Dopo la figuraccia della nazionale di calcio italiana ai mondiali sud africani, non si riesce a parlare d'altro: io stesso (non sono un grande esperto di calcio, ma sono un tifoso) non posso esimermi da fare qualche breve considerazione.
Effettivamente è stato detto di tutto sia dal punto di vista propriamente tecnico e sportivo sia da quello meta-sportivo: certamente viene da pensare che la qualità del nostro calcio non sia oggi delle migliori. Colpa dei troppi stranieri? E chi lo sa! Colpa dei giocatori non convocati? Può essere...
E' stato detto anche che la Nazionale di calcio oggi impersonifica la mediocrità della società italiana di questi tempi in cui in Italia è effettivamente tutto molto scadente: insomma viviamo in una società caratterizzata dalla "dis-qualità totale".
Personalmnete credo che in primo luogo da parte di tutti noi sarebbe necessario dare una ridimensionata all'intero mondo del calcio. Si è detto tante volte che ormai il calcio in Italia non è uno sport, ma un'industria, una voce del PIL. Questa è follia.
Abbiamo tutti dato una centralità, un'importanza al calcio esasperante: non solo per la presenza del calcio nei media, nella pubblicità, ma anche per l'idolatria patologica nei confronti di calciatori ed allenatori. Questo ha creato una psicosi diffusa a livello sociale: in tante famiglie italiane dove ci sono figli maschi è sorta la psicosi di avere il "campioncino a casa". Nella mia modestissima esperienza personale, avendo un figlio maschio, ho sperimentato anche io questa forma di patologia ed ipnosi collettiva. Nostro figlio faceva basket ed atletica (nonchè scacchi), ma queste attività sono considerate da perfetti "sfigati" da queste parti (soprattutto gli scacchi). Nostro figlio ha subìto fortissime pressioni a scuola e dai compagni che invece erano fissati per il calcio: ma attenzione. Non si parla del calcio perlomeno come ci giocavo io alla sua età (10-11 anni) cioè per strada insieme ad una torma scalcinata di ragazzini appresso al famigerato "Supertele". Oggi ci sono le scuole di calcio dove il rito del pallone viene coltivato in modo parossistico. Dopo tutte queste influenze e pressioni (e richieste da parte di nostro figlio che non voleva rimanere indietro), ci siamo convinti ad iscriverlo a questa scuola di calcio "dove vanno tutti". L'esperienza della frequentazione di questo centro è stata allucinante: il fanatismo dei genitori, talora al limite della violenza fisica e verbale, l'esaltazione e la competizione più sfrenata, la derisione nei confronti di chi rimane indietro, la follia collettiva, la passerella di auto-cellulari-abiti firmati-orologi di marca, ecc... ecc... la solita gara a chi è più "fico" o alla moda. Insomma sembrava di stare sul set di un film di Vanzina dove genitori e figli partecipavano ad un circo delirante di tipo felliniano.
Inutile dire che dopo un po' (forse anche un po' troppo " po' ") abbiamo decisio all'unanimità di ritirarci da questa specie di manicomio: nostro figlio "nun era bbono" (ma non è una scuola di calcio? Non ci si va per imparare?), non era un campione, aveva pure subìto atti di bullismo da parte di "campioni", non abbiamo un'automobile all'altezza del parcheggio della scuola calcio, ho un cellulare dell'età della pietra... Che cavolo ne so?!?
Insomma viene da pensare che da questi centri si faccia una selezione un po' strana: magari si sfornano dei campioni, però sono dei campioni "stronzi" (pardon intendo dire "montati"). Per questo bisognerebbe darci un po' tutti una calmatina: non c'è solo il calcio, ci sono tante altre carriere e possibilità nella vita diverse dal calciatore. Cerchiamo di ridimensionare il calcio e valorizzare altri sport ed altre attività professionali altrettanto serie e degne di rispetto.
In conclusione la figuraccia della Nazionale personalmente la vedo come la metafora del peggiore male di cui sia oggi malata l'Italia: la selezione avversa. Questo male colpisce tutto e tutti, si inflitra ovunque. Nel lavoro, nella scuola, nella politica, nell'amministrazione, nell'economia, nel giornalismo, nella ricerca e nell'università, nello sport... Questo Paese è incapace di individuare ed esaltare i propri talenti, ma si appoggia ai mediocri, ai brocchi. I talenti sono preoccupanti, sono imprevedibili, sono difficilmente gestibili: la nostra società, che si fonda sulle scappatoie ed i sotterfugi, preferisce la mediocrità perchè è rassicurante e prevedibile anche se dà risultati da due soldi.
Basta poi far credere ai mediocri di essere dei campioni ed il gioco è fatto...
Effettivamente è stato detto di tutto sia dal punto di vista propriamente tecnico e sportivo sia da quello meta-sportivo: certamente viene da pensare che la qualità del nostro calcio non sia oggi delle migliori. Colpa dei troppi stranieri? E chi lo sa! Colpa dei giocatori non convocati? Può essere...
E' stato detto anche che la Nazionale di calcio oggi impersonifica la mediocrità della società italiana di questi tempi in cui in Italia è effettivamente tutto molto scadente: insomma viviamo in una società caratterizzata dalla "dis-qualità totale".
Personalmnete credo che in primo luogo da parte di tutti noi sarebbe necessario dare una ridimensionata all'intero mondo del calcio. Si è detto tante volte che ormai il calcio in Italia non è uno sport, ma un'industria, una voce del PIL. Questa è follia.
Abbiamo tutti dato una centralità, un'importanza al calcio esasperante: non solo per la presenza del calcio nei media, nella pubblicità, ma anche per l'idolatria patologica nei confronti di calciatori ed allenatori. Questo ha creato una psicosi diffusa a livello sociale: in tante famiglie italiane dove ci sono figli maschi è sorta la psicosi di avere il "campioncino a casa". Nella mia modestissima esperienza personale, avendo un figlio maschio, ho sperimentato anche io questa forma di patologia ed ipnosi collettiva. Nostro figlio faceva basket ed atletica (nonchè scacchi), ma queste attività sono considerate da perfetti "sfigati" da queste parti (soprattutto gli scacchi). Nostro figlio ha subìto fortissime pressioni a scuola e dai compagni che invece erano fissati per il calcio: ma attenzione. Non si parla del calcio perlomeno come ci giocavo io alla sua età (10-11 anni) cioè per strada insieme ad una torma scalcinata di ragazzini appresso al famigerato "Supertele". Oggi ci sono le scuole di calcio dove il rito del pallone viene coltivato in modo parossistico. Dopo tutte queste influenze e pressioni (e richieste da parte di nostro figlio che non voleva rimanere indietro), ci siamo convinti ad iscriverlo a questa scuola di calcio "dove vanno tutti". L'esperienza della frequentazione di questo centro è stata allucinante: il fanatismo dei genitori, talora al limite della violenza fisica e verbale, l'esaltazione e la competizione più sfrenata, la derisione nei confronti di chi rimane indietro, la follia collettiva, la passerella di auto-cellulari-abiti firmati-orologi di marca, ecc... ecc... la solita gara a chi è più "fico" o alla moda. Insomma sembrava di stare sul set di un film di Vanzina dove genitori e figli partecipavano ad un circo delirante di tipo felliniano.
Inutile dire che dopo un po' (forse anche un po' troppo " po' ") abbiamo decisio all'unanimità di ritirarci da questa specie di manicomio: nostro figlio "nun era bbono" (ma non è una scuola di calcio? Non ci si va per imparare?), non era un campione, aveva pure subìto atti di bullismo da parte di "campioni", non abbiamo un'automobile all'altezza del parcheggio della scuola calcio, ho un cellulare dell'età della pietra... Che cavolo ne so?!?
Insomma viene da pensare che da questi centri si faccia una selezione un po' strana: magari si sfornano dei campioni, però sono dei campioni "stronzi" (pardon intendo dire "montati"). Per questo bisognerebbe darci un po' tutti una calmatina: non c'è solo il calcio, ci sono tante altre carriere e possibilità nella vita diverse dal calciatore. Cerchiamo di ridimensionare il calcio e valorizzare altri sport ed altre attività professionali altrettanto serie e degne di rispetto.
In conclusione la figuraccia della Nazionale personalmente la vedo come la metafora del peggiore male di cui sia oggi malata l'Italia: la selezione avversa. Questo male colpisce tutto e tutti, si inflitra ovunque. Nel lavoro, nella scuola, nella politica, nell'amministrazione, nell'economia, nel giornalismo, nella ricerca e nell'università, nello sport... Questo Paese è incapace di individuare ed esaltare i propri talenti, ma si appoggia ai mediocri, ai brocchi. I talenti sono preoccupanti, sono imprevedibili, sono difficilmente gestibili: la nostra società, che si fonda sulle scappatoie ed i sotterfugi, preferisce la mediocrità perchè è rassicurante e prevedibile anche se dà risultati da due soldi.
Basta poi far credere ai mediocri di essere dei campioni ed il gioco è fatto...
1 commento:
Un'analisi socio sportiva molto condivisibile.
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