La crisi finanziaria di queste settimane ha suscitato un grande dibattito internazionale che sta coinvolgendo i principali protagonisti della politica, dell'economia o della finanza, nonchè i grandi esponenti del mondo intellettuale ed accademico. Ma quale può essere, se mai può importare a qualcuno, il punto di vista delle persone che vivono in un piccolo borgo rurale del Centro Italia? Quello che emerge in prima battuta è che qui, in questo piccolo paese dove vivo, nessuno ha ben chiaro cosa stia accadendo e soprattutto le cause che hanno provocato questa crisi: si susseguono notizie preoccupanti in TV o sui giornali, ma la situazione appare molto confusa. Nessuno ci capisce nulla. L'unica cosa che è stata ben compresa è il messaggio del premier che ha rassicurato le persone dicendo che nessuno ci rimetterà un euro. Venendo molto al sodo, in questo modo, è stato possibile per l'attuale Governo anche aumentare ulteriormente la sua popolarità. Tuttavia, a parte queste dichiarazioni molto "a effetto", le informazioni che arrivano alle persone sono poco chiare, riportanti fatti che sembrano provenire da un altro pianeta o da un'altra dimensione, con termini troppo tecnici (hedge funds?, derivati?, mutui subprime? finanza strutturata?): quello però che si trasmette e si diffonde è molta ansia e poche certezze per il futuro. Le persone sono molto preoccupate senza sapere bene di cosa: si temono aumenti improvvisi, mutui alle stelle, carenza di soldi, ristrettezze economiche, nubi fosche all'orizzonte. Tanto per fare un esempio pratico, l'associazione sportiva locale di cui faccio farte ha visto in questi giorni un forte calo nelle iscrizioni dei ragazzi e delle ragazze che da tempo frequentavano le varie attività sportive. Lo stesso è accaduto per la locale scuola di musica. Forse le famiglie cominciano a risparmiare su quelle spese cui possono rinunciare.
Vi è anche un pò di diffidenza: in fondo quello che succede in America è un affare degli americani. Non viene detto in modo chiaro che i soldi dei risparmiatori sono stati gettati dalla finestra, che nessuno è responsabile di questo e che gli stessi risparmiatori, dopo che sono stati bruciati i loro risparmi in modo criminale, devono a loro spese ripianare i budget di un sistema bancario irresponsabile. Le conseguenze di medio-lungo periodo di questa crisi non sono comprese e non vengono viste, anche per la presenza qui di tanti anziani contadini che di queste cose non ci capiscono niente. Intanto qui sembra che i fenomeni della globalizzazione ci passino sopra la testa e si rafforzi il senso di "locale": ci si chiude nel proprio ambito ed intorno alle cose che si conoscono.
La fiducia nelle banche intanto si sta erodendo di giorno in giorno e sarà molto difficile recuperarla; e nel frattempo la mitica "arte dell'arrangiarsi" italiana sembra tornare utile: qualcosa ci inventeremo anche stavolta per cavarcela.
La fiducia nelle banche intanto si sta erodendo di giorno in giorno e sarà molto difficile recuperarla; e nel frattempo la mitica "arte dell'arrangiarsi" italiana sembra tornare utile: qualcosa ci inventeremo anche stavolta per cavarcela.
3 commenti:
Caro Carmelo, dal tuo post mi sembra di concludere che da voi, a Vitorchiano, vi sia ancora una sufficiente consapevolezza che, se proprio tocca, ci si possa e debba arrangiare con quel che si ha, su scala strettamente locale.
Cosa che da noi, a Nord Est dello stivale, pare non esistere più.
Da noi invece, mi pare di percepire, l'aspettativa prevalente è quella che si dissolva al più presto questo brutto incubo, in maniera da ricominciare daccapo da dove eravamo rimasti. Ridando quindi piena fiducia a quei meccanismi e a quei soggetti che da questo sistema ci guadagnano da sempre. Che si possa definire "sindrome di Stoccolma" questo comportamento?
Caro Carmelo, dal tuo post mi sembra di concludere che da voi, a Vitorchiano, vi sia ancora una sufficiente consapevolezza che, se proprio tocca, ci si possa e debba arrangiare con quel che si ha, su scala strettamente locale.
Cosa che da noi, a Nord Est dello stivale, pare non esistere più.
Da noi invece, mi pare di percepire, l'aspettativa prevalente è quella che si dissolva al più presto questo brutto incubo, in maniera da ricominciare daccapo da dove eravamo rimasti. Ridando quindi piena fiducia a quei meccanismi e a quei soggetti che da questo sistema ci guadagnano da sempre. Che si possa definire "sindrome di Stoccolma" questo comportamento?
In parte ciò è vero. Qui si tende molto a chiudersi nella logica del paesello, intorno al campanile, intorno alla piazza del paese anche perchè qua, quando ci sono rogne, si è sempre fatto così dai tempi della fine dell'Impero Romano. Per certi versi questo atteggiamento può funzionare.
Quello che però preoccupa è la totale impreparazione della gente, non tanto di fronte a queste complesse materie (cosa che sarebbe anche tecnicamente comprensibile) quanto ai flussi di informazioni "ufficiali": esiste di fatto una completa dipendenza dall'informazione che arriva dall'alto che oltretutto non viene nemmeno capita. La cosa che spaventa è quindi la facilità con cui questa platea può fcilmente cadere in trappole di tipo demagogico: "della crisi dei mercati non ho capito un cavolo, ma Berlusconi ha detto che dobbiamo stare tranquilli, quindi..." Non esiste un atteggiamento critico: basta che qualcuno ti dice di stare tranquillo, che ci pensa lui, che lui sa come fare, e tutto va bene. Mi ricorda un film già visto...
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