Definire, misurare e valutare socialmente, politicamente ed economicamente i meccanismi alla base dello sviluppo tutto ciò rappresenta i fondamenti metodologici nell’approccio allo sviluppo stesso che possono essere impiegati anche per la definizione di forme di sviluppo locale. A questi fattori devono essere aggiunte poi due variabili critiche ovvero la gestione della complessità che viene amplificata dall’incertezza. L’azione simultanea di tutti questi elementi determina i reali contorni della “problematicità” di un determinato territorio inteso come un contesto naturale, sociale e culturale composto da risorse materiali (popolazione, paesaggio, sistemi ambientali, biodiversità, istituzioni, risorse economiche, ecc…) ed immateriali ovvero peculiari aspetti della dimensione locale (tradizioni, culture, religioni, lingue, dialetti, ecc.) che possono essere tradotti nella cultura materiale locale ovvero manifestazioni artistiche, prodotti artigianali, prodotti alimentari tradizionali, architetture tradizionali, siti e reperti archeologici, ecc… Questo significa che gli interventi di sviluppo per un dato territorio dovrebbero tener conto di un gran numero di sfaccettature e livelli di intervento. La domanda che ci si pone diventa però la seguente: quanti amministratori pubblici locali in Italia detengono una conoscenza o una consapevolezza di queste problematiche? Il degrado economico, sociale ed etico di tante aree del nostro Paese da quanto dipende dalla “sfortuna” e quanto dall’incapacità degli amministratori locali? Quanta parte dello sviluppo/sottosviluppo/sviluppo deviato locale in Italia deriva dal caso, dalla presenza/mancanza di buona volontà di qualche soggetto isolato, dalla prevalenza di altre logiche? La cosa più ovvia che si può rispondere è: gli amministratori locali sono eletti dalla gente quindi ognuno ha i politici che si merita. Mi viene da ribattere ulteriormente: visto che sembra che alla politica si avvicinino solo i peggiori (dato che le persone oneste non riescono a farsi coinvolgere nei meccanismi perversi della politica italiana a tutti i livelli) perché non facciamo come avviene nel calcio e gli amministratori locali o i politici li ingaggiamo dall’estero (comunque di cittadinanza UE)? E’ preferibile un sindaco di origine austriaca o olandese onesto e capace oppure un sindaco mascalzone ed incompetente di casa nostra? Perché i politici parlano sempre di libero mercato, mai poi il “mercato della politica” in realtà funziona come un oligopolio? Perché non obblighiamo i partiti a confrontarsi con la concorrenza “politica” europea? A voi la risposta.
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