Ho sempre sostenuto che in Italia si vive abbastanza male (o per lo meno si potrebbe vivere decisamente meglio). In Italia non si può nemmeno morire tranquillamente.
La doppia morale cattolica che ammorba questo iellatissimo Paese riesce sempre ad ingabbiare tutto, anche le più elementari espressioni della coscienza personale, tra le quali spicca il diritto di decidere come morire, di fronte all'inevitabile, nel modo ritenuto più dignitoso da ciascuno di noi.
La doppia morale consente infatti di genuflettersi in chiesa la domenica ma di commettere nefandezze di ogni genere durante tutto il resto della settimana: corruzione, prostitute, sesso con minori (a breve scopriremo magari anche rapporti con animali: chi può dirlo...), vendita della propria coscienza politica per un piatto di lenticchie, violenza contro le donne, negazione dell'infanzia, devastazione dei luoghi. Tutto si può permettere, ma il fatto che ci sia qualcuno che decida di rinunciare a forme di accanimento terapeutico per prolungare la vita a tutti i costi, questo la doppia morale cattolica non riesce proprio a mandarlo giù.
In questi giorni ho avuto modo di leggere le dichiarazioni di Ignazio Marino e dei Radicali a riguardo: consiglio di leggerle in particolare quelle di Marino che, essendo cattolico, possiede anche quella onestà intellettuale che in Italia è un bene raro e prezioso come i diamanti.
Ritengo che in una società decente sia indispensabile che vengano lasciate sempre aperte delle opzioni capaci di tutelare le diversità contro inutili e forzate omologazioni. In questo caso sarebbe quantomento giusto consentire alle persone di poter scegliere fra il mantenimento forzato in vita ed una morte dignitosa senza una medicalizzazione costretta contro la propria volontà. Invece no: si impone a tutti un'unica via. Il solito sistema cattolico: poichè detengo la verità assoluta, tutti gli altri sono in errore.
Come diceva il grande Simmaco a un tal Ambrogio da Milano: "tante sono le vie alla verità". Bisognerebbe far capire a queste persone che i tempi sono cambiati e che la pacchia dei tempi di Ambrogio da Milano è, fortunatamente per tutti noi, finita da un pezzo. Ma non lo vogliono capire: processerebbero Galileo Galilei miliardi di volte pur di imporre un unico e solo punto di vista.
E allora dico a questi signori e signore: se voi volete negare la morte con tubi e tubicini, flebo e sondine, fate pure. Ma consentite agli altri di morire in santa pace.
La doppia morale cattolica che ammorba questo iellatissimo Paese riesce sempre ad ingabbiare tutto, anche le più elementari espressioni della coscienza personale, tra le quali spicca il diritto di decidere come morire, di fronte all'inevitabile, nel modo ritenuto più dignitoso da ciascuno di noi.
La doppia morale consente infatti di genuflettersi in chiesa la domenica ma di commettere nefandezze di ogni genere durante tutto il resto della settimana: corruzione, prostitute, sesso con minori (a breve scopriremo magari anche rapporti con animali: chi può dirlo...), vendita della propria coscienza politica per un piatto di lenticchie, violenza contro le donne, negazione dell'infanzia, devastazione dei luoghi. Tutto si può permettere, ma il fatto che ci sia qualcuno che decida di rinunciare a forme di accanimento terapeutico per prolungare la vita a tutti i costi, questo la doppia morale cattolica non riesce proprio a mandarlo giù.
In questi giorni ho avuto modo di leggere le dichiarazioni di Ignazio Marino e dei Radicali a riguardo: consiglio di leggerle in particolare quelle di Marino che, essendo cattolico, possiede anche quella onestà intellettuale che in Italia è un bene raro e prezioso come i diamanti.
Ritengo che in una società decente sia indispensabile che vengano lasciate sempre aperte delle opzioni capaci di tutelare le diversità contro inutili e forzate omologazioni. In questo caso sarebbe quantomento giusto consentire alle persone di poter scegliere fra il mantenimento forzato in vita ed una morte dignitosa senza una medicalizzazione costretta contro la propria volontà. Invece no: si impone a tutti un'unica via. Il solito sistema cattolico: poichè detengo la verità assoluta, tutti gli altri sono in errore.
Come diceva il grande Simmaco a un tal Ambrogio da Milano: "tante sono le vie alla verità". Bisognerebbe far capire a queste persone che i tempi sono cambiati e che la pacchia dei tempi di Ambrogio da Milano è, fortunatamente per tutti noi, finita da un pezzo. Ma non lo vogliono capire: processerebbero Galileo Galilei miliardi di volte pur di imporre un unico e solo punto di vista.
E allora dico a questi signori e signore: se voi volete negare la morte con tubi e tubicini, flebo e sondine, fate pure. Ma consentite agli altri di morire in santa pace.
2 commenti:
Ho sentito questa mattina, in un'intervista radiofonica, Beppino Englaro che parlava con un tono lievemente alterato, insolito per la sua persona, che stimo veramente. Mi son subito detto che non può essere che una persona come lui, dopo aver sopportato per tanti anni un lungo calvario familiare in estrema compostezza, all'improvviso si trasformi e si agiti senza motivo. Più tardi, ho letto che ieri era stato alla Camera dei deputati, ad assistere alla discussione sulla legge sul testamento biologico. Quindi ho capito. Anche per me risulta a livelli intollerabili l'accanimento che la chiesa cattolica, con la complicità dell'attuale infame governo (ma anche certa "opposizione"), stanno perpetrando nei confronti di tutti coloro che vorrebbero semplicemente esercitare la libertà di pensare. Di pensare e quindi di decidere. Di decidere, responsabilmente e qualora il corso degli eventi lo richieda, se trascinare la propria esistenza entro un percorso innaturale e senza uscita - quello di vegetare artificiosamente - oppure se rassegnarsi al fatto che la natura debba fare il suo corso, accettandone le conseguenze con disillusione e consapevolezza al tempo stesso.
Caro Mauro,
il tuo commento è tale da non necessitare di alcun ulteriore considerazione. In realtà dici tutto già solo citando la reazione di Englaro (che purtroppo di queste cose se ne intende: altro che questi politici da operetta...).
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