Per chi come il sottoscritto è nato e cresciuto imbevuto di musica rock, la scomparsa, lo scorso 16 luglio, di Jon Lord, leggendario tasterista dei Deep Purple, significa il venir meno di un importante tassello della propria costituzione fisica e mentale.
Jon Lord ed i Deep Purple ci hanno aiutato ad essere meno provinciali, ad essere parte di una comunità mondiale che si riconosce in valori comuni non solo musicali. E' evidente che i cantanti ed i cantantini italiani non possono vantare una simile carica, anzi ci fanno sentire più piccoli e marginali.
Quando eravamo ragazzini la musica dei Deep Purple (insieme ai Rolling Stones, Beatles, Led Zeppelin, Motorhead, Clash, Jimi Hendrix, Sex Pistols, Pink Floyd, AC/DC, Cream, ecc...) costituiva uno strumento di rottura nei confronti della musica e della cultura dei "vecchi" con i loro "San Remo", Claudio Villa, Orietta Berti, Nicola di Bari, ecc... oppure con contro i "bravi ragazzi" che sentivano Baglioni o i cantautori.
Con i Deep Purple gridavamo la nostra esistenza in vita.
Tempo fa, fermo ad un semaforo, un ragazzotto di 20 anni con una macchinina mi si accosta e con i finestrini abbassati alza a tutto volume il suo stereo mandando a tutta forza una canzone di Laura Pausini (sic). Mi sono chiesto: e questi sono giovani? E questa è la musica dei ragazzi di oggi? Quello che sentono questi ragazzi è la musica che sentiva mia nonna. Possibile che ora che i vecchi siamo noi, ancora profondamente rocchettari, siamo musicalmente più avanti di questa generazione di "giovani-invecchiatissimi"?
Bah!
Comunque. E' evidente che di Jon Lord rimane e rimarrà per sempre la sua straordinaria opera musicale: credo che pochissimi altri tastieristi abbiano lasciato una simile impronta nella musica rock.
In fondo se siamo quello che siamo (nel bene come nel male) lo dobbiamo anche a grandi musicisti come Jon Lord.
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