Le notizie drammatiche che vengono dal mondo della finanza mi costringono a riflettere sulla distanza abissale che esiste fra l’economia reale e l’economia della speculazione pura. E’ importante sottolineare che dietro questa catastrofe vi sono manager e politici che si sono enormemente arricchiti a danno di migliaia di piccoli risparmiatori e imprese con la solita tecnica di privatizzare i profitti e scaricare sulla sfera pubblica i rischi e i costi. Invece di sentirci offesi per il loro comportamento criminale, c’è ancora chi considera costoro come manager di successo perché possono sfoggiare ricchezze enormi essendo stati strapagati dalle loro organizzazioni finanziarie per la loro abilità di escogitare prodotti finanziari così complicati da renderne difficilissima la comprensione o per aver spalmato bolle speculative e debiti giganteschi su fondi venduti ad ignari cittadini. Mai come in questo momento il mondo economico sembra spaccato in due: da una parte il management che specula su beni di cui non ha la proprietà e che alimenta un potere senza responsabilità dall’altro il mondo dell’economia reale e del lavoro utile legato alla produttività. Il problema oggi è capire da che parte è stata finora la politica: perché non sono state imposte regole adeguate? Perché è stato consentito al mondo della finanza di agire in un contesto senza regole spacciato per “liberismo”? Quali sono i contenuti veri del torbido accordo fra banche, mondo della finanza e politica? I cittadini se la prendono ora con le banche, ma quello che è avvenuto si è realizzato con il consenso della politica. Questa gente è stata capace di rendere rispettabili personaggi che si sono arricchiti (e si arricchiscono ancora) ingannando, sapendo di ingannare, e speculando con i soldi degli altri. Paradossalmente questa crisi all’interno del mondo finanziario si rivelerà necessaria per svegliare i cittadini sulla criminale irresponsabilità della politica: senza questa consapevolezza non si metterà mai un freno all’economia della speculazione perchè i politici e i manager non sono mai chiamati a pagare il conto finale.
Sono sempre stato un fautore dell’economia reale, soprattutto locale, fatta di imprenditori e lavoratori impegnati continuamente ed onestamente nelle loro attività: per questo non mi stancherò mai di ripetere che questi mercati finanziari senza regole producono solo crisi e speculazioni senza generare sviluppo reale dato che portano avanti modelli deliranti fondati sull’illusione che sono una parodia dello sviluppo. Bisogna avere ben presente nella mente che l’assioma principale della finanza è “farsi gli affari propri”. Le possibilità di correzione non sono quindi nelle riforme tecniche, ma in un modo completamente nuovo di vedere e comprendere ciò che ci circonda per dare un senso reale alla partecipazione dei cittadini e magari per rendere i mercati finanziari un vero servizio. Serve quindi un grande impegno pubblico anche di fronte a forme di asfissia della nostra classe dirigente e una rigenerazione etica perché finché il denaro resterà un perno centrale della vita politica, gli interessi più forti saranno sempre in grado di pagare la politica per piegarla ai propri fini. Non è più una questione di volontà politica, ma di volontà democratica anche per avere la forza di denunciare le qualità che l’altra opzione semplicemente non possiede: buon senso, creatività e etica.
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