Questi benedetti campionati europei di calcio sembrano aver restituito in molti un tantinello di orgoglio. Certo che il calcio fa miracoli, ma questa non è certamente una grande scoperta. Molti italiani sono molto più attaccati alla maglia della nazionale che al luogo dove vivono: diciamo che detengono una cittadinanza di tipo "calcistico", ma non civica o territoriale. Diciamo che hanno le loro radici che affondano non tanto in un territorio quanto semmai sul pratino di un campo di calcio.
Cosa molto buffa se non avesse conseguenze disastrose sulla quotidianità e sulla gestione della cosa pubblica in questo jellatissimo Paese.
Ed è per questo che ora come tante altre volte simili a queste, viene rispolverato il tricolore: sui davanzali, nei gardini, sulle auto, nelle vetrine dei negozi, sui motorini. Ovunque. Anche qui da me (vivo in un piccolo paesello del centro-Italia) sono sbucate da ppertutto le bandiere e le bandierine.
La cosa più intrigante di tutto questo è che i più fanatici "sventolatori di bandierine", almeno qui beninteso, sono coloro i quali hanno sempre dimostrato un livello stellare di menefreghismo per qualunque cosa non fosse gli arcinoti "cavoli propri", un disprezzo assoluto per l'interesse collettivo, un cinismo senza pari, una slealtà e mancanza di vergogna abissali. Ma ora tutti a gridare: Itaglia! Itaglia!
Insomma il patriottismo calcistico di questi giorni (torno a dire per quello che vedo qui) sembra inversamente proporzionale al minimo senso individuale di decenza e di rispetto della quotidianità ordinaria. Ma, sono certo, altrove non è così...
Ma che ci volete fare? Il calcio (come il circo dei tempi antichi) fa veramente miracoli. Ma appena i bollori calcistici si raffredderanno, allora di nuovo: tutti contro tutti. Echissenefrega!
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