Sono state recentemente pubblicate, da parte della direzione generale agricoltura e sviluppo rurale UE, le 560 opinioni (testo in inglese) ricevute in risposta dall'esame del Green Paper UE sulla qualita' dei prodotti agricoli in vista della la preparazione della comunicazione sulla politica di qualita' prevista a maggio.
Il Libro Verde è stato pubblicato lo scorso 15 ottobre 2008 per aprire un ampio dibattito sulle politiche e sulle modalità più utili al fine di “proteggere e promuovere la qualità dei prodotti agricoli”.
Questo documento presenta importanti elementi di riflessione sia per i produttori che per i consumatori. Al di là delle problematiche relative ai requisiti minimi e degli standard commerciali comuni dell’UE per i prodotti agricoli o ai problemi dei sistemi di certificazione adottati dai privati, alcune parti sono dedicate alla riorganizzazione delle indicazioni geografiche (DOP - Denominazione di origine protetta - e IGP - Indicazione Geografica Protetta) e alle attestazioni di specificità (STG, o Specialità Tradizionali Garantite), nonchè ai prodotti biologici ed i prodotti delle regioni periferiche.
Le indicazioni geografiche (DOP e IGP), così come la certificazione relativa alle produzioni biologiche, sono strumenti che notevolmente orientano le scelte dei consumatori a livello UE ed è quindi importante non perdere di vista quanto si sta facendo in ambito europeo in materia di differenziazione dei prodotti e di capacità di produrre e comunicare correttamente ed efficacemente “la qualità”. La cronaca infatti troppo spesso riporta gravi fatti dovuti alle conseguenze dell'asimmetria dell’informazione sulla qualità che contraddistingue gli alimenti.
La cosa che fa riflettere è la problematicità dell'estensione di tale sistema di indicazione anche ai vini. Poichè l'Europa si sta orientando verso un’unificazione delle indicazioni geografiche per tutte le produzioni agroalimentari, quindi anche i vini, c'è da chiedersi cosa accadrà con la scomparsa di sigle molto note ai consumatori come la DOC, la VQPRD e la DOCG: in Italia inoltre questi vini si distinguono dai vini da tavola distinti a loro volta in vini da tavola senza indicazione geografica e vini da tavola con indicazione geografica tipica (IGT).
In sostanza non si tratta di un semplice problema di intercambiabilità di marchi o di giochi di parole poichè bisogna ricordare che la DOP indicano tendenzialmente un legame forte tra qualità ed origine, mentre la IGP esprime una forma più debole fra territorio e qualità: talvolta l'IGP si è anche dimostrata poco capace di differenziare sufficientemente i prodotti.
Nel momento in cui i vini IGT, diventano IGP, essi di fatto passano ad una categoria superiore diventando da vini da tavola con indicazione geografica a quella dei vini di qualità. Inoltre l’assimilazione della normativa a quella degli altri prodotti agroalimentari vanifica i sistemi di controllo specifici riconosciuti ai vini con una minore protezione delle denominazioni di origine rispetto ai marchi commerciali preesistenti.
Il documento inoltre sembra piuttosto carente per quello che riguarda la certificazione relativa alla produzione integrata. Spesso con questo termine vengono oggi classificati sistemi produttivi talvolta molto diversi fra loro, derivanti da diversi disciplinari di produzione. E' invece indispensabile, anche al fine di tutelare i consumatori, addivenire rapidamente ad una certificazione ed identificabilità della produzione integrata condivise a livello UE.
Altro punto di discussione è certamente quello del "made in". Sempre più spesso compare sui prodotti alimentari la sigla "made in UE” che, pur comunque rispondendo ai requisiti relativi all’igiene e alla sicurezza dei prodotti agroalimentari e a quelli relativi alle tecniche di coltivazione, alla sostenibilità ambientale e alla sicurezza del lavoro, appare talvota un pò troppo generica. Per molte produzioni agricole appare indispensabile riconoscere l’indicazione di origine del singolo Paese: basta pensare per esempio ai pomodori dei quali forse è importante sapere se derivano da coltivazioni in pieno campo e in condizioni climatiche di tipo mediterraneo, oppure se provengono da qualche serra dell'Europa settentrionale.
Insomma di elementi di riflessione ce ne sono molti: quello che si auspica è che dalle necessità di armonizzazione ed uniformazione non derivi una standardizzazione eccessiva che certamente penalizzerebbe le tante produzioni locali tipiche dei nostri territori rurali.
Il Libro Verde è stato pubblicato lo scorso 15 ottobre 2008 per aprire un ampio dibattito sulle politiche e sulle modalità più utili al fine di “proteggere e promuovere la qualità dei prodotti agricoli”.
Questo documento presenta importanti elementi di riflessione sia per i produttori che per i consumatori. Al di là delle problematiche relative ai requisiti minimi e degli standard commerciali comuni dell’UE per i prodotti agricoli o ai problemi dei sistemi di certificazione adottati dai privati, alcune parti sono dedicate alla riorganizzazione delle indicazioni geografiche (DOP - Denominazione di origine protetta - e IGP - Indicazione Geografica Protetta) e alle attestazioni di specificità (STG, o Specialità Tradizionali Garantite), nonchè ai prodotti biologici ed i prodotti delle regioni periferiche.
Le indicazioni geografiche (DOP e IGP), così come la certificazione relativa alle produzioni biologiche, sono strumenti che notevolmente orientano le scelte dei consumatori a livello UE ed è quindi importante non perdere di vista quanto si sta facendo in ambito europeo in materia di differenziazione dei prodotti e di capacità di produrre e comunicare correttamente ed efficacemente “la qualità”. La cronaca infatti troppo spesso riporta gravi fatti dovuti alle conseguenze dell'asimmetria dell’informazione sulla qualità che contraddistingue gli alimenti.
La cosa che fa riflettere è la problematicità dell'estensione di tale sistema di indicazione anche ai vini. Poichè l'Europa si sta orientando verso un’unificazione delle indicazioni geografiche per tutte le produzioni agroalimentari, quindi anche i vini, c'è da chiedersi cosa accadrà con la scomparsa di sigle molto note ai consumatori come la DOC, la VQPRD e la DOCG: in Italia inoltre questi vini si distinguono dai vini da tavola distinti a loro volta in vini da tavola senza indicazione geografica e vini da tavola con indicazione geografica tipica (IGT).
In sostanza non si tratta di un semplice problema di intercambiabilità di marchi o di giochi di parole poichè bisogna ricordare che la DOP indicano tendenzialmente un legame forte tra qualità ed origine, mentre la IGP esprime una forma più debole fra territorio e qualità: talvolta l'IGP si è anche dimostrata poco capace di differenziare sufficientemente i prodotti.
Nel momento in cui i vini IGT, diventano IGP, essi di fatto passano ad una categoria superiore diventando da vini da tavola con indicazione geografica a quella dei vini di qualità. Inoltre l’assimilazione della normativa a quella degli altri prodotti agroalimentari vanifica i sistemi di controllo specifici riconosciuti ai vini con una minore protezione delle denominazioni di origine rispetto ai marchi commerciali preesistenti.
Il documento inoltre sembra piuttosto carente per quello che riguarda la certificazione relativa alla produzione integrata. Spesso con questo termine vengono oggi classificati sistemi produttivi talvolta molto diversi fra loro, derivanti da diversi disciplinari di produzione. E' invece indispensabile, anche al fine di tutelare i consumatori, addivenire rapidamente ad una certificazione ed identificabilità della produzione integrata condivise a livello UE.
Altro punto di discussione è certamente quello del "made in". Sempre più spesso compare sui prodotti alimentari la sigla "made in UE” che, pur comunque rispondendo ai requisiti relativi all’igiene e alla sicurezza dei prodotti agroalimentari e a quelli relativi alle tecniche di coltivazione, alla sostenibilità ambientale e alla sicurezza del lavoro, appare talvota un pò troppo generica. Per molte produzioni agricole appare indispensabile riconoscere l’indicazione di origine del singolo Paese: basta pensare per esempio ai pomodori dei quali forse è importante sapere se derivano da coltivazioni in pieno campo e in condizioni climatiche di tipo mediterraneo, oppure se provengono da qualche serra dell'Europa settentrionale.
Insomma di elementi di riflessione ce ne sono molti: quello che si auspica è che dalle necessità di armonizzazione ed uniformazione non derivi una standardizzazione eccessiva che certamente penalizzerebbe le tante produzioni locali tipiche dei nostri territori rurali.
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