martedì 26 febbraio 2013

L'Agonia

Un enorme fiume di chiacchiere sta dilagando da ieri sera, da quando cioè è cominciato a venire a galla il risultato di queste elezioni. 

Non voglio aggiungere le mie chiacchiere al blabla generale. L'unica cosa che mi viene in mente è che stiamo assistendo ad una lenta ed inesorabile agonia non solo di una classe politica, ma di un'intera società (e della sua economia). 

L'Italia non è un Paese di rivoluzioni (nè pacifiche nè violente) o di rapentini cambiamenti. In Italia il cambiamento è un processo lento e soffertissimo. Siamo in mezzo al guado perchè il "vecchio" (è proprio il caso di dirlo) non molla le redini ed il nuovo si sta facendo largo con molta fatica. Una parte della società italiana di certo ha fatto argine contro il boomerang della politica come avanspettacolo, improvvisazione, sciacallaggio sistemico: però non è bastato del tutto.

Torno a dire: il problema in Italia non è solo una Nomenclatura Brezneviana che sembra immortale; è una ancora molto consistente fetta di società italiana che in questo breznevismo (di destra e di sinistra) ancora si identifica. C'è da auspicare che finalmente si metta in moto almeno un cambiamento profondo all'interno dei partiti della Nomenclatura: ma ci credo poco.

Intanto nei media parte la macchina della diffusione del panico. E' il momento della "ingovernabilità" come se fosse una condizione sconosciuta in Italia. Siamo senza governo da decenni anche quando sembrava cronologicamente che ci fosse. E per governabilità non intendo semplicemente una pattuglia di personaggi che restano in carica per qualche anno, ma la capacità di portare avanti una linea di interventi coerenti a vantaggio della collettività. Di questa ultima cosa non ho memoria...

Siamo sempre stati "ingovernati", solo che adesso è forse più difficile nasconderlo. Però ora tutti si danno da fare per mettere paura alle persone: hai visto mai che si debba tornare a votare e qualcuno si rimetterà in riga dietro il vecchio "padrone"?

Io penso che nel nuovo parlamento forse si comincerà a parlare di cose di cui non si è mai parlato o si è fatto finta di parlare. Sarà molto difficile far passare leggi ad personam, lasciare impuniti parlamentari sotto indagine o finanziare assurdità di ogni genere.

Insomma, stiamo a vedere...

venerdì 22 febbraio 2013

I Sommersi ed i Salvati

Ieri sono stato in piazza a Viterbo a vedere Beppe Grillo ed i candidati di M5S. Era piuttosto freddo e pioveva a dirotto. Nonostante questo la piazza era gremitissima.

A parte i discorsi dei candidati, la presentazione del programma del Movimento e l'intervento di Grillo, vorrei sottolineare alcune cose.

Chi c'era in piazza?
C'era tanti giovani, ma anche persone anziane, donne, famiglie intere con i bambini: chi ha mai visto una cosa del genere agli happening dei partiti? C'era la cosidetta "gente comune", quella che con la sua forza fisica tiene ancora in piedi quello che resta di questo Paese. Ho visto "signore", che conosco personalmente, da definire "insospettabili", gridare con rabbia "Basta!", "E' ora di finirla!", "Mandiamoli a casa!" e via discorrendo. C'erano anche tanti giovani di età inferiore ai 18 anni, che quindi non voteranno: ma anche loro erano in piazza perchè la questione non è quella del "voto in sè", ma di definire che strada prendere per ricominciare a costruire un futuro. E loro questo lo sanno e ci vogliono essere. La Nomenclatura non ha capito nulla di tutto questo.

C'era chi non ha lavoro, chi lo aveva e non lo ha più, chi non riesce più a far quadrare il bilancio familiare, chi ha il disgusto per le furberie, i furti di regime, gli inganni, i soprusi. C'era anche chi si è stufato di questa chiesa cattolica rapace che non rappresenta più nulla e che ci dobbiamo portare dietro come un cadavere legato alle costole, con i suoi veti, i suoi divieti, la sua etica fatta solo di "no": anche di questo la gente è stufa.

Si tratta insomma dei cosiddetti "Sommersi" dalla Nomenclatura, o per lo meno quelli che la Nomenclatura crede di aver sommerso. Ma questi Sommersi non stanno lì a farsi più sommergere. Sono quelli che sono stati esclusi dalla cosiddetta "fabbrica del consenso" ovvero quelli che non hanno nulla da chiedere e da ottenere dalla Nomenclatura. Non rientrano nel meccanismo del voto di scambio: anche perchè la Nomenclatura non ha più nulla da dare: e la gente ora lo sa.

C'è un grande desiderio di "Salvezza".

Lì, in migliaia, tutti stretti sotto gli ombrelli, senza fare casino, senza problemi: pacificamente siamo arrivati come ad una grande festa ed altrettanto ordinatamente ce ne siamo tornati a casa.

Chi non c'era in piazza?
Mancavano sicuramente gli evasori fiscali, i birbaccioni che siedono al tavolo della Nomenclatura, i palazzinari e gli speculatori. Quelli che raccolgono le briciole più o meno grandi che cadono dal tavolo della Nomeclatura.

Mancavano i manager, i consulenti fiscali, il top management delle banche, gli esperti finanziari, i "signori" degli investimenti, dei derivati e delle borse: insomma tutti quelli che guadagnano i soldi con i soldi degli altri, coloro che non sanno che significa lavorare per davvero e che anzi ci hanno distrutto l'economia reale con i loro giochini con Monopoli.

Non c'erano le signore gnègnè con il cagnolino al braccio e i gran fichi abbronzati di lampada, i Marialuce e Giampietro (dei Soliti Idioti), quelli con la macchina ganza ed il SuperPhone ultima generazione ("sennò mi vergogno ad uscire di casa"), quelli che la politica la seguono dalle riviste di moda e dall'estetista.

Non c'erano gli Arlecchini dalla casacca di mille colori sempre pronti a stare dalla parte del vincitore, chiunque esso sia: hanno simpatia per Bersani, ma fanno l'occhiolino a Monti, sempre fedeli a Berlusconi, vicini a Casini, concordi con Vendola ("Peccato per quel vizietto", mi disse uno di questi "sennò lo voterei pure..."), in sintonia con l'estrema destra ("Ah! Quando i treni arrivavano in orario"), in linea con le battaglie laiche dei Radicali e via discorrendo. Odiano il Vaticano, ma sono sempre in prima fila in chiesa (anche se non gliene frega nulla), perchè "non si sa mai...".

Non c'erano quelli che hanno tutto, ma proprio tutto intestato ad una ditta, ad una Srl, ad una S.p.a. Una volta chiesi ad uno di questi (manager finance and fund o cretinate del genere):
"Bellino 'sto pupo! E' tuo figlio?"
e lui, "Non proprio, l'ho intestato ad una s.r.l.: sai per il fisco...". Pure le chiappe, moglie e figli hanno intestati a società di comodo...

Non c'erano quelli che si sentono "I Salvati", ma che in realtà la Storia è pronta a sommergere.

Tutta questa umanità unta è rimasta a casa a guardare la TV: sennò rischiavano di "sporcarsi" e, con tutta la pioggia che è venuta giù, rischiavano pure che gli si rovinava la messa in piega, la tinta dei capelli o si bagnava il giaccone pagato 2000€.



Che dire in generale di questa serata sotto la pioggia?
Io credo che tra la gente ci sia molto, ma molto risentimento contro la Nomenclatura (di sinistra, di destra e di centro). Grillo fa leva su questo sentimento diffuso che finora non ha trovato sponda in alcuna organizzazione politica. Alla gente importa fino ad un certo punto il contenuto del programma del M5S e di sapere chi sono e cosa faranno i candidati. La gente scende nelle piazze per manifestare la propria rabbia e per sostenere chi dà voce a questa rabbia. 

La gente è terribilmente delusa da un'umanità che ha messo le mani sulle istituzioni pubbliche e le ha gestite come una cosa privata.
La gente è stanca di essere trattata come polli in batteria. E' stanca di fare i salti mortali per consentire alla Nomenclatura e al mondo dei maneggioni della finanza di festeggiare e di ingrassare alla faccia di tutti.
La gente vuole recuperare un senso di dignità.
La gente è stanca della società dei "favori" che prevale regolarmente sulla società dei "diritti"
Le persone vogliono tornare fondamentalmente ad avere rispetto per sè stesse. 

Non tutti sono disposti, come i fund and financial consultants, le signore gnègnè con il cagnolino o i top stock manager, a vivere perennemente con le braghe calate pronti a vendersi al primo che passa pur di stare a galla.

L'orgoglio e la dignità, contro il servilismo e l'opportunismo di qualsiasi matrice politica.

La gente vuole mettere della sabbia nell'ingranaggio perverso del saccheggio economico e sociale che attualmente è la forma di governo imposta a questo Paese: punto e basta. Le famiglie e i giovani vogliono fermare il vapore e ricominciare da capo: poi si vedrà. Intanto, ora, bisogna fermarli: questo è quanto la gente vuole.

Per alcuni aspetti, mi è sembrato di rivivere i fatti dell' 89 nell'Europa Orientale, fatti a cui ho avuto modo di assistere. La stessa delusione, la stessa felicità di stare tutti insieme in piazza e di essere piazza non perchè ti ci hanno portato con i pullman e ti regalavano il pranzo, ma solo perchè volevi esserci. 

"Wir sind das volk!", "Noi siamo il popolo!" si gridava allora contro la Nomenclatura dell'Esteuropa. E mai come oggi questo slogan contro la Nomenclatura di casa nostra mi sembra di grande pertinenza per il presente ed il futuro in Italia.



lunedì 11 febbraio 2013

Il gran rifiuto

Nella terra dei cervelli in fuga e dei dimissionari, anche il papa ha gettato la spugna. Certo non è un buon segno. Ci mancava pure questa...

Immediato è stato il confronto con il collega Celestino V che fece il gran rifiuto per "viltade", riferisce Dante Alighieri. Le motivazioni del gran rifiuto di Celestino V sono molto vaghe, ma, tra i tanti motivi, ci fu anche la consapevolezza di quel papa di non essere in grado di governare il caos, la corruzione e lo sfacelo generale della chiesa cattolica di quei tempi. Da quell'impossibilità di rimediare, di intervenire, di cambiare è nata la decisione di dimettersi in modo "vile" (dice sempre l'Alighieri).

Sicuramente Benedetto XVI avrà avuto le sue buone ragioni per rinunciare all'incarico: certo il sospetto viene che ci possano essere anche delle ragioni simili a quelle che spinsero ad un gesto identico il suo medievale predecessore.

Che la chiesa cattolica non brilli oggi per onestà e correttezza è un dato di fatto: esiste un pesantissimo apparato ingioiellato, pingue e arrogante che grava in primo luogo su una chiesa onesta che combatte in prima fila la miseria (anche nella stessa Italia) delle periferie e poi su una miriade di fedeli ingenui cui la chiesa appare ormai solo come un contenitore vuoto che emette solo divieti di ogni sorta.

Forse questa pesantissima cappa plumbea ha finito con lo schiacciare lo stesso papa che, come il papa di Nanni Moretti, non ce l'ha fatta più.

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Chi lo sa se magari adesso si candiderà alle prossime elezioni con una lista autonoma?

giovedì 7 febbraio 2013

Io non ci sto...

La penosissima campagna elettorale italiana è costellata di assurdità, ipocrisie, falsità, bugie, sparate, dichiarazioni ad effetto: il bello è che tutto questo spesso fa comunque presa su un elettorato immaturo, infantile, in perpetua malafede, pieno di scheletri negli armadi e pronto ad applaudire il primo venditore di spazzole del momento. 

Il tutto viene condito da uno scandalo bancario da far accapponare la pelle non solo per la vastità delle sue dimensioni, ma per la tranquillità con la quale è stato possibile, da parte dei soliti manager da strapazzo, saccheggiare le casse di una banca (il che vuol dire. risparmiatori ed imprese). 

Tutto questo fa capire in che razza di realtà viviamo: la politica è del tutto inadeguata a gestire alcunchè (a questa gente non affiderei nemmeno un condominio) e l'economia italiana è totalmente in mano a gente che guadagna sgraffignando i soldi degli altri. La produzione di beni e servizi non è in primo piano nel paesaggio economico italiano e questo spiega da una parte il fatto che i veri temi dell'economia non fanno parte dei programmi elettorali e dall'altro l'incapacità di questo sistema economico di creare occupazione. Questa gente parla di generiche "riforme" il che non significa assolutamente nulla.

Finchè i manager, sostenuti dalla politica, continuano ad ingannare le persone e le imprese facendo credere loro che ci si possa arricchire giocando a "Monopoli" (con i soldi degli altri) piuttosto che "lavorando" non c'è alcuna speranza. E' qui la contraddizione generale: sviluppare un'economia che produce ricchezza svincolata dal lavoro. Ed il bello è che questi imbecilli (anche ampiamente rappresentati nell'università) chiamano tutto questo "economia avanzata".

Un'economia avanzata è quella capace di generare benessere per la comunità, garantendo un lavoro dignitoso a chi ha le capacità per svolgerlo: e questo non è connesso con la "quantità" di ricchezza prodotta, o con il numero di cellulari o di connessioni internet ma dalla "qualità" di questa stessa ricchezza.

In questo ambito mi ha fatto letteralmente accapponare la pelle la dichiarazione recentemente fatta da un politico nazionale secondo cui la ripresa economica si deve fondare sul rilancio dell'edilizia. Come è possibile immaginare la creazione di ricchezza dalla devastazione del territorio come avviene ancor oggi? Quanta ricchezza ha generato la cementificazione di ogni angolo possibile del paesaggio? Come è possibile che ci sia ancora qualcuno che affermi questo nel 2013? E come è possibile che qualcuno possa sostenere una baggianata simile?

L'edilizia cannibalizzante non può produrre alcun vantaggio se non per i palazzinari. Siamo pieni di palazzine, capannoni e villettopoli oltretutto vuote (perchè il mercato immobiliare è congelato) che offendono non solo il paesaggio e l'ambiente, ma anche la dignità delle comunità che sono costrette a sopportarle. 

L'unica chance che vedo per l'edilizia è il recupero del territorio: ciò vuol dire bonificare ampie zone dalla presenza inutile di questi relitti di speculazione, ripristinare il paesaggio, recuperare borghi ed interi quartieri urbani, riprogettare l'ambiente dove viviamo in modo decente, razionale, intelligente e sostenibile. 

 La vera questione politico-economico-sociale di questo Paese, in cui si innesta anche la questione "edilizia", è: 
come creare e garantire un livello di qualità della vita (sia materiale che immateriale) che sia decente e dignitoso in modo diffuso per la maggior parte delle componenti della nostra comunità? Ogni decisione e riflessione politica dovrebbe confrontarsi con questa domanda.

La qualità dei servizi sanitari soddisfa questa domanda?
La qualità dei servizi formativi (scuola, università) soddisfa questa domanda?
La qualità dei servizi amministrativi soddisfa questa domanda?
La qualità del sistema economico e produttivo soddisfa questa domanda?
La qualità dei servizi bancari e finanziari soddisfa questa domanda?
 e via discorrendo...

Inutile dire che tutto questo, come del resto molte altre questioni piuttosto ovvie, non fa parte dei programmi elettorali.

Questo dovremmo chiedere a questi signori che si candidano. E allora, se ci troviamo a rispondere il più delle volte negativamente a queste domande bisognerebbe chiedersi di cosa stiamo realmente parlando in questi giorni e dove ciascuno di noi vuole veramente andare a parare (molto spesso in modo egregiamente masochistico) con l'espressione del proprio voto.






venerdì 1 febbraio 2013

La fabbrica delle "conoscenze"

La notizia secondo la quale in Italia in questi ultimi anni si sarebbe registrato un calo molto netto nelle iscrizioni universitarie non lascia meravigliati più di tanto. Del resto: come avrebbe potuto essere altrimenti?

I motivi sono tanti e le conseguenze sono molto pesanti.

1) In un Paese dove conta più l'economia delle "conoscenze" (know who) rispetto all'economia della "conoscenza" (know how) non ha molto senso impegnare tempo, soldi e fatica in una qualsiasi attività che implica un investimento nelle proprie capacità. Questo significa impegnarsi in una crescita culturale sotto forma di studi universitari (ma anche la stessa scuola superiore), formazione professionale, corsi di perfezionamento, master, ecc... E poi anche leggere un libro non ha più molto senso. Dedicare tutti questi sforzi per migliorare la propria formazione per poi essere puntualmente scavalcati dall'ebete di turno (ben connesso ed introdotto) a lungo andare crea un'atmosfera di sfiducia assoluta nella cultura. Che senso può avere? E poi l'università costa una tombola: chi si può permettere una spesa simile che poi non garantisce alcun futuro? Semmai ci si dedica a creare relazioni con persone che contano: ciò è l'unica cosa che oggi serve realmente. Il resto sono balle. 

2) In Italia si investe pochissimo in formazione, università e ricerca: il risultato è che questo sistema, visto solo come un costo, è del tutto inefficiente e non in grado di fornire un servizio all'altezza delle necessità di una società avanzata. Siamo ridotti al lumicino: basta fare un giro in una qualsiasi università straniera (senza bisogno di andare in America) per capire questa condizione nostrana di pietà assoluta.

3) La mafia accademica, ove imperversa il sistema citato nel punto 1, ha creato in fin troppe occasioni un apparato di docenti e ricercatori che hanno fatto carriera con le conoscenze, senza merito e competenza. I migliori sono puntualmente frustrati e o accettano le regole di questo sistema (fatti da parte e lavora per altri) o mollano. Il risultato è che una selezione particolarmente avversa ha generato un'umanità melmosa che occupa tutti i posti, spreca il poco denaro che c'è in circolazione, umilia il sistema ricerca-università italiano che non brilla nelle classifiche internazionali.

La "perdita di senso" è la conseguenza più grave del degrado generale in cui versa l'università e la ricerca italiane. Inoltre questo sistema dovrebbe generare la futura classe dirigente di questo Paese: ma, viste le premesse,  quello che verrà fuori in futuro sarà una classe dirigente fatta da ignoranti, incompetenti ed impreparati. 

Bisogna salvare questi settori dal degrado, non solo investendoci più risorse, ma restituendo dignità al "sapere" anche tramite personalità capaci, creative e meritevoli.

La cultura crea persone critiche e dalla mente indipendente: l'ignoranza genera dei servi in balia dei pregiudizi, influenzabili e pronti a prostituirsi al primo millantatore di turno. Questo è quello che ci sta di fronte. 



Della serie: "al peggio non c'è limite"