Tempo fa abbiamo iniziato una campagna di ricerca sulla difficoltà di fare impresa (soprattutto connessa all'innovazione) nelle aree rurali. Il quadro che è emerso è abbastanza scoraggiante: viene fuori in breve un mix perverso fatto di difficoltà oggettive (burocrazia soffocante ed inefficiente, difficoltà di accesso al credito), carenze formative (poche ed insufficienti competenze professionali), elevata avversione al rischio, seri problemi di natura mentale e culturale.
Questa ricerca è in fase di pubblicazione, ma il dato più scoraggiante riguarda i giovani che sono più ostili al "nuovo" rispetto alle generazioni precedenti che appaiono decisamente più intraprendenti. Le motivazioni sono molteplici e soprattutto la deriva della scuola e della formazione universitaria non aiuta a migliorare un quadro già di per sè molto compromesso. In sostanza c'è scarsissama disposizione ad investire sulle proprie capacità e sulla propria formazione: non si ha molta intenzione di investire sulla propria crescita e in sè stessi.
E' evidente che ci sono molti ragazzi e ragazze che si danno da fare come possono, ma spesso è proprio il contesto dove vivono e cercano di lavorare che non li favorisce affatto. Anzi frequentemente il cosiddetto contesto operativo tende non solo a scoraggiare, ma a punire severamente che si lancia, chi osa, chi prova a percorrere strade non percorse da altri. In breve i talenti vengono frustrati invece che sostenuti.
Serve, oltre che un sistema di incentivi economici-non economici, un sostanziale cambio di direzione culturale. Se si continua a diffondere messaggi distorti, il nostro Paese continuerà a dare di sè solo l'immagine della Terra di Pulcinella: allora si capisce perchè si finisce con il preferire "la scorciatoia", la furbata, la speranza di diventare un grande campione di calcio (per i maschietti) o una divetta TV (per le femminucce).
Anche su questo fronte, il berlusconismo non fa prigionieri.
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