegi da capogiro mentre un numero sempre maggiore di persone, cui si aggiungono i disperati che vengono dal mare, sono progressivamente deprivati di tutto, in primo luogo della cultura perchè genera auto coscienza critica: vediamo allora che succede... 

Tutte le ingiustizie sociali e l'ineguaglianze che oggi dobbiamo sopportare, tutte le connivenze fra autorità e poteri criminali, la corruzione sistematica, la burocratizzazione isterica, l'azione di un'imprenditoria di rapina, la complicità e la sudditanza di ampi strati della popolazione, il disprezzo per ogni codice etico e per il "sapere" in ogni sua declinazione condurranno inevitabilmente a questi scenari di degrado su larga sempre maggiore.

Se il nostro debito pubblico è ormai un indicatore di quanto sprechiamo per oliare la macchina della corruzione generale, se la scuola e la ricerca vengono umiliate costantemente, se la sanità e tutti i servizi pubblici sono abbandonati al loro destino, in uno spazio di tempo tutto sommato breve ci ritroveremo a combattere nelle strade solamente per poter rientrare a casa. 

Vivere in Italia in questi anni è diventata un'attività defatigante e snervante; eppure se ne potrebbe uscire...

mercoledì 20 settembre 2017

Fake Words

Ogni tanto vengo preso da un qualche raptus masochista e mi metto ad ascoltare le dichiarazioni di qualche pseudo-politico nostrano. Sia che si tratti di parlamentari o di ministri, che dovrebbero avere una impostazione più tecnica e specifica in base al ministero di loro competenza, le loro parole suscitano in me sempre la medesima sensazione di pressappochismo, vuotezza, generalità e soprattutto banalità infinita. Si tratta sempre di chiacchiere così insulse (anche magari quando si parla di delicate questioni economiche) e generiche che magari potrei dire io se fossi intervistato a bruciapelo da un giornalista su argomenti come immigrazione, lavoro, scuola, sanità. Di queste faccende so quel poco che una persona qualunque (come il sottoscritto) può sapere e di certo mi rifugerei nel corner del vago più vago che più vago non si può per celare la mia ignoranza o limitata conoscenza. 

Invece lo stesso blabla generico è sempre presente nella bocca del politico che al momento inquina la mia televisione o disturba la mia radio: la cosa fa molto pensare.

In effetti se io faccio un gigantesco giro di parole per aggirare la mia incapacità a fornire una risposta ad una qualsivoglia domanda, ebbene tutto ciò ho un effetto piuttosto limitato provocando danni alla mia sola immagine (faccio la figura da ignorante) non causando conseguenza alcuna data l'insignificanza della mia persona.

Ma quando la vaghezza, la genericità e la banalità sono appannaggio delle dichiarazioni di uomini politici (e pertanto pubblici e quindi rappresentanti di una qualche istituzione) il danno può essere notevole anche perchè con le chiacchiere non si risolvono le questioni che si dovrebbero invece urgentemente risolvere.

Quando si sentono parole del tipo (invento ovviamente...)

"E' indispnsabile individuare tutte quelle misure necessarie a far sì che l'emergenza dell'immigrazione (ma può essere anche disoccupazione, terremoto, alluvione, violenza sulle donne ecc...) possa essere affrontata su una base politicamente condivisa da tutte  quelle forze poltiche che si riconoscono nei valori fondanti la nostra Repubblica ed espresse dalla Costituzione che i Padri fondatori vollero come fondamenta della convivenza civile e democratica di questo Paese. Solo attraverso una condivisione aperta e la più ampia possibile di questi valori, sarà allora possibile costruire quelle riforme oggi indispensabili per rendere l'Italia un Paese moderno in cui tutte le espressioni della società, tra le quali quelle più deboli e quindi esposte maggiormente alle pressioni del cambiamento sociale che la globalizzazione ha da tempo imposto ai mercati, posano trovare una loro... ..."

"Le turbolenze dei mercati e le relative conseguenze sui settori finanziari e bancari, necessitano di provvedimenti idonei ed adeguati alla problematicità della condizione che le nuove prospettive delineatesi con i recenti incontri, tali da garantire quella stabilità e solidità agli agenti del settore che attualmente si trovano a fronteggiare condizioni di crisi che difficilmente potevano essere previste con gli strumenti che il legislatore ha inteso predisporre..."

"La soluzione della disoccupazione, in particolare quella giovanile, richiede un impegno forte di tutte le compontenti del mondo produttivo, imprenditoriale e politico per far sì che si possano creare quelle condizioni tali da determinare una crescita e quindi un rilancio dei settori in cui il Made in Italy trova le sue principali espressioni con evidenti positive ricadute in termini occupazionali e salariali..."

Cosa significa tutto questo? Nulla. Se io faccio un discorso del genere vengo preso quanto meno per scemo, ma se è il rappresentante di una carica importante dello Stato fa tutto un altro effetto e nessuno trova nulla da obiettare. Anzi.

Il problema non è solo quello della perdita di significato. Quando non si sa cosa dire perchè non si ha nulla da dire (o non si è in grado di dire nulla) è evidente che l'idea stessa di "significato" svanisce. Non c'è politica, non ci sono politiche, non ci sono significati, valori, idee da trasmettere. 

Il problema più grande, secondo me, è che parole che dovrebbero esprimere concetti cruciali come democrazia, partecipazione, uguaglianza, lavoro, dignità, integrazione, accoglienza, occupazione-disoccupazione, diritti-doveri, scuola, formazione, fascismo-antifascismo, comunismo, socialismo e via discorrendo sono diventate solo un mezzo per mettere in piedi delle sagome di polistirolo, dietro cui provvisoriamente nascondersi, per coloro che ci hanno costruito, e ci stanno costruendo, la professione fantasma del politico, la loro carriera politica. Stop

Tutte queste parole, che hanno un loro peso, valore e contenuto, vengono sistematicamente svuotatate e snaturate da un uso spregiudicato ed ignorante tale da renderle inservibili. Quando costoro parlano di questi concetti utilizzando a sproposito queste parole in modo viscido, fluido e torbido riescono anche a far perdere il senso vero di queste stesse parole perchè vengono da loro impegate solamente in modo strumentale ai loro scopi.

Insomma oltre le fake news si celano le fake words...

lunedì 11 settembre 2017

La terra di Arlecchino

Dopo un terremoto di modesta intensità che ha fatto crollare le case, adesso la pioggia provoca danni e morti. E' vero è piuvuto parecchio, ma non stiamo parlando di un uragano tropicale. La cosa più allucinante è che questa pioggia è arrivata dopo mesi di siccità: si sarebbe potuto approfittare della secca generale di fiumi e torrenti per ripulire alvei, aggiustare i margini, sistemare scarichi. Invece non si è fatto niente: come al solito. A Roma poi, anche qui dopo mesi di secca assoluta, è bastata la pioggia per allagare strade e piazze.

Non c'è niente da fare. L'impreparazione, il pressapochismo e la stupidità sono una vera e propria forma di governo in Italia. Come sempre però ci vanno di mezzo le persone. Non è mai colpa di nessuno, ci sono troppe e confuse regole, la politica latita, la burocrazia soffoca tutto; una mano lava l'altra e alla fine ciascuno si arrangia come può e come crede.

In Italia a quanto pare riusciamo a farci del male da soli senza bisogno dell'intervento di terroristi...

lunedì 24 luglio 2017

Abbandono

Il vecchio adagio secondo cui "ognuno ha i politici che si merita" per me rimane sempre molto valido. 

Il nostro Paese è in uno stato di tale abbandono che è difficile descriverlo a parole visto che questo stato di abbandono ormai ha contagiato tutti gli aspetti della vita pubblica e privata. La situazione in cui vera la città di roma del resto è l'esempio macroscopico di questa condizione nazionale.
L'elenco per dimostrare i livelli e le circostanze in cui questo abbandono si manifesta sarebbe fin troppo lungo. E sarebbe del resto da vigliacchi accusare gli altri, sotto forma o di clima o di migranti, delle nostre sventure. La colpa è solo nostra. Punto e basta.

In Italia, Paese in cui il fattore estetico ha un ruolo di non secondaria importanza, l'abbandono si materializza sotto forma di bruttezza. La bruttezza dei nostri territori e delle nostre città è la manifestazione più plastica dell'abbandono in cui versano per fare fronte al quale ognuno si arrangia come può, dagli speculatori alla gente comune. Ciascuno fa come gli pare per profitto, sciacallaggio o mera sopravvivenza. E quando intere aree del Paese sono in stato di abbandono vuol dire che possono diventare facile preda del primo che passa anche perchè nessuno sente questi spazi come propri, come bene comune. Sono posti anonimi (città, quartieri, campagne, colline, paesi, boschi, ecc...) dove spadroneggia la filosofia del "chissenefrega". La monnezza abbandonata ovunque (di nuovo la dinamica dell'abbandono) non cade dal cielo: ce la butta qualcuno. I roghi appiccati ai boschi non si innescano da soli: li accende qualcuno. Questi "qualcuno" si infilano nelle pieghe dell'abbandono e nell'abbandono prolificano come batteri appestando tutto. Il problema è che ciascuno di noi contribuisce all'abbandono sia direttamente che indirettamente anche tramite il più o meno diretto appoggio a quelle forze politiche, a quei politici e a quegli amministratori che vivono grazie all'abbandono e alla resa di tutti noi e che fanno di tutto per alimentare questo stato di cose. 

I continui femminicidi, il degrado della scuola, della ricerca scientifica, della sanità pubblica sono altri sintomi palesi di abbandono. La devastazione del patrimonio culturale e ambientale italiano è frutto dell'abbandono.

La carenza di acqua (causata dalla siccità ma peggiorata da reti idriche fatiscenti e sprecone) è un'emergenza per chi non si prepara mai prima, per chi vive di pressappochismo, insomma per chi "tira a campare" ovvero sopravvive nell'abbandono. Ci accorgiamo che viviamo in un Paese in stato di abbandono quando il clima ci sbatte in faccia la nostra dabbenaggine o quando milioni di disperati bussano alle porte di casa nostra e noi non sappiamo cosa fare. E' facile farcire i discorsi pubblici con i vari "sarebbe indispensabile", "è necessario", "appare opportuno", "è auspicabile" al sicuro dentro i palazzi del potere perchè tanto a fare fronte a questi disastri sociali, ambientali, economici è sempre la gente comune (in prima fila le forze dell'ordine o la protezione civile) che, dentro le proprie trincee, deve inventarsi qualcosa per sopravvivere in uno stato di abbandono. La politica scarica sulla gente il peso e la responsabilità della propria incapacità e della propria irresponsabilità: siamo stati abbandonati.

L'impossibilità di ragionare in termini sostenibili, l'incapacità di pensare ed applicare sistemi di mobilità alternativi, di risparmio energetico con il ricorso massiccio alle rinnovabili, ecc...  -  tutti concetti ormai elementari di una società decente . non fanno minimamente parte dell'abbecedario della nostra politica. Da questi signori questi concetti sono considerati come "cazzate" anche quando magari fanno dei bei discorsi impegnati: tutte chiacchiere e camiciole. Meno che mai la giustizia sociale, la ridistribuzione della ricchezza, la lotta alla criminalità organizzata, alla corruzione e all'evasione fiscale appaiono come priorità reali per questa gente. I politici italiani hanno la testa occupata altrove: e noi continuiamo a non fare niente...

lunedì 5 giugno 2017

Vivere senza futuro e con la paura globale

I fatti di Torino in piazza S. Carlo dimostrano chiaramente come la paura, il terrore ed il panico facciano ormai parte del nostro DNA. E' stato sufficiente un botto per provocare più di 1500 feriti in una piazza piena di gente. Ormai non servono più bombe, cinture esplosive, coltelli, furgoni o camion: è sufficiente attivare il meccanismo del panico da paura di un possibile, teorico, ipotetico attentato che scatta la tragedia.

Viviamo in un'epoca di involuzione assoluta in cui prevalgono reazioni derivanti da traumi sociali: oltretutto reazioni pienamente comprensibili dato che siamo costantemente bombardati da messaggi che sistematicamente diffondono la paura nell'opinione pubblica. Oltretutto dopo ogni attentato sentiamo ripetere dai politici del momento le stesse identiche frasi: grandi dichiarazioni di sdegno, ma poi nulla accade. Ovviamente i privilegiati sono sempre al riparo da tutto dato che non frequentano le piazze, i centri commerciali, ecc... insomma tutti quei luoghi dove la gente comune si ritrova. Anche in questo c'è un'ineguale distribuzione della paura, del terrore, del panico. 

E anche fra le vittime ci sono disparità di trattamento: i morti in occidente sono - più che giustamente - vittime innocenti (perchè questo effettivamente sono), mentre le centinaia di morti fra i fuggitivi nel Mediterraneo non hanno nomi, non sono niente, sono solo numeri e statistiche.

Tutta l'ansia provocata dalla diffusione della "cultura del terrore" si scarica solo ed esclusivamente sulla gente comune. E questo avviene a livello globale. Non ci sono più guerre convenzionali in atto (che venivano dichiarate e poi concluse con delle conferenze di pace), ma una guerra continua sbriciolata ovunque. Uno stillicidio continuo.

La guerra, il terrore, la morte, non sono più solo appannaggio dei soliti posti sfigati della Terra. Essa è ovunque anche potenzialmente presente nelle strade e nelle piazze delle nostre sonnacchiose città. E contro una guerra del genere si può fare veramente poco. Ormai poi siamo vittime psicologicamente traumatizzate della paura ancor prima che degli attentati veri e propri. E questo trauma sociale genera mostri anche a livello politico ed elettorale.

La religione non c'entra. Nemmeno quando si cerca di riportare il tutto a logiche medievali. Ed oggi si fa di tutto per tornare a logiche più adatte all'umanità dell'anno Mille che a quelle atttuali. Sono anni questi privi delle radici del passato ed incapaci di immaginare il futuro. Viviamo in un tempo monodimensionale.

Tutto questo alla fine è il risultato dell'ingiustizia che è diventata globale e che tocca tutti i livelli della vita umana. Il numero di coloro che beneficia dei vantaggi della ricchezza generata dalle economie si restringe sempre di più sia nei paesi cosiddetti ricchi che in quelli cosiddetti poveri: cresce il numero degli esclusi, cresce il numero dei senza futuro qui e ovunque.

Una più equa ripartizione della ricchezza e dei costi necessari a sostenere questa ricchezza è la precondizione pre restituire un futuro all'umanità cioè l'idea di partecipare ad un progetto di lungo periodo condiviso e comune a livello planetario. Invece continuiamo a sentire gente che vuole difendere ed aumentare i vantaggi di questi pochi e continuare ad escludere tutti gli altri dalla possibilità di una vita decente. E una vita decente passa anche dal rispetto della natura e dell'ambiente. Anche in questo campo c'è da costruire un progetto per il futuro.

Quanto potrà durare questo andazzo?

giovedì 13 aprile 2017

Inadeguati


Pubblico di seguito il testo della lettera, che sta circolando in rete, che Domenico Gatti ha scritto al sig. Poletti. Non posso non condividere questo scritto perchè condivido questo stesso sentimento quotidiano di frustrazione e rabbia soprattutto per l'indecente ingiustizia, nel senso più ampio di questo concetto, che affligge l'Italia contemporanea. 

L'unica cosa che mi preme evidenziare è che il fenomeno di "persona sbagliata al posto e al momento sbagliato", interessa da tempo tutte le posizioni chiavi e decisionali, ad ogni livello, di questo Paese. La politica ha innescato da decenni un meccanismo di "selezione avversa" (anche nel settore privato per via delle collusioni fra imprese, pubblica amministrazione e politica corrotta) che si è pericolosamente stratificato negli anni. Ci troviamo sempre più spesso a che fare con persone "inadeguate", non all'altezza di compiti che sono chiamate a svolgere selezionate per fedeltà canina ai potenti di turno. E, peggio del peggio, questo meccanismo ha tenuto fuori della gestione della cosa pubblica, a tutti i livelli, le persone più capaci, più titolate, più adeguate a svolgere quei compiti. 

Sempre più spesso abbiamo a che fare con direttori, presidenti, dirigenti, capi servizio, responsabili di questo o di quello che tutto avrebbero potuto fare nella vita tranne che dirigere qualcosa. 

Anno dopo anno, un'umanità sempre più modesta, di basso profilo e spessore, ha preso il controllo della situazione, spingendo al margine o all'estero i talenti migliori, proprio mentre la dimensione dei problemi da fronteggiare si è aggravata in modo esponenziale: più seri i problemi, più incapaci gli uomini e le donne chiamati ad affrontarli. Ma tutto questo non capita accidentalmente: siamo noi che lo abbiamo permesso.

Dalla sanità alla ricerca scientifica e universitaria, dalla cultura alla formazione civile, politica e amministrativa, l'Italia è in mano a una schiera sempre maggiore di sciacalli ignoranti e incapaci che respingono in ogni modo le forze migliori che questa terra (nonostante la deliberata devastazione sistematica della scuola) riesce nonostante tutto ancora ad esprimere: ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

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“Sig. Perito agrario Poletti (eh si,/  in un Paese che richiede la laurea anche per servire caffè in un bar, Lei e’ l’ennesimo caso di non laureato che raggiunge poltrone d’oro, vertici di rappresentanza delle istituzioni e stipendi pazzeschi), Ho dato un’occhiata al suo curriculum e le garantisco che lei non verrebbe assunto neanche all’Arlington Hotel della mia Dublino a servire colazioni come io, giovane avvocato laureatomi in Italia, ho fatto per pagare le spese di sopravvivenza in un Paese straniero che mi ha dato una possibilità che il Suo Paese mi ha negato.

Lei, ministro del lavoro, il lavoro non sa neanche cosa sia, lei che non ha lavorato neanche un giorno della sua vita (il suo cv parla chiaro). Lei, che si rallegra di non avere tra i piedi gente come me, non ha la piu’ pallida idea di quanto lei sia un miracolato. Lei non sa, perito agrario Poletti, che dietro ogni ragazzo che si trasferisce all’estero, ci sono una madre e un padre che piangono QUOTIDIANAMENTE la mancanza del figlio, c’e’ una sorella da vedere solo un paio di volte all’anno, degli amici da vedere solo su “facetime” e i cui figli probabilmente non ti riconosceranno mai come “zio”, c’e’ una sofferenza lancinante con la quale ci si abitua a convivere e che diventa poi quasi naturale e parte del tuo benessere/malessere quotidiano.

Il Suo, perito agrario Poletti, e’ un paese morto, finito, senza presente ne’ tanto meno futuro e lo e’ anche per colpa sua e di chi l’ha preceduto. Chi e’ Lei per parlare a noi, figli e fratelli d’Italia residenti all’estero, con arroganza, con spocchia, con offese e mancando del più basilare rispetto che il suo status di persona, oltre al suo status di ministro, richiederebbe?! O forse pensa che le sue pensioni d’oro, i suoi stipendi da favola possano consentirle tutto questo nei confronti di ragazzi, in molti casi più titolati, preparati e competenti di lei?!
Ha mai provato a sostenere un colloquio in inglese? Ha mai scoperto quanto bello, duro e difficile sia conoscere tre lingue e lavorare in realtà multiculturali? Ha mai avuto la sensazione di sentirsi impotente quando le parlano in una lingua che non e’ sua e ha difficoltà a comprenderla al 100%? Questo lei, perito agrario Poletti, non lo sa e non lo saprà mai. E’ per questo che il suo ego le permette di offendere 100.000 ragazze e ragazzi che l’unica cosa che condividono con lei e’ la cittadinanza italiana.

Lei e’ l’emblema di una classe politica e partitica totalmente sconnessa con la realtà, totalmente avulsa dal tessuto sociale che le porcate sue e dei suoi amici “compagni” hanno contribuito a generare. Io, e gli altri 99.999 ragazzi che siamo scappati all’estero dovremmo essere un problema che dovrebbe toglierle il sonno, lei dovrebbe fare in modo che questa gente possa tornare a casa, creare condizioni di lavoro e di stabilita’ economica che possano permettere a 100.000 mamme di non piangere più per la lontananza dei figli.

Lei, perito agrario Poletti, padre dei voucher e del precariato, e’ il colpevole di questo esodo epocale e quasi senza precedenti di questa gente che lei vorrebbe fuori dalle palle.
Si sciacqui la bocca, perito agrario Poletti, prima di parlare di gente che parla piu lingue di lei, che ha avuto il coraggio di non accontentarsi, e di cercare altrove ciò che uno Stato che fa davvero lo Stato avrebbe dovuto garantire al proprio interno.

E si tolga rapidamente dai coglioni per favore, prima lo farà e prima questo Paese, visto dalla fredda e super accogliente Irlanda, sembrerà più bello e gentile. Firmato da uno di quelli che lei vorrebbe fuori dalle palle”.

Dedicato ai Paraculi, figli di Papà e porta borse della Politica italiana .

Domenico Gatti

lunedì 20 febbraio 2017

PD: prove tecniche di caos

Non voglio entrare nel merito delle questioni interne al Partito Democratico nè tanto meno ragionare sugli sviluppi e sugli esiti di quanto verrà deciso su tali questioni.

Quello che voglio fare è invitare tutti a riflettere sul fatto che ciò che sta accadendo all'interno del PD, in quanto una delle formazioni politiche più rilevanti e rappresentative (anche a livello locale) della politica italiana, è la migliore rappresentazione della irresponsabilità, strafottenza, incapacità, stupidità, ottusità, cinismo, falsità, totale disinteresse e disprezzo dell'interesse pubblico (nella sua accezione etica più ampia) dell'intera classe politica, a tutti i livelli, che grava come un macigno su questo sfortunato Paese.

La cosa tragica è che, a fronte del collasso generale dell'economia e alla deriva di interi segmenti della società, noi popolo reale dei "senza potere", questa gente, con i lori privilegi e costi insostenibili per non fare assolutamente nulla di buono per la società nel suo complesso, non ce la possiamo più permettere: in termini economici, culturali, sociali ed etici. Sono diventati un peso insopportabile.

Mi permetto di ricordare che l'Italia, nonostante tutto, è un sistema sociale ed economico capace di produrre una grande ricchezza: e questa ricchezza viene effettivamente prodotta, esiste, è reale. Il problema è che gran parte di questo patrimonio viene buttato dalla finestra per consentire a questa gente di continuare a giocare sulla nostra pelle e sulla pelle delle generazioni più giovani e di quelle future. Per capire cosa realmente questa gente pensa e cosa realmente intenda per2fare politica" basta sentire i vari "fuori-onda" che puntualmente scappano fuori e la loro vergognosa discrepanza con i proclami inconcludenti e fasulli che fanno nei talk show o nelle interviste ufficiali.

Nessuno dotato di un minimo di buon senso può credere ad una sola parola di quello che ufficialmente dicono: basta un fuori-onda et voilà scappa fuori la verità vera (altro che post-verità!)

Basterebbe veramente poco per rimetterci in sesto e non servono i grandi esperti dell'economia e della finanza con i loro giochi di parole. Bisogna riprendere il timone della barca e questo vuol dire "responsabilità personale": per fare questo non serve l'aiuto del ducetto del momento o delegare sempre a qualcun altro le nostre responsabilità. 

Non basta indignarsi. Serve piuttosto il contributo e l'impegno di tutti. Ognuno deve fare la sua parte. Stop.

giovedì 22 dicembre 2016

Auguri

Voglio chiudere questo anno ed aprire il 2017 condividendo queste parole. Mi sembrano un'ottima descrizione di quello che stiamo lasciando e di quello a cui stiamo andando incontro: sia a livello nazionale che internazionale.


"La politica perde perché ha perso la capacità di far sognare, di far immaginare un futuro diverso, non banalmente migliore, ma altro. 

La politica non vince perché non sa più perdere con dignità: ama perdere puntando sul sicuro, senza osare, senza cercare consenso tra chi si sente emarginato, ignorato, non compreso, costretto a scegliere tra il meno peggio. 

La politica perde perché non è coraggiosa, perché asseconda al ribasso quelli che ritiene gli umori dell’elettorato, senza peraltro riuscire davvero a intercettarli. 

La politica perde, tutta, perché non esiste più la posizione che spariglia, che irrompe con forza e costringe a un ragionamento diverso. 

La politica perde, tutta, perché è appiattita sulle stesse posizioni pur nelle diversità apparenti, perché si divide in schieramenti talmente eterogenei da non risultare credibili, perché si unisce, si consorzia, sceglie sponde, alleati e avversari non per raggiungere un progetto, ma per legittimare carriere, per alimentare percorsi personali. 

La politica non è tutta così e allora come facciamo a riconoscere le voci fuori dal coro? Come facciamo ad ascoltarle se in televisione non trovano spazio? Se sul web non urlano, non utilizzano link esca per attirare click e attenzione?"

(Roberto Saviano)

mercoledì 9 novembre 2016

Rancore

Che ci piaccia o no, stiamo andando incontro ad un'epoca fondata sul rancore e sul risentimento. Dopo la Brexit (che nessuno credeva possibile) l'elezione di Trump (che parimenti fino a ieri nessuno credeva possibile ed ora i furbetti dell'opinione "take away" avvallano con la retorica cretina dell' "Io però l'avevo detto") conferma chiaramente questo trend che potrebbe poi anche allargarsi ad altri contesti. 

La delusione di sempre maggiori strati della società, l'insoddisfazione generale, l'incapacità e la non volontà di affrontare realmente i problemi sono alla base di quella gran voglia di rivincita che ribolle nella cosiddetta "gente comune". Si tratta di un'umanità che nelle società occidentali viene considerata "docile e mansueta" per default: ma non è così. Il fallimento del progetto politico europeo, l'aver privilegiato banchieri e finanzieri da strapazzo a danno dei risparmitori, l'incapacità di gestire il drammatico fenomeno dell'immigrazione, l'incapacità di governare i processi di trasformazione economica che lasciati a loro stessi hanno generato una disoccupazione spaventosa (soprattutto fra le nuove generazioni), rappresentano un brodo di coltura e cultura per fenomeni di rabbia, risentimento e rancore diffuso. Poi, chiunque abbia la capacità di farsi "amplificatore" di tutto questo, anche magari la figura più improbabile, non fa altro che sfondare una porta aperta. Qualunque cosa pur di fare un dispetto a questa parodia della politica. 

La gente è stufa, è stanca di sopportare tutto e di farlo in silenzio: sa che è inutile protestare o scendere in piazza. L'unica cosa che è rimasta è fare il contrario di quello che chiede e pretende un establishment che non vuole e/o non sa fare niente. Ed è nel fallimento ed incapacità di questa parodia della politica che si cela il motivo del successo di queste reazioni rancorose e rabbiose.

Anche in Italia ci si dovrebbe preoccupare di tutto questo: esiste infatti un malessere diffuso ancora fondamentalmente non canalizzato, immaturo, sommerso. Dovremmo fare tesoro dell'esperienza che questa sfortunata terra italica ha maturato all'inizio del XX secolo quando con grande facilità e grande consenso è nato e si è propagato il fascismo. Ricordo che è bastato un pittore fallito o un modesto giornalista...

In Italia siamo senza un governo: non intendo da un punto di vista istituzionale, ma in senso di governance, di gestione. La gente "comune" viene lasciata sola a fare i conti con una marea di immigrati non gestita da una politica in materia degna di questo nome. Le frange più fragili della società vivono costantemente a contatto con le conseguenze più nefaste di questa situazione: chi vive nei palazzi istituzionali (e fa tanti bei discorsi) non ne ha nemmeno la più pallida idea.

Non esiste una politica di sviluppo economico. si continua a privilegiare le solite minoranze ben connesse ed appoggiate. troppo spesso le regole valgono per alcuni e non per altri. Troppo spesso uomini e donne di talento vengono offesi e frustrati per lasciar spazio ai "figli di".

Intere aree del Paese sono ormai definitivamente in mano alla criminalità organizzata. 

Il degrado morale e sociale si accompagna al degrado dell'ambiente e del territorio. 

Non sono sufficienti rottamatori in camiciola, Movimenti 5 stelle o Salvini in palandrana: la gente comune è sola e sa di esserlo. Al momento solo il solito "familismo amorale" ci consente di prevenire gravi derive autoritarie, ma non credo che tutto questo durerà a lungo.

Non mi piace la musica italiana, ma questo testo ("ha perso la Città") di Niccolò Fabi ben fotografa lo scoramento generale che si respira in quest'epoca triste.

Hanno vinto le corsie preferenziali
hanno vinto le metropolitane
hanno vinto le rotonde e i ponti a quadrifoglio alle uscite autostradali
hanno vinto i parcheggi in doppia fila
quelli multi-piano, vicino agli aeroporti
le tangenziali alle 8 di mattina e i centri commerciali
nel fine settimana
hanno vinto le corporazioni infiltrate nei consigli comunali
i loschi affari dei palazzinari
gli alveari umani e le case popolari
e i bed & breakfast affittati agli studenti americani
hanno vinto i superattici a 3.000 euro al mese
le puttane lungo i viali, sulle strade consolari
hanno vinto i pendolari

ma ha perso la città, ha perso un sogno
abbiamo perso il fiato per parlarci
ha perso la città, ha perso la comunità
abbiamo perso la voglia di aiutarci.
Hanno vinto le catene dei negozi
le insegne luminose sui tetti dei palazzi
le luci lampeggianti dei semafori di notte
i bar che aprono alle sette
hanno vinto i ristoranti giapponesi
che poi sono cinesi anche se il cibo è giapponese
i locali modaioli, frequentati solamente
da bellezze tutte uguali
le montagne d'immondizia, gli orizzonti verticali
le giornate a targhe alterne e le polveri sottili
hanno vinto le filiali delle banche, hanno perso i calzolai

E ha perso la città, ha perso un sogno
abbiamo perso il fiato per parlarci
ha perso la città, ha perso la comunità
abbiamo perso la voglia di aiutarci

venerdì 24 giugno 2016

Il rigetto del Potere

Ho la sensazione che ci sia una sorta di filo rosso che lega i risultati delle elezioni amministrative in Italia ed il risultato del referendum sulla permanenza nella UE in Gran Bretagna. 

Quello che a me sembra un filo di connsessione è il senso di rifiuto, di rigetto che la gente comune (i senza-potere, le periferie in senso molto ampio) ha nei confronti del potere "istituzionalizzato". In entrambi i casi si percepisce un comprensibile sentimento di delusione, di risentimento, la volontà di rivincita e di rivalsa: in questo modo viene a galla il potere dei senza potere (frase credo da attribuire a V. Havel).

Sia nel caso italiano che in quello britannico la gente rigetta la politica inetta ompletamente sottomessa alla finanza: nemmeno all'economia, ma proprio ai grandi gruppi finanziari e alle banche che si arricchiscono in modo parassitario sottraendo ricchezza alla società e all'economia reale. L'Europa che i britannici hanno rigettato è una parodia dell'Europa che immaginavamo. Sono decenni che si denuncia la totale distanza delle istituzioni europee dalle comunità locali e dalla società europea nel suo complesso. E' stata respinta un'Europa fatta di burocrati ottusi e non di politici: la prevalenza dei tecnici della Commissione Europea (non eletta dai cittadini) su un Parlamento Europeo depotenziato contribuisce a creare un'immagine dell'Europa più simile al Castello di Kafka che all'Europa sognata nel Manifesto di Ventotene.

Il risultato è che nel passato gli Stati facevano la fila per entrare nell'Europa, ora si metteranno in fila per uscirne. 

Bisogna pertanto cominciare a costruire una nuova o rinnovata realtà Europea, una vera casa comune europea per poter uscire da questa aberrazione ed entrare in una realtà dove non siano i finanzieri o i banchieri a decidere le sorti delle comunità.

Lo stesso è accaduto nelle grandi città italiane: la politica (con il suo familismo amorale, i suoi giochini e i suoi intrallazzi) è distante anni luce dalla realtà della gente che si sente "periferia" rispetto al potere. Talmente distante che non è più nemmeno identificata come politica, ma solo come "braccio operativo" delle banche, delle grandi società finanziarie, degli interessi di poche lobby. Insomma di tutte quelle componenti della società che si arricchiscono solo mandando in rovina l'economia ed ampi strati della collettività.

Serve un'inversione di tendenza inequivocabile ed immediata, perchè altrimenti il futuro sarà drammatico. Non si possono creare norme e leggi solo per questioni finanziarie o finte riforme che sono solo fumo neglio occhi scendendo sempre a patti con interessi particolari: bisogna cominciare finalmente a porre delle regole per la convivenza civile affinchè sia appunto la più civile e decente possibile per tutti. La politica deve operare per restituire dignità alle persone e alle comunità nel loro complesso.

I grandi e complessi mutamenti e fenomeni sociali (come l'immigrazione massiva, la disoccupazione o la penetrazione totale della criminalità organizzata in tutti gli ambiti della realtà nazionale) non possono essere affidati a dei ragionieri-contabili, al caso o alla buona volontà della gente. Essi devono essere affrontati, regolati, normati in modo chiaro: devono essere "gestiti" all'interno di una visione molto ampia. Serve urgentemente un New Deal.

La complessità e la trasformazione sociale non è mai stata realmente al centro di nulla, al di là dei proclami, nè in Italia, nè a Bruxelles. A cosa serve un'unione monetaria o rigorose politiche contabili e di bilancio se la società nel frattempo si sfarina, si sfalda, si disintegra? Non si è vista traccia di alcunchè in questi decenni su tutte quelle materie che sono alla base della costruzione di una società decente: e questi sono i risultati. La ribellione delle periferie.


lunedì 16 maggio 2016

10 anni di Gomorra

L'Italia è da sempre un paese fondato sull'ipocrisia come forma di Governo e strumento di sopravvivenza individuale e collettiva. Del resto è e rimane un paese cattolico.

Negli anni del berlusconismo l'ipocrisia generale era continuamente sbattuta in faccia a tutti: era legittimata ad apparire fra noi, era uno status symbol, era avanspettacolo. 

In questi anni invece le cose sono diventate più sofisticate: paradossalmente l'ipocrisia è diventata ancora più ipocrita. mentre prima eravamo dei buffoni e ci vantavamo di esserlo, adesso siamo dei buffoni, ma non si può dire: dobbiamo fare le persone serie, impregnate di decisionismo, "avanti tutta"!

La critica e la denuncia sono diventate "disfattismo" in stile pseudo fascistoide 2.0. L'importante è non parlarne per non vedere come sono realmente le cose.

Questo scivolamento continuo verso una "rappresentazione teatrale", verso la "fiction" della realtà italiana vista attraverso il prisma dell'ipocrisia è la caratteristica principale di questo angosciante periodo storico che siamo costretti a vivere. Prima almeno c'erano le veline, Drive In, i quiz e i premi: adesso nemmeno la TV ti può consolare.

Sembra che veramente non ci sia proprio più nulla da fare: sembra che non ci sia più nulla di salvabile da salvare. Le istituzioni sono diventate "parodia" a causa del bassissimo profilo della politica nazionale e della classe dirigente che essa esprime. I politici appaiono sempre più come dei pessimi attori, dei guitti che hanno oltretutto imparato molto male il copione da recitare.  Ma quanto costa questa scadentissima commedia! 

Questa condizione e la predisposizione culturale verso il servilismo sono i presupposti per la costruzione di questa "Gomorra" ormai diventata un fenomeno strutturale nazionale. Oggi ricorrono 10 anni dalla pubblicazione dell'arcinoto libro di Saviano e la stanchezza generale che si appoggia su una debolezza cronica dell'intelaiatura sociale nazionale sono tutti elementi che dovrebbero farci riflettere.

Corruzione, collusioni continue fra politici e criminali, imprenditori disonesti, amministratori pubblici incapaci e disonesti, la ricerca di "scorciatoie" e relazioni convenienti, babbi e compagni, favoritismi... Difficile convivere in questa palude senza sporcarsi di fango e, nonostante la denuncia decennale di Gomorra, nessuno sembra farci più caso...

Una resa? Penso che è da molto tempo che la società italiana si è arresa. Siamo solo in attesa di una smobilitazione generale, un "tutti a casa" collettivo: solo che non abbiamo più una casa dove andare. Solo ruderi e macerie...

Bisognerà prima o poi ricostruire questa benedetta casa...

lunedì 9 maggio 2016

La "presa per il culo"

Essere presi per il culo in continuazione a lungo andare stanca. In Italia questa è un'attività intesa, continua, defatigante, organizzata in modo industriale che a lungo andare ti spegne, ti erode l'esistenza, ti rende indifferente a tutto, ti aliena... 

Questo fenomeno così peculiare è ormai pervasivo e forse troppo poco studiato dalle scienze sociali. Ormai in Italia siamo ben oltre il semplicistico concetto di inganno come forma di governo, di truffa, ben oltre l'illusione, ben oltre le figure retoriche di qualsivoglia espressione pirandelliana. 

Qui non si tratta di essere fregati come in un mercatino o dal classico venditore di auto usate. Siamo in una condizione per cui la finzione e la menzogna sono diventate la realtà più reale e vera. Altro che "perdita di senso"... Siamo talmente abituati ad essere rpresi per il culo, che nessuno ci fa più caso, nessuno può farci più caso perchè tanto è una presa per il culo.

In Italia è' tutta una presa per il culo. Ma non c'è nulla di ironico o istrionesco. Non è una pulcinellata. E' un orrore, uno stile di vita con cui, scientemente o incoscientemente, dobbiamo fare i conti anche quando dormiamo perchè anche i sogni finiscono con il diventare una gigantesca presa per il culo.

Dal primo momento che ti svegli sei sempre preso per il culo. La TV o la radio ti prendono per il culo. I notiziari sono un monumento alla presa per il culo. I giornali già quando li vedi da lontano capisci che stanno lì solo per prenderti per il culo. 

La pubblicità è una presa per il culo applicata scientificamente nella dimensione commerciale.

La politica è diventata la rappresentazione operativa maxima della presa per il culo in modo totalizzante. Quando li senti parlare, di qualunque schieramento siano, senti in gola quel sentore dolciastro della presa per il culo. Anche a livello locale, nel piccolo delle nsotre cittadine di provincia da due soldi, sai che il gioco della politica si fonda sull'intrallazzo sistematico come uso politico della presa per il culo: degli avversari, dei compagni di partito, della comunità che ti ha votato. Persone così diventano esse stesse delle "prese per il culo"...
 
Sempre più persone rinunciano a votare perchè sanno che è una presa per il culo. Anche il capo del governo ha detto di non andare a votare il referendum, perchè i referendum sono una presa per il culo. Bisognerà ricordarsene in futuro, per i prossimi referendum.

In questo modo anche "l'autorità" diventa una presa per il culo. "Tu chi sei? Il direttore di questo o di quello, il dirigente di sopra o di sotto, il capo di qui o di là? Mannnò: tutti sappiamo come ci sei arrivati fin lì! Tu sei solo una presa per il culo!"

Vai a lavorare e sei preso per il culo dall'intero sistema. Vai a fare la spesa e sei preso per il culo dall'industria alimentare. Tutte quelle cazzatelle tecnologiche - a cominciare dagli smartphones che ti fanno cambiare ogni 6 mesi - sono una colossale presa per il culo.

Tante persone si separano e divorziano anche perchè i rapporti umani vengono considerati una presa per il culo. Quelle sceneggiate in chiesa e poi al ristorante sono solo una costosa presa per il culo.

Non ci troviamo di fronte una "società Liquida" come direbbe Baumann, ma una società fondata sulla presa per il culo. Quindi non esiste più il concetto di lealtà, di responsabilità: non esiste verso sè stessi, figuriamoci verso gli altri.

AHO'!!! CHE CI VOLETE FARE? ABBIAMO SCHERZATO! ERA SOLO UNA PRESA PER IL CULO!

Questa frase dovrebbe anche sostituire la dicitura che appare nei tribunali "La legge è uguale per tutti" (anche se pure questa frase sembra una bella presa per il culo..)

I ragazzi e le ragazze vanno a scuola e sono presi sistematicamente per il culo. Anzi la scuola è una palestra della presa per il culo ed è il luogo dove i piccoli italiani ed italiane si confrontano con la scienza della presa per il culo: gli edifici scolastici stessi sono una presa per il culo. Non sono delle scuole, sono delle parodie di scuole, quindi una presa per il culo. 

Tacciamo poi dell'università che è l'accademia della presa per il culo. Il corpo docente è già di per sè un'umanizzazione della presa per il culo. 

Banche e assicurazioni sono una presa per il culo.
Il precario viene sistematicamente preso per il culo. 
Scrittori, attori, registi, cantanti e ballerine, vip e tronisti della TV: sono spesso persone inadeguate ovvero una presa per il culo. 
La cultura in Italia è da decenni una grandiosa presa per il culo.
Lo sport, con il calcio in testa, è una presa per il culo spaventosa....

Il problema è che di questo sistema siamo non solo le vittime, ma anche i carnefici. Anche noi prendiamo per il culo gli altri. E' inevitabile. Dobbiamo in qualche modo sopravvivere. E dobbiamo ingannare gli altri e bluffare a più non posso per continuare a giocare al tavolo della presa per il culo. 

Esiste poi l'aspetto rassicurante della presa per il culo: quando nulla è serio, nulla è reale, tutto è irrilevante, allora possiamo stare tranquilli. Non succede niente: tutto fila liscio come sempre.

Tutto quindi è una presa per il culo, che alla fine ci rende incapaci di reagire, di indignarci di opporci, di protestare perchè siamo convinti che anche queste siano espressioni della presa per il culo globale. anche la protesta in Italia dà sempre l'impressione di essere una sceneggiata, una presa per il culo.

La presa per il culo è dentro di noi, nel nostro DNA: ha fatto veramente presa. Per questo si chiama così. E all'estero nessuno ci prende sul serio perchè lo sanno che abbiamo questa malattia genetica.


 PS
Quando era un ragazzetto ingenuo, mia padre mi diceva che se studiavo e mi davo da fare avrei trovato un posto dignitoso in questa società. Oggi non sono in grado di dire le stesse cose a mio figlio perchè qui ormai è tutta una presa per il culo. Ed io non me la sento di prendere per il culo anche mio figlio... L'unica cosa che posso dirgli è: "Stai in guardia, resta sempre sveglio e consapevole di quello che fai, giusto per non farti prendere per il culo..."