Ricollegandomi al post precedente (Schizofrenia Alimentare) riporto di seguito il seguente brano: “Un tempo per sradicare vizi semplici bastavano rimedi semplici. Ora, invece, c’è bisogno di rimedi più efficaci in relazione alla violenza dei mali da cui siamo assaliti. La medicina era una tempo la scienza di alcune erbe adatte a ripulire il sangue e a cicatrizzare le ferite: poi, poco alla volta, ha raggiunto la grande complessità di oggi. Si comprende che essa aveva meno da fare quando gli organismi umani erano saldi e robusti, quando il nutrimento era semplice e non adulterato da raffinatezze. Ma dopo che, in luogo di cercare il cibo per placare la fame, si ricorse ad esso per solleticarla continuamente e dopo che furono trovati migliaia di condimenti per eccitare l’ingordigia, quello che era alimento per lo stomaco affamato è diventato un problema per lo stomaco pieno […] gli antichi erano immuni dai tanti malanni di oggi e irrobustivano il corpo nelle fatiche e nei lavori agricoli: e li aspettava un pasto che piaceva solo perché avevano fame […] le malattie erano semplici perché altrettanto semplici erano le cause […] perciò le malattie da cui siamo afflitti sono insolite come i cibi di cui ci nutriamo. La grande varietà di vivande ha creato molte malattie. Vedi come la voracità umana saccheggia terre e mari, mettendo insieme tanta roba per soddisfare l’ingordigia di poche persone […] la nostra follia si manifesta non solo nella vita privata, ma anche in quella pubblica”. Queste parole sono state scritte dal filosofo latino Seneca verso la metà del I secolo dopo Cristo, ma mi sembrano di un’impressionante attualità. Esse confermano come già in passato certe questioni siano venute alla ribalta. Il problema non è ovviamente solo alimentare, ma investe anche il nodo della eccessiva “complessità” della nostra società che, come i condimenti troppo sofisticati di un cibo troppo elaborato, rende difficile, da parte di tutti noi, avere un controllo su quello che ci circonda, anche nel caso di eventi molto vicini a noi. Il messaggio è quindi: semplificare, semplificare, semplificare. Troppo spesso vengono individuate risposte artificiosamente complicate a problemi la cui soluzione in realtà sarebbe molto semplice. Ciò vale per l’economia, la tutela dell’ambiente o l’agricoltura dove il ricorso a formule appunto più semplici (pratiche di coltivazione tradizionale, recupero dei legami con il territorio e le sue risorse, usare la bicicletta invece del SUV per gli spostamenti a breve raggio, semplificazione dei consumi e degli stili di vita, ecc…). Forse bisogna cominciare a sottrarre agli esperti e agli specialisti gli ambiti di nostro diretto interesse e riappropriarci del loro controllo, semplificando, invece che complicando sempre di più, i focus reali dei problemi. In tal modo potremo anche fare fronte, non solo ai nostri problemi di salute, ma anche alla nostra follia privata e pubblica. Questo è il potere di un buon piatto di verdure e legumi!
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