Ho letto il testo integrale della "Lettera all'Italia Infelice" pubblicata sul settimanale "L'Espresso" (qui è possibile leggerne alcuni brani).
Devo dire che è un documento pesante: per i contenuti e gli argomenti che Saviano, senza peli sulla lingua come sempre, affronta, per il suo stile affilato come un rasoio, per le accuse che rivolge e le speranze che stimola, per le domande che scaglia e le risposte che fornisce, per i grandi interrogativi sul significato ed il senso di un concetto preziosissimo e delicatissimo come quello di "libertà" in un Paese anestetizzato ed infelice come l'Italia di questi anni...
Ho letto questa lettera come un'accorata e vibrata accusa: certamente ad una classe dirigente che altro non è che una caricatura di una classe politica. Tuttavia, l'accusa più pesante, nella mia opinione, viene rivolta a tutti noi come corresponsabili di questa situazione.
Si tratta di una responsabilità che emerge non tanto all'interno dei dibatti sui "massimi sistemi" ma soprattutto nei rapporti fra i privati e fra questi e la sfera pubblica, ovvero nella quotidianità: ed è proprio nella quotidianità che emergono quelle due Italia che la lettera di Saviano sembra disegnare.
C'è l'Italia degli evasori, dei furbi, dei truffatori, dei "mors tua vita mea", clientelare, corrotta e fortemente individualista, con gli occhi al cielo e la mano sul portafogli; ma c'è anche, e nonostante tutto, ancora un Italia onesta, schietta, disinteressata, che offre il suo tempo perchè crede nell'idea di comunità. Questa seconda Italia, che l'ipocrisia e l'opportunismo dei liberti spinge sempre più all'interno di una riserva indiana, è certamente l'unica vera e grande risorsa di questo Paese.
Ma attenzione: non è possibile pensare che questa seconda Italia non sia responsabile di quanto accade. Noi tutti siamo sempre responsabili anche di ciò che non abbiamo scelto, perchè tutti noi siamo parte integrante delle situazioni che ci circondano.
Penso che proprio in questo consista la strategia di "anestetizzazione" attualmente in corso: far credere che "io con queste cose non ho nulla a che fare", sono sempre "gli altri" i veri responsabili. La libertà di stampa è un problema degli altri, l'immigrazione è un problema degli altri, l'intolleranza verso l'omosessuali è colpa di altri, la violenza sulle donne e sui bambini la fanno sempre gli altri, ecc... L'importante è avere a disposizione un mega centro commerciale e programmi TV sufficientemente volgari per chiudersi in casa.
La filosofia dell' "io non c'entro" è la filosofia dell'immaturità politica che giustifica l'esistenza in vita di un'intera classe politica che, alla fine, ci tratta come dei bambini...
Anche coloro che si oppongono a questo assurdo ordine di cose, non ci si ritrovano per un caso sfortunato: sono anch'essi responsabili per ciò che non hanno scelto. Siamo tutti responsabili, non ci sono innocenti: in questo consiste l'essenza dell'impegno verso la comunità come impegno politico responsabile e consapevole.
Devo dire che è un documento pesante: per i contenuti e gli argomenti che Saviano, senza peli sulla lingua come sempre, affronta, per il suo stile affilato come un rasoio, per le accuse che rivolge e le speranze che stimola, per le domande che scaglia e le risposte che fornisce, per i grandi interrogativi sul significato ed il senso di un concetto preziosissimo e delicatissimo come quello di "libertà" in un Paese anestetizzato ed infelice come l'Italia di questi anni...
Ho letto questa lettera come un'accorata e vibrata accusa: certamente ad una classe dirigente che altro non è che una caricatura di una classe politica. Tuttavia, l'accusa più pesante, nella mia opinione, viene rivolta a tutti noi come corresponsabili di questa situazione.
Si tratta di una responsabilità che emerge non tanto all'interno dei dibatti sui "massimi sistemi" ma soprattutto nei rapporti fra i privati e fra questi e la sfera pubblica, ovvero nella quotidianità: ed è proprio nella quotidianità che emergono quelle due Italia che la lettera di Saviano sembra disegnare.
C'è l'Italia degli evasori, dei furbi, dei truffatori, dei "mors tua vita mea", clientelare, corrotta e fortemente individualista, con gli occhi al cielo e la mano sul portafogli; ma c'è anche, e nonostante tutto, ancora un Italia onesta, schietta, disinteressata, che offre il suo tempo perchè crede nell'idea di comunità. Questa seconda Italia, che l'ipocrisia e l'opportunismo dei liberti spinge sempre più all'interno di una riserva indiana, è certamente l'unica vera e grande risorsa di questo Paese.
Ma attenzione: non è possibile pensare che questa seconda Italia non sia responsabile di quanto accade. Noi tutti siamo sempre responsabili anche di ciò che non abbiamo scelto, perchè tutti noi siamo parte integrante delle situazioni che ci circondano.
Penso che proprio in questo consista la strategia di "anestetizzazione" attualmente in corso: far credere che "io con queste cose non ho nulla a che fare", sono sempre "gli altri" i veri responsabili. La libertà di stampa è un problema degli altri, l'immigrazione è un problema degli altri, l'intolleranza verso l'omosessuali è colpa di altri, la violenza sulle donne e sui bambini la fanno sempre gli altri, ecc... L'importante è avere a disposizione un mega centro commerciale e programmi TV sufficientemente volgari per chiudersi in casa.
La filosofia dell' "io non c'entro" è la filosofia dell'immaturità politica che giustifica l'esistenza in vita di un'intera classe politica che, alla fine, ci tratta come dei bambini...
Anche coloro che si oppongono a questo assurdo ordine di cose, non ci si ritrovano per un caso sfortunato: sono anch'essi responsabili per ciò che non hanno scelto. Siamo tutti responsabili, non ci sono innocenti: in questo consiste l'essenza dell'impegno verso la comunità come impegno politico responsabile e consapevole.
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