Il problema del precariato, come accennato nel mio post precedente, è esemplare perché esprime chiaramente una perversione nel rapporto che la società ha con i nostri potenti che hanno bisogno di essere serviti per sentirsi legittimati. Da parte dei “senza potere” i politici devono essere però sfruttati. In Italia non esiste la cultura del diritto, ma quella del “favore” ed un vero politico per essere potente deve essere in grado di elargire favori. La politica in Italia consiste infatti nella mediazione dei favori che garantisce la vita, la legittimazione, la continuità stessa alla politica. La circolarità dei favori è il presupposto del ruolo sociale della politica italiana che è pronta a concederli finchè ci sono clienti che li richiedono. In Italia, salvo poche eccezioni, la politica non chiede “adesione”, ma “sudditanza” con un’opportunistica accettazione dei ruoli. Per questo bisogna tenersi sempre buoni i politici di turno e per questo il senso civico o l’appartenenza ad una comunità non servono a nulla. La classe politica viene quindi selezionata sulla base delle sue capacità di dispensare favori e per questo i politici più apprezzati non sono quelli che perseguono gli interessi pubblici, ma quelli che riescono ad esaudire più favori: perché ciò è alla fine quello che gli elettori pretendono. Il meccanismo è circolare perché se il politico non sta al gioco allora rischia di perdere il posto. In questo modo, i soldi pubblici, i lavori a tempo determinato, l’esecuzione in tempi brevi di una TAC, la concessione di una licenza, ecc… vengono utilizzati per questo fine. La cosa triste è che il sistema è noto a tutti e non solo non suscita grandi opposizione o riprovazioni, ma nella mente di tanti stimola l’invidia e l’ammirazione. Per questo dico che non c’è e non ci può essere soluzione quando il problema è l’incapacità di autogovernarsi e di sviluppare un vero senso di democrazia.
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