C'è forse una sola cosa peggiore della perdita del posto di lavoro: la paura di perderlo. Ovvero vivere con la costante paura di essere privati del proprio lavoro non solo come fonte di sostentamento materiale, ma anche come elemento di appartenza alla comunità.
In queste condizioni non si è mai liberi di scegliere, di decidere, di fare referendum, di progettare il proprio futuro, nemmeno il domani più prossimo. Se non si è mai passati attraverso questo imbuto esistenziale, difficilmente si riesce a comprendere quel senso di paura fisica e psicologica che inquina la quotidianità di chi vive in queste condizioni. E' come camminare sul ciglio di un burrone sapendo che improvvisamente, alle spalle, qualcuno (che magari ha un posto fisso e quadagna 300 volte più di te) ti può spingere di sotto. E' come vivere passando ogni giorno attraverso un filtro: giorno dopo giorno questa paura ti assottiglia sempre di più. Ed è una guerra fra cannibali: omnia licet, tutto è lecito per di rimanere a galla anche affogare il tuo vicino che è nelle tue medesime condizioni.
La politica è completamente indifferente a tutto questo (anche perchè il lauto stipendio da parlamentare rende impermeabili a tutto). Il mantra che viene ripetuto è sempre lo stesso: i tempi sono cambiati, non c'è più il posto fisso, bisogna darsi da fare, bisogna arrangiarsi. Va bene rinunciare al posto fisso e va bene arrangiarsi: ma se la classe politica, gli speculatori, i manager, gli "amichi, gli amichi degli amichi, gli amichi degli amichi degli amichi", si pappano tutto, ti puoi dare da fare quanto vuoi: per te non c'è più spazio.
Per la politica, il lavoro, la disoccupazione ed il rischio di perdere il lavoro sono connotati di un'umanità superflua che, proprio grazie a queste paure, può essere indebolita al punto di essere resa plasmabile come il fango o come la merda. Non conti come persona, conti solo come elettore con tutte le sue fragilità, solleticazioni, ricatti, paure, speranze, ambizioni.
E la dignità delle persone e delle famiglie oneste va, come al solito, a farsi friggere...
In queste condizioni non si è mai liberi di scegliere, di decidere, di fare referendum, di progettare il proprio futuro, nemmeno il domani più prossimo. Se non si è mai passati attraverso questo imbuto esistenziale, difficilmente si riesce a comprendere quel senso di paura fisica e psicologica che inquina la quotidianità di chi vive in queste condizioni. E' come camminare sul ciglio di un burrone sapendo che improvvisamente, alle spalle, qualcuno (che magari ha un posto fisso e quadagna 300 volte più di te) ti può spingere di sotto. E' come vivere passando ogni giorno attraverso un filtro: giorno dopo giorno questa paura ti assottiglia sempre di più. Ed è una guerra fra cannibali: omnia licet, tutto è lecito per di rimanere a galla anche affogare il tuo vicino che è nelle tue medesime condizioni.
La politica è completamente indifferente a tutto questo (anche perchè il lauto stipendio da parlamentare rende impermeabili a tutto). Il mantra che viene ripetuto è sempre lo stesso: i tempi sono cambiati, non c'è più il posto fisso, bisogna darsi da fare, bisogna arrangiarsi. Va bene rinunciare al posto fisso e va bene arrangiarsi: ma se la classe politica, gli speculatori, i manager, gli "amichi, gli amichi degli amichi, gli amichi degli amichi degli amichi", si pappano tutto, ti puoi dare da fare quanto vuoi: per te non c'è più spazio.
Per la politica, il lavoro, la disoccupazione ed il rischio di perdere il lavoro sono connotati di un'umanità superflua che, proprio grazie a queste paure, può essere indebolita al punto di essere resa plasmabile come il fango o come la merda. Non conti come persona, conti solo come elettore con tutte le sue fragilità, solleticazioni, ricatti, paure, speranze, ambizioni.
E la dignità delle persone e delle famiglie oneste va, come al solito, a farsi friggere...
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