martedì 25 marzo 2014

Europa sì, Europa no

In una società che si dibatte in una completa crisi di rappresentanza, in cui si è perso totalmente il senso di responsabilità civile e civica, di impegno per la comunità, di appartenza ad una collettività politicamente organizzata, il senso ed il ruolo stesso delle cosiddette "istituzioni" è andato totalmente perduto. Un tempo si parlava di gap fra la società civile e le istituzioni che erano percepite come distanti. Oggi la situazione è mutata.

La deresponsabilizzazione dei singoli cittadini ridotti ormai a meri individui "anonimi" privi di alcun peso nello scenario politico ha di fatto svuotato di senso la stessa rappresentanza democratica. Decenni di politica vissuta come mera appendice dello showbiz televisivo hanno reso milioni di persone incapaci di percepire la res publica come un bene colletivo, un bene di tutti, quindi un bene proprio. 

Gli stessi partiti politici hanno funzionato come filtri al rovescio selezionando una classe politica e dirigente cinica, ladra, scaltra, furba, senza scrupoli, priva di competenze. Le capacità, i talenti, le idee sono tutte rimaste fuori. Quando poi si scopre che mascalzoni e deliquenti accedono a cariche politiche con voti di migliaia di cittadini, allora lo scoramento è totale. Tutto l'ingranaggio si è inceppato.

Il Comune, la Provincia, la Regione, lo Stato sono qualcosa di remoto, completamente staccato dalla realtà delle persone comuni, dove vigono regole "altre", dove dominano logiche "altre", dove la tutela degli interessi pubblici (sempre sottoposti alla mediazione di squallidi interessi di poche parti), se mai scaturisce, deriva solo come un puro effetto collaterale di queste logiche "altre".

Prova ne è quel poco che salta fuori quando si va ad indagare negli ingranaggi delle cosiddette istituzioni: il furto e la corruzione sistematica vanno a braccetto con l'assenza di responsabilità, le collusioni, le intese sotto il tavolo, le amicizie... E poi ci si chiede come sia possibile che alcuni personaggi possano ricevere stipendi stratosferici a fronte di servizi spaventosi, di licenziamenti continui, di esuberi. Ci si arricchisce semplicemente sulla pelle dei cittadini.

Le istituzioni non sono solo qualcosa di staccato, di altro che sta "altrove", ma anche qualcosa che si palesa solo in negativo ovvero sottoforma di regole burocratiche incomprensibili ed inutili, duplicazioni assurde, vincoli, inefficienze, tasse e gabelle di ogni tipo, uffici kafkiani, capi-servizio, segreterie, direzioni, commissioni e sottocommissioni. Le istituzioni diventano solo un limite oppressivo.

Se già un Comune viene vissuto come un soggetto estraneo (ci deve pensare sempre il Comune) figuriamoci l'Europa. Ma di quale Europa stiamo parlando? Contro quale Europa si sta rivolgendo l'astio di tanti cittadini europei? 

Quando i grandi soloni della politica e dell'economia si indignano di fronte a queste minifestazioni di dissenso (qualcuno ovviamente ne approfitta anche politicamente per intercettarne il voto) nessuno si domanda il perchè ed il percome di questa reazione. L'Europa non è come gli Stati Uniti. L'Europa, nell'immaginario collettivo, non è quell'ideale di fraternità che si crede. Non è che sventolando il Manifesto di Ventotene convinciamo le persone sulla bontà del progetto europeo, anche perchè non c'è nessun progetto europeo. Non è che parlando di una generica "identità fondata su valori che hanno costituito, e ancor oggi costituiscono, quell'ossatura di ideali e di principi su cui l'articolazione dell'idea di fratellanza e solidarietà che scavalca l'immagine della nazione, sia pur come alveno natio di culture e tradizioni, possa trasformarsi da mero miraggio agognato dai nostri avi che hanno da un lato combattuto in eserciti rivali (ma forse mai veramente nemici), ma contemporaneamente gettato quelle fondamenta per mezzo delle quali ciascuno di noi oggi vede nella visione globale di un continente privo di confini politici armonizzato in una comunità di culture interconnesse da valori..." si costruisce una cultura europea condivisa.

E' ovvio, troppo banalmente ovvio, che nessuno vuole tornare all'idea degli Stati nazione fatta di un campanilismo becero ed ottuso che ha provocato oltretutto due guerre mondiali. E' ovvio che milioni di persone oggi si sentano europee: riusciamo a comunicare a livello globale figuriamoci quanto può apparire piccola l'Europa a chi è abituato a viaggiare e navigare sia in senso fisico che virtuale.

L'Europa che viene messa in discussione è quell fatta di burocrazia, finanza, banche. Questa Europa si palesa solo come regolamenti e direttive. Le istituzioni europee sono un qualcosa che piove dal cielo (nuvoloso della più brutta città d'Europa oltretutto) di cui solo pochi sanno qualcosa. La maggior parte delle persone non sa nulla del Parlamento Europeo che altro non è che una riserva indiana e dorata per politici nostrani trombati cui si vuole attribuire un vitalizio favoloso. E con questi presupposti a breve si voterà pure.

Questa è una Europa che non esiste, che non ha radici nelle comunità locali. E' un nulla: è solo Euro e un'umanità grigia in giacca e cravatta o tailleur, che gira con limousine nere tirate a lucido. Vedere infatti in TV questi personaggi che bisbigliano perle di saggezza tecnica da Bruxelles è la cosa più triste che ci sia. Diciamo che lombrosianamente, già da come si presentano sono la personificazione di questa Europa: gelida, grigia, tutta burocrazia e formule economiche. Questi fantomatici (e super pagati) esperti (ma sono veramente degli esperti? ed esperti in cosa?) fanno paura e ribrezzo per la loro disumanità.

Questa Europa disumana viene messa in discussione. In fondo si chiede solo questo: un po' di giustizia e di umanità per il rispetto della stessa Europa e di quei cittadini europei che in un'idea reale d'Europa credono veramente.

lunedì 3 marzo 2014

Dalla Catastrofe, una Grande Bellezza

E' un periodo questo in cui ritengo non ci sia nulla, ma nulla, per cui valga la pena di riflettere e scrivere qualcosa. Figuriamoci di lottare e di battersi. La politica italiana è ormai una forma di avanspettacolo di basso profilo. La poltica internazionale è poi raccapricciante se si pensa che nel XXI secolo ci troviamo, praticamente in Europa, ad assistere a conflitti e tensioni che immaginavamo ormai archiviati per sempre. Invece si rischia un conflitto di proporzioni difficilmente immaginabili (con il solito bilancio di vite umane) per le solite logiche di potere, controllo geo-politico strategico-militare, controllo sulle risorse economiche e sui corridoi energetici... Cose da pazzi.

Invece una cosa per cui vale la pena riflettere e scrivere è l'Oscar alla "Grande Bellezza". La cosa che mi impressiona di più è che la catastrofe generale della nostra penisola può divenire una forma d'arte. O per lo meno un'espressione di una forma d'arte. 

Gli americani sono maestri nell'inventare i loro miti fatti sempre di riscatto, rivincita, possibilità futuro migliore: penso a "Lincoln", "the Butler", "12 anni schiavo", "the Help" tanto per citare materiale recente. Pagine dramamtiche e vergognose della storia americana diventano mito di riscatto e rivincita. 

Per noi è diverso. La nostra storia recente, e di conseguenza la nostra arte - il cinema in prima fila, non prevede riscatto, rivincita, un grande e radioso futuro. Da noi c'è degrado, catastrofe, vicoli ciechi, impossibilità, corruzione vincente, immoralità imperante, schifo infinito, devastazione... Senza nulla innanzi a noi. Senza una via d'uscita.

Beh, tirare fuori da tutto questo dell'Arte, un'estetica della catastrofe, della devastazione e del degrado non è semplice. In questo vedo la grandezza di questo film. Essere riusciti ad immortalare la nostra meschinità ed il nostro squallore (senza vie d'uscita, senza rimedi, senza salvezza) in quanto forme d'arte. Non c'è redenzione e speranza in questo film, non c'è il futuro migliore davanti a noi: semmai c'è il passato con la sua grandezza ed il presente con il suo nulla umano e materiale. In Italia non c'è futuro: stop. 

E la Grande Bellezza nostrana deriva proprio da questo sconcertante dramma quotidiano... Che perlomeno questa nostra squallida miseria possa essere ammirata in tutto il mondo come Estetica del Degrado.

Grande il monologo di Brecht di Sevillo in "Viva la Libertà"