Sabato sono stato a Viterbo alla presentazione di Caffeina Magazine, la rivista espressione dell'evento culturale Caffeina che interessa Viterbo durante l'estate. Caffeina è una manifestazione piena di appuntamenti di spicco molto interessante ed importante anche per stimolare il sonnacchiosissimo e sterile ambiente culturale viterbese. Grande apprezzamento quindi per lo sforzo fatto ogni anno dagli organizzatori.
La rivista Caffeina magazine dovrebbe ispirarsi agli stessi principi su cui si fonda la manifestazione: ovvero supermento degli steccati ideologici e tentativo di stimolare la cultura ed il dibattito intorno a temi, compresi quelli politici, di grande interesse pubblico.
Per questo sono andato allora alla presentazione anche in considerazione del fatto che questo mensile è diretto da Filippo Rossi, esponente di spicco di Fare Futuro e dell'entourage del neo movimento che ruota intorno a Gianfranco Fini.
La rivista Caffeina magazine dovrebbe ispirarsi agli stessi principi su cui si fonda la manifestazione: ovvero supermento degli steccati ideologici e tentativo di stimolare la cultura ed il dibattito intorno a temi, compresi quelli politici, di grande interesse pubblico.
Per questo sono andato allora alla presentazione anche in considerazione del fatto che questo mensile è diretto da Filippo Rossi, esponente di spicco di Fare Futuro e dell'entourage del neo movimento che ruota intorno a Gianfranco Fini.
Insomma si tratta di un qualcosa di "nuovo" che si muove all'interno del dibattito politico italiano e ritengo sia interessante (al di là del proprio sentimento politico) seguire questo "nuovo" che in Italia fa tanta fatica a svilupparsi.
Il problema è stato che non ho percepito questo "nuovo". Al di là di una certa dose di autocompiacimento e autoreferenzialità da parte dei relatori (Andrea Baffo, giornalista del Messaggero Giorgio Renzetti e Filippo Rossi) - "io ho fatto questo e quest'altro, ho partecipato a questa trasmissione TV e a questo show, ecc... ecc..." (e vabbè abbiamo capito che siete bravissimi!), si è trattato di un blabla farcito di una notevole quantità di luoghi comuni del tipo: superamento delle ideologie dopo la caduta del Muro (sob!), creare una nuova stagione politica (strasob!), la politica non ha capito che lo scenario è cambiato (OK, e allora?) e così discorrendo fra numerosi tentativi di ammiccamenti "piacioni" verso il pubblico e di informalità da salotto televisivo. Insomma alla fine è venuta fuori una specie di parodia di un talk show: del "nuovo" neanche l'ombra quanto piuttosto una imitazione grottesca ed un po' infantile di quello che fanno "i grandi".
Non c'è "nuovo" all'orizzonte: non c'è rottura, non c'è cambiamento. Non ci sono idee e non c'è la volontà di cambiare alcunchè. Alla fine viene da pensare che non è proprio del tutto vero che la classe dirigente e politica italiana non sia capace di interpretare i grandi cambiamenti intervenuti nella società italiana. Il cosiddetto "Paese Reale" (che così reale poi alla fine non è: direi che è talmente apatico ed anestetizzato che dovrebbe essere definito il "Paese Irreale") non è assolutamente cambiato e la classe dirigente che si è scelto e che si sceglierà alle prossime elezioni è la sola vera interprete delle sue istanze. Se si vuole vedere il cambiamento ed il "nuovo" bisogna andare oltre le Alpi. Il cosiddetto dissenso all'interno della politica è molto più fittizio di quanto non si riesca ad immaginare e quello che ho visto e sentito sabato mi conferma in questa convizione. Non ci facciamo illusioni: non c'è nulla all'orizzonte.
Mi viene tristemente anche in mente un detto giapponese: quando ci sono molti uomini grandi eccellere richiede uno sforzo considerevole, ma quando i tempi decadono è facile eccellere.
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